Interviste

I Molchat Doma amano gli anni ’90: l’intervista al terzetto synth-wave più cool della Bielorussia

Finalmente dopo anni di silenzio esce “Belaya Polosa”, il nuovo album del trio che nel corso degli anni si è guadagnato un seguito enorme grazie ad uno stile inconfondibile. Da un anno vivono a Los Angeles e il 29 novembre saranno a Milano in concerto

Autore Tommaso Toma
  • Il4 Settembre 2024
I Molchat Doma amano gli anni ’90: l’intervista al terzetto synth-wave più cool della Bielorussia

Il giorno fatidico del loro ritorno con l’album Belaya Polosa è il 6 Settembre sempre per la Sacred Bones. I cantanti e musicisti Roman Komogortsev e Yahor Shkutko e il bassista Pavel Kozlov sono i protagonisti della grande avventura Molchat Doma. Tre artisti venuti dal freddo che hanno conquistato nuove e vecchie generazioni con un suono perfettamente ancorato al post-punk e alla dark-wave, generi nati agli inizi degli anni ‘80.

Viviamo in un tempo dove esteticamente “il passato non muore mai” e come scrisse il critico Mark Fisher, in un’epoca dove è in atto un graduale deterioramento della nostra capacità di immaginare un mondo diverso da quello in cui viviamo già, con una conseguente capitolazione nei confronti della nostalgia. Dentro questa cornice ben si adatta il complesso groviglio di estetiche del passato che evocano da più di un lustro il gruppo post-punk/synth pop bielorusso Molchat Doma. A partire dalle loro copertine con quella ricerca ossessiva e sempre ben riuscita di costruzioni dall’estetica brutalista.

Nel 2020 ebbero anche un’improvvisa notorietà social grazie a virali meme TikTok conditi con la loro musica. Il terzetto riuscì a costruirsi una solidissima reputazione non solo dal vivo, ma anche con i testi. Nel terzo album in studio, Monument (un titolo omaggio ai New Order?), i Molchat Doma fecero comprendere meglio le complesse vicende patite dal popolo bielorusso, dopo più di vent’anni di dittatura mascherata da repubblica presidenziale.

Il nuovo album registrato a Los Angeles, la loro nuova casa

Sono in effetti passati un po’ di anni da Monument, il loro ultimo album in studio e nel frattempo da circa un anno la band si è stabilita nella sua nuova residenza, a Los Angeles, dove finalmente hanno limato il suo quarto album Belaya Polosa, che apre nuovi scenari nel sound dei Molchat Doma, con un netto avvicinamento agli anni ’90, sempre rimanendo in un contesto di derivazione new wave e gothic. Belaya Polosa ci rimanda a Violator dei Depeche Mode o ai The Cure dell’album Disintegration, ma anche a certe produzioni dei primi anni ’90 dei Duran Duran. Il fascino della band rimane immutato e, mentre stanno provando a portare la loro musica dentro nuovi territori, le loro texture chitarristiche rimangono sempre riconoscibilissime tra nuovi pattern ritmici e tanti ammiccamenti alla nostalgia, perché si sa, il passato non muore mai.

L’intervista ai Molchat Doma

Il nuovo album si apre con una canzone che s’ispira al new beat belga, è molto in stile Nitzer Ebb. Avete anche detto che vi siete innamorati di un certo sound wave targato primi anni ’90. Questo spostamento dagli anni ’80 ai ’90 è un indizio di un ulteriore evoluzione?
Pavel Kazlou: Sì, assolutamente e sono d’accordo che Ty Zhe Ne Znaesh Kto Ya è simile allo stile dei Nitzer Ebb, è un brano EBM minimalista e tagliente, molto anni ’90. Assomiglia anche al sound e al carattere dei Front 242 e di molte altre band di quell’epoca in questo genere. Sono cresciuto negli anni ’90 circondato da questi suoni di sintetizzatore e mi danno molto piacere.

Raman Kamahortsau: Quando stava cominciando a prendere forma questa canzone, ricordo chiaramente di essere stato influenzato dai primi album dei Nine Inch Nails. Per quanto riguarda lo sviluppo futuro del sound della band, vediamo come reagirà la gente a questo album e poi vi sorprenderemo tutti, come al solito!

Kolesom, Belaya Pelosa e Zimnyaya / Winter sono tantissimo vicine ai Depeche Mode del periodo di Violator…
Yahor Shkutko: Sicuramente, Violator è stato uno degli album di riferimento per noi. Ma dal momento che stiamo parlando di somiglianze con i Depeche Mode, Belaya Polosa è stato nel suo complesso più ispirato dal loro album successivo, Songs Of Faith And Devotion.

A proposito di Belaya Polosa / White Stripe l’avete scritta a Los Angeles dove vi siete trasferiti, cosa vi piace di L.A?
RK: Mi piace che questa città sia permeata di musica e creatività. È un posto confortevole in cui vivere, sempre soleggiato, c’è l’Oceano non lontano. Soprattutto dopo Minsk, dove ci sono pochissimi giorni di sole all’anno, inizi a sentirti diverso qui.

YS: Con il trasferimento qui, ho finalmente avuto l’opportunità di frequentare regolarmente molti dei miei artisti preferiti e altro ancora. Questa città ha una scena musicale molto ricca e puoi andare a qualche evento interessante ogni giorno. Bello, vero?

E invece come mai tutta questa nostalgia nel brano Zimnyaya / Winter che chiude il vostro nuovo album?
RK: È una canzone sulla mia città natale, Minsk. Scritta nel periodo di Capodanno. E nonostante mancasse ancora un po’ di tempo a quel giorno di festa, parlavo in videochiamata i miei cari. In quel momento a Minsk sei abituato a vedere la neve a Capodanno. La neve e il freddo sono, adesso che vivo qui, la principale associazione con Minsk. La canzone parla di quanto era bello starci, ma sono consapevole che ora non mi sentirei più così bene. Questa sensazione di nostalgia cerca ingannevolmente di riportarmi a emozioni positive, ma è tutta una bugia. A questo punto posso permettermi finalmente di immergermi in una nuova vita senza voltarmi indietro.

A proposito di nuova vita e nuove avventure, siete andati a qualche serata goth dark a L.A. so che c’è ne una super cool dove spesso fa il DJ Daniel Ash, un ex Bauhaus e ancora in giro con i Love And Rockets e i rinati Tones On Tail!
RK: Non ancora! ma abbiamo in programma di andarci presto. È comunque molto interessante fare un confronto con le serate europee di questo tipo.

YS: Ma siamo stati e abbiamo anche avuto l’opportunità di esibirci in festival a tema come il Cruel World Festival e Darker Waves. Il pubblico era composto principalmente da goth e amanti del post-punk. È stato semplicemente fantastico!

Ditemi due posti assolutamente perfetti a LA per ascoltare la vostra musica.
PK: Sali in macchina, preferibilmente verso il tramonto, accendi l’album e guida ovunque ti portino i tuoi occhi! La California è uno stato molto bello e ogni pezzo di terra, ogni paesaggio si sposa molto bene con la musica.

RK: Personalmente, alcune canzoni mi piacciono quando sono in spiaggia, meglio se il posto è abbastanza privato e senza persone.

Avete per caso trovato in giro per LA delle costruzioni simil stile brutalista che vi sono piaciute?
YS: Sì, ce ne sono alcuni. Per me, è la Walt Disney Concert Hall.RK: Il mio edificio preferito in questo stile non si trova a Los Angeles, ma a Boston. È il Municipio di Boston. L’ho anche preso in considerazione come riferimento per la copertina dell’album, ma non ha funzionato.

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