Interviste

Niky Savage: «Anche se stavo male ho dovuto dare alle persone quello che volevano»

Il 5 luglio è uscito “È LA VIBE”, il nuovo EP del rapper milanese. In questa intervista si è raccontato come mai aveva fatto prima, dall’infanzia a quando «è stato pesante leggere determinati commenti nel momento in cui sentivo il bisogno di aprirmi ma ancora non potevo farlo»

Autore Greta Valicenti
  • Il15 Luglio 2024
Niky Savage: «Anche se stavo male ho dovuto dare alle persone quello che volevano»

Niky Savage

Quante volte il pensiero che abbiamo su un determinato artista è guidato dal pregiudizio? Tante, forse troppe. Il pregiudizio che nasce da quello che vediamo sui social, quello che scaturisce da un ascolto superficiale della sua musica, quello che invece si insinua solo per seguire la massa, perché “se tutti lo odiano, un motivo ci sarà”. Molti ne hanno sofferto, altri hanno imparato a fare pace col pensiero che è inutile sforzarsi di farsi capire da chi non ha intenzione di farlo, altri ancora hanno fatto dell’essere un personaggio divisivo che o si ama o si odia il proprio punto di forza. Niky Savage si colloca esattamente nel centro in cui convergono queste tre cose.

Milanese ma napoletano d’origine, Nicholas è probabilmente uno dei rapper più controversi e polarizzanti emersi recentemente. Se molti riconoscono in lui “il fatto di essere avanti anni luce a tutta la scena, ma non siete ancora pronti per questo discorso” – come si legge nei commenti su YouTube -, altrettanti considerano i suoi testi vuoti e dal linguaggio discutibile, in particolare nei confronti delle donne. A una lettura e a un ascolto superficiale della sua musica, la posizione per cui propendere sarebbe la seconda.

Ma basterebbe ascoltare i suoi vecchi brani – e leggere questa intervista in cui si è raccontato come mai aveva fatto prima, dall’infanzia che «mi ha lasciato delle mancanze che ancora mi porto dietro e in cui ho sentito molto la solitudine» al suo rapporto col genere femminile – per capire che, a dispetto di quello che ha mostrato negli ultimi anni, Niky Savage ha più da dire di quello che si pensa.

Semplicemente, quando ha provato a farlo – come in Alaska, dove Niky Savage ha raccontato di quando dopo l’arresto di suo padre avvenuto quando era ancora molto piccolo «mia madre mi portava ai colloqui e vedendo le celle mi diceva che papà lavorava allo zoo» – la gente si è voltata dall’altra parte, perché «se non sei nessuno alle persone non interessa dei tuoi problemi».

E allora – nonostante avesse delle cose da dire – Niky ha deciso di fare uno step back e di «cavalcare l’onda che mi ha fatto mangiare, come quella di Yamamay», anche se «ci sono stati dei momenti in cui ho forzato la mano, in cui magari volevo piangere con qualcuno ma ho dovuto dire “aspetta ancora un attimo, fai sentire ancora quello che la gente vuole sentire, poi piano piano ti sposti”. Ho dovuto dare alla gente quello richiedeva», come ammette in questa intervista senza filtri a pochi giorni dall’uscita del suo nuovo EP È LA VIBE, il primo passo verso un nuovo capitolo della sua carriera in cui potrà finalmente aprire il suo cuore di fronte a chi avrà voglia di ascoltare e capire. Senza pregiudizi.

L’intervista a Niky Savage

Che feedback hai avuto dai tuoi fan su questo EP?
Molto positivo. Sicuramente si aspettavano che io facessi qualcosa di più del solito, anche perché inizialmente non avevano capito bene cosa stessi facendo visto che l’EP è uscito in tre parti. Ma io ero sicuro avrebbero capito dopo. I pezzi sono piaciuti, anche quelli un po’ più introspettivi e di questo sono molto contento.

Nelle tracce ci sono dei riferimenti alla tua infanzia: com’è stata?
Ho avuto un’infanzia con un po’ di problemi come tantissimi altri ragazzi. Ho avuto sicuramente delle mancanze che ancora mi porto dietro. Sono cresciuto solo con mia nonna, mia zia e mia mamma che è una molto “faccio tutto da sola, nella vita me la vedo io”, quindi faceva due lavori, la vedevo poco, ma essendo solo noi due tra me e lei si è creato proprio un legame inscindibile.

Tua mamma è anche nella copertina dell’EP insieme alla tua ragazza. Per te è molto importante la figura femminile?
Si, è stata ed è super centrale nella mia vita. Io sono cresciuto in una famiglia di sole donne, facevo le vacanze con mia nonna e mia zia. L’unico uomo era mio nonno che però faceva il camionista quindi era sempre fuori. Ho scelto di mettere la mia ragazza e mia mamma perché sono le due donne più importanti della mia vita.

Però il modo in cui parli delle donne nei tuoi pezzi è abbastanza controverso.
Mi rendo conto che possa sembrare in opposizione con ciò che ho vissuto e che penso dentro di me delle donne rispetto a ciò che magari una persona può percepire ascoltando i miei pezzi. Però quello che ci tengo a dire è che io racconto di esperienze di vita di qualsiasi ragazzo che si diverte con ragazze consenzienti. Non è che io prendo una ragazza e la insulto. Penso che tantissime persone nella propria vita sessuale vivano ciò che io dico nei pezzi, quindi semplicemente io racconto quello in modo scherzoso. Io ho sempre avuto donne che mi hanno fatto capire che parlare in un certo modo era una cosa che in determinati momenti – quando loro lo richiedevano – andava bene.

Per alcuni testi è capitato che ti abbiano impedito di esibirti.
Sì, grazie a Dio è successo poche volte, e comunque se mi salta una data ne ho una da un’altra parte. Sicuramente non mi fa piacere perché alla fine comunque è il mio lavoro e mi viene impedito di farlo per una mentalità chiusa. Per me questa cosa è assurda perché stiamo parlando di canzoni, non è che sono uscite cose negative che io ho detto o fatto come persona nel mio privato.

L’anno scorso ci avevi detto “ho tanto da dire, ma per ora è giusto fare uno step back, perché se non sei nessuno a nessuno importa dei tuoi problemi. I problemi li abbiamo tutti. Sto aspettando che la gente si affezioni a me prima di parlarne”.
Questo discorso è esattamente lo stesso di quando i fan più affezionati scrivono agli hater “parli così perché non hai sentito quella traccia”. Se una persona ascoltasse i miei pezzi vecchi capirebbe che quello che dicevo era diverso, solo che ho dovuto fare un passo indietro perché alla gente non importa quello che io ho da dire, ma solo la novità, quello che il mercato richiede. Quindi lo step back lo faccio io e mi chiedo “Okay, cos’è che posso fare per farmi notare?”, e nel momento in cui succede, in cui crei una fanbase solida, allora sì che puoi aprire il tuo cuore.

Senti che la musica che hai fatto uscire fino ad ora ti rappresenta o pensi di averla fatta più per corrispondere a un bisogno esterno?
Mi rappresenta, certo, ma solo una parte della mia persona, quella che ha fatto sì che fossi conosciuto. Quando ho scritto Yamamay ero in un periodo in cui mi ero appena lasciato dopo cinque anni, avevo voglia di divertirmi e ho scritto quel pezzo che poi è diventato virale e mi ha fatto diventare famoso. Non ho problemi ad ammettere che ho semplicemente cavalcato un’onda, chi non l’avrebbe fatto? Magari sì, ci sono stati dei momenti in cui ho forzato la mano, in cui magari volevo piangere con qualcuno ma ho dovuto dire “aspetta ancora un attimo, fai sentire ancora quello che la gente vuole sentire, poi piano piano ti sposti”. Ho dovuto dare alla gente quello richiedeva.

È stato pesante?
In alcuni momenti sì. Quando stai male, vuoi star male e basta e hai il diritto di farlo. E se il tuo lavoro ti richiede di non star male, in quel momento ti pesa. Io per esempio sono una persona a cui non interessa chi parla nei commenti, però capita che la gente scriva “Eh dici solo cazzate nei pezzi” e io magari ho appena finito di piangere. Mi fa stare male leggere alcune cose. Vorrei dire tipo “io sto peggio di te e tu neanche lo sai perché pensi che io sia vuoto”.

Quindi non sei così impermeabile ai commenti delle persone.
Cerco di esserlo perché non mi interessa troppo quello che dicono gli altri, ma alla fine sono un essere umano anche io e mi è pesato leggere determinati commenti nel momento in cui sentivo il bisogno di aprirmi ma ancora non potevo farlo.

Ci sono dei pezzi che hai scritto in quei momenti e che non hai pubblicato?
Io ho pezzi anche vecchi di quattro anni di cui la gente non ha minimamente idea perché è esplosa un’altra cosa di me che mi ha fatto mangiare e mi ha fatto arrivare fino a qui.

Non tutti comunque ammetterebbero quello che mi hai appena detto.
Con questo non voglio dire che in tutto questo tempo ho finto, semplicemente ho cavalcato solo una delle mie sfaccettature. È stato pesante farlo quando magari stavo male e dovevo uscire con un banger o quando magari dovevo mostrarmi in un certo modo sui social e avevo finito di piangere poco prima.

Sempre l’anno scorso ci avevi raccontato che “nella vita ho provato a fare tutto, ma il rap è stata l’unica cosa che non ho mai abbandonato e sotto consigli vari ho deciso di buttarmi”. Quando hai capito che era ciò che volevi fare davvero?
Credo quando c’è stato il Covid. Era esploso il trend di fare il freestyle e un mio amico mi aveva detto “provaci, tanto sei a casa ad annoiarti, è una cosa che ti piace”, quindi mi sono sentito quasi giustificato a farlo perché mi sono detto “ma sì la gente penserà che lo faccio perché mi sto annoiando”, invece era il mio modo per far vedere che a me piaceva fare quella roba.

Qual è il primo artista da cui ti sei sentito supportato?
Lazza e Emis Killa. Mi diceva “mi ricordi me ai tempi”. Queste sono frasi che ti rimangono dentro, perché non è solo dire “spacchi”, ma è qualcosa di più profondo, una cosa forte. Quando sono i tuoi idoli, quelli che ascoltavi da piccolo, a dirti determinate cose ti dici “allora non sono esploso a caso”. Per me è stato molto importante.

Qual è stata la soddisfazione più grande oltre a questa?
Quando mia mamma ha capito che le cose stavano funzionando. Mia mamma mi ha sempre capito e mi ha sempre ascoltato. Io ho lasciato la scuola a 16 anni e sono andato a lavorare e lei comunque mi ha dato fiducia. Lo stesso nella musica. Quando le ho detto “mamma, questo lavoro non mi piace, voglio prendermi un attimo di tempo e dedicarmi al 100% a questo cosa” lei mi è stata vicina. Mi ha detto “va bene, provaci”. Non mi ha mai giudicato, mi ha lasciato fare, anche se a volte era un po’ preoccupata e mi chiedeva “Niky, ma quand’è che si muove qualcosa?”.

La sera stessa ho girato il video di Yamamay, che poi è stata la traccia che mi ha fatto esplodere, e lì è stato il momento in cui sono stato più felice di tutti. Le ho detto “mamma, hai visto? Avevo ragione”. Adesso è più tranquilla.

In NO EX dici “Meglio piangere da ricco che da solo”: la solitudine è una cosa che ha fatto parte della tua vita?
Quando ero più piccolo mi sentivo solo perché mia mamma doveva fare due lavori e quindi io stavo con la signora Anna. Quando sei piccolo magari non te ne rendi conto, poi cresci e arrivi alle medie che inizi a stare a casa e andare in giro da solo, e capita che esci da scuola e dici al tuo amico “ora cosa facciamo?” e lui risponde “devo andare a casa a mangiare perché mia mamma ha cucinato per me” oppure “mio padre non mi fa uscire” e invece tu sei lì che ti devi cucinare da solo perché nessuno ti aspetta e nessuno ti dice no. Poi arrivi a casa e sei tu e i cartoni animati. Grazie a Dio poi ho trovato persone come me e non ero più da solo, quindi comunque i buchi li tappi in qualche modo.

E adesso?
Ora la solitudine è una cosa che ho imparato ad apprezzare. Mi capita spesso di voler stare da solo perché me la vivo in modo diverso. Anche se sono da solo non mi sento solo e spacca.

In FIUM FIUM racconti “Sto correndo in corridoio, mamma grida un po’ troppo, Niky te lo spiego dopo, forse papà va via per qualche giorno”.
In quelle barre parlo dell’arresto di mio padre. Una mattina mi sono svegliato per andare all’asilo e ci sono entrati in casa 7 o 8 poliziotti. La scena è esattamente quella che ho descritto. Mio padre che viene arrestato, mia madre che non sapeva niente e che piange. All’inizio pensavo fosse tutto normale, poi sono cresciuto e ho iniziato a vedere i miei amici con mamma e papà. Allora mi sono reso conto che qualcosa non andava.

Lo hai rivisto?
Solo dopo quindici anni, anche se non ho alcun tipo di rapporto con lui. Quando ero piccolo piccolo mia madre mi portava ai colloqui e vedendo le celle mi diceva che papà lavorava allo zoo. Ne parlavo anche in Alaska, un mio pezzo vecchio (“Ho pianto tanto per colpa della galera, han chiuso in gabbia mio padre come una pantera, ed è per questo che io odio la galera. Mamma dice che papà lavora allo zoo, ecco perché vedi tutte queste gabbie”, ndr), che è proprio l’emblema di quello step back di cui parlavo prima. Io lì avevo già tirato, ma tutti si sono girati dall’altra parte, a nessuno è importato. Quindi mi sono detto “Va bene, faccio io un passo indietro”.

Credi che le persone ti ascoltino con superficialità?
Sicuramente il 99% degli hater che parla di me lo fa perché non ha approfondito abbastanza. Nessuno ti obbliga a farlo, però è evidente che tu non abbia sentito altro di cose vecchie se parli di me in un certo modo. Però ora che sono arrivato qui e ho gli occhi addosso, posso permettermi di parlare anche di altre cose che di cui ho già parlato prima a cui non è stata data attenzione.

A te interessa far cambiare idea alle persone che ti criticano?
Sicuramente io so che persona sono e so le capacità che ho, quindi vorrei che lo capissero anche gli altri. Però sono arrivato ad un punto in cui proprio vedo che la gente non capisce e non vuole nemmeno farlo. Molti di quelli che parlano male di me lo fanno per moda e perché devono seguire la massa. Io lo faccio per chi veramente vuole ascoltare, non per quelli a cui devo dare il contentino per far vedere che so fare anch’io quella roba.

Hai subito hating anche nella vita reale?
Hating no, qualcuno ha cercato di fare un po’ il bullo quando ero più piccolo però mi sono sempre fatto rispettare. Io sono sempre stato fastidioso per qualcuno, anche da piccolo, quindi so cosa prova una persona che sente l’ansia di altri occhi e di altre persone, quindi mi sono sempre schierato da quella parte.

Il fatto di essere un personaggio divisivo ti pesa o un po’ ti piace?
Io sono tanto amato quanto odiato e a me va benissimo così. Mi piace non stare nel mezzo.

Niky, qual è il tuo sogno?
Permettere ai miei amici di stare bene nella vita. Qualcuno sono riuscito a sistemarlo, ma voglio fargli fare la bella vita. Anche da soli, non per forza con me.

Share: