Mos Panuwat: «L’industria thailandese andrebbe più veloce con maggiore supporto pubblico»
Abbiamo intervistato l’attore tahilandese protagonista del nuovo horror “TaKhon The Masked Curse”. Ci la star si è parlato di cinema, industria e Italia
L’attore thailandese Mos Panuwat Sopradit dal vivo è molto diverso dai suoi personaggi. Sullo schermo interpreta quasi sempre figure tutte d’un pezzo, a tratti anche dark, il tipico bello e dannato. Quando lo incontri ti rendi subito conto che è semplicemente un dolcissimo ragazzo di 24 anni. Lavora tra set e studio passando da Big Dragon e Sunset x Vibes al nuovo Be My Soulmate, con in cantiere anche un film horror di iQIYI, TaKhon The Masked Curse (al cinema da oggi), che lo porta su un terreno più fisico e intenso, mentre sul fronte musicale oggi è nel progetto The DARGON accanto a ISBANKY, Tenon Teachapat Pinrat, Pete Wacharanon Seeduan, Fong Bovorn Kongnawdee e JJ Rathasat Butwong. Nella nostra intervista Mos Panuwat ci parla di rischi sul set, delle sue abitudini più strane, e di quanto gli manca l’Italia.

L’intervista a Mos
Qual è stato un rischio che hai corso sul set che ti è rimasto impresso?
È successo poco prima del mio primo fan meeting in Vietnam. Durante le riprese sono caduto e mi sono tagliato la bocca. Ho pianto subito perché a pochi giorni dall’evento avevo paura di non presentarmi al meglio, poi avevo anche i fan meeting a Singapore e in Indonesia subito dopo. È stato un roller coaster. Mi riprendo in fretta, ma quella scossa mi ha fatto capire quanto tengo al lavoro. È un ricordo che resta.
Quando finisci un ruolo ti resta addosso qualcosa del personaggio oppure no?
Qualcosa rimane sempre. Nell’ultimo progetto abbiamo fatto due settimane di workshop e poi dieci giorni di riprese senza stacchi. Il personaggio era un “perdente”, molto sensibile. Per quasi quattro settimane sono rimasto sempre sul filo, potevo piangere in un attimo. Non volevo lasciarlo per restare pronto. Ho capito di esserne uscito solo all’ultima scena, quando sono crollato a terra e mi sono svuotato.
C’è un ruolo o un genere che ti piacerebbe provare e che non hai ancora esplorato?
Il cattivo. Uno psicopatico, qualcosa alla Joker. Mi attira l’idea di esplorare il lato oscuro. Vorrei metterci tutto, fisico ed emozioni, per diventare un attore migliore.
In cosa sei bravo ma quasi non lo mostri mai in pubblico?
Cucinare. In particolare cucina thailandese. So preparare bene anche il som tam (l’insalata di papaya thailandese).
Cosa ti aiuta a staccare dopo una giornata lunga sul set?
Mettere in ordine. Mi rilassa sistemare gli oggetti, allineare le cose, avere gli abiti stirati e al loro posto.
Guardando l’industria thailandese oggi cosa senti che manca?
Un supporto più forte e più rapido da parte del settore pubblico. La spinta viene soprattutto dai privati. Con politiche chiare anche per le produzioni locali ad esempio incentivi fiscali e una promozione più decisa all’estero potremmo correre molto di più.
Qual è l’aspetto della fama che ti ha sorpreso di più?
Che può cambiare la vita, non solo la mia. Con il lavoro sono riuscito a migliorare anche la qualità di vita della mia famiglia.
L’interazione con un fan che non dimenticherai?
Ogni compleanno i fan organizzano qualcosa che mi spiazza. Una volta hanno affittato un billboard a Times Square a New York e hanno fatto proiettare un augurio di compleanno con la mia foto. Spesso arrivano da lontano solo per un’ora di incontro. Queste cose emozionano anche i miei genitori.

Un luogo che hai visitato e che ti ha colpito in modo particolare?
L’Italia. Mi sono sentito accolto, l’atmosfera è rilassata e calda.
Che messaggio vuoi mandare ai tuoi supporter italiani?
Grazie per l’affetto e per l’attesa. Faremo il possibile (lui e ISBANKY, n.d.r.) per tornare presto e incontrarvi ancora.
La tua routine o abitudine più strana?
L’ordine maniacale. Non toccate le mie cose se le ho appena sistemate o stirate. Mi piace che tutto stia dove deve stare.
Senti la pressione di mantenere una certa immagine online anche quando non rispecchia come ti senti davvero?
A volte sì, ma non fingo di essere un’altra persona. La pressione riguarda più il modo in cui presento i contenuti. Pubblico in base a come mi sento, se oggi mi vedo più “sexy” scelgo foto e tono coerenti, se mi vedo più “cute” va bene lo stesso e mi regolo di conseguenza.
Qual è una parte della tua vera personalità che vorresti mostrare più spesso attraverso il lavoro?
Che do sempre il massimo, in tutto. Mi piacerebbe anche portare sullo schermo qualcosa che so fare davvero come il disegno e un giorno provare un ruolo legato alla guida o alle corse, perché amo guidare.
Articolo di Ambra Schillirò
