Interviste

Nuova Scena 2, il sogno dei quattro

Eos, Nox, Cuta e CamilWay sono i finalisti della seconda stagione del talent rap targato Netflix: li abbiamo incontrati per indagare in che modo vorrebbero lasciare il segno

  • Il8 Aprile 2025
Nuova Scena 2, il sogno dei quattro

Da sinistra: Eos, Nox, Cuta e Camilway

Un Bus 90 carati ispirato alla celebre linea milanese – ipercitata nel rap nato per le strade della città – coperto di graffiti all’interno in una mattina soleggiata di inizio aprile: è qui che incontriamo quattro ragazzi che stanno inseguendo il loro sogno sperando di lasciare un segno. Sono Eos, Cuta, CamilWay e Nox, e insieme si giocano la finale di Nuova Scena 2, il talent rap targato Netflix che anche quest’anno vede come giudici (e mentori) Rose Villain, Geolier e Fabri Fibra.

Non appena Aurora, Luca, Camillo e Mohamed iniziano a rispondere alle nostre domande, tra di loro si innescano dei dibattiti interessanti su argomenti diversi. Il programma (di cui sono disponibili le prime 7 puntate e la cui finale verrà rilasciata il 14 aprile) il ruolo del rap oggi nella società, il fatto che sia quel minuto in cui ti giochi tutto a decretare le sorti della tua carriera. «Sono rapper, devono saper argomentare sempre», scherza Fabri Fibra, «e poi credo che Nuova Scena sia un’esperienza così intensa che quando i ragazzi si rivedono hanno sempre tante cose da dirsi. Hanno talmente tanti input, informazioni e vengono sottoposti a così tante prove che hanno addosso tanta adrenalina e un sacco di cose da processare», continua il rapper, che tra i finalisti ha selezionato Eos e Cuta.

Le parole dei giudici sui finalisti di Nuova Scena 2

Nox, invece, ha colpito dritto al cuore Rose. La prima persona a credere davvero in lui. «Mi ha rapita sin dalla prima audizione», racconta lei. «Mohamed ha questi due mondi pazzeschi: ha una parte molto melodica, con una voce quasi femminile, e una così rabbiosa, scura. Mi rivedo molto in questa cosa, e mi sono connessa subito al suo percorso. E poi ha un qualcosa negli occhi che mi colpisce sempre».

Infine c’è CamilWay, la voce scelta da Geolier per rappresentare quel profondo Sud che sta finalmente avendo i riflettori che merita. «I ragazzi che fanno rap hanno sempre qualcosa da dire», riflette Emanuele. «C’è chi lavora, chi oltre a lavorare va anche a scuola, chi accudisce il fratello perché i genitori sono in carcere. Le vite dei giovani sono piene di cose da raccontare, ed è arrivato il momento che anche un’altra realtà abbia la giusta attenzione del pubblico».

Con loro abbiamo parlato di tutto: dal perché è importante che anche il rap abbia un proprio talent alle loro storie, passando per cosa hanno scoperto di se stessi durante il lungo percorso di Nuova Scena 2 e il consiglio più importante che hanno ricevuto dai giudici.

Da oggi sono disponibili i loro inediti: Babydoll di Nox, Mica io di Cuta, Benvenuti in Calabria di CamilWay e L’ego di Eos.

I finalisti di Nuova Scena 2

L’intervista a Eos, Nox, Cuta e Camilway

Come state vivendo questa cosa nuova, in tutti i sensi?
Eos:
Finite le registrazioni, appena tornata a Roma, ero un po’ stranita.Adesso che ci siamo rivisti, si è subito ricreata quella complicità che abbiamo costruito in quei mesi. Stiamo vivendo tutti la stessa cosa, in fin dei conti, quindi riesco a normalizzarla maggiormente.

Cuta: Tra artisti fare amicizia è più facile, l’ho sperimentato molto col freestyle. Si instaura un rapporto più forte che va oltre la passione per lo stesso tipo di roba, ma si lega anche ad analogie di carattere.

CamilWay: Ci sembrava tutto wow all’inizio, adesso siamo con i piedi per terra. Abbiamo capito a cosa stiamo andando incontro.

Perché da rapper, di solito genere di strada, andare a un talent come Nuova Scena 2?
C
: Perché questa cosa può servire. Il mercato della musica rap, che è quella mainstream ormai, oggi è saturo. Questa è un’ottima opportunità, se sfruttata debitamente, per cercare di farsi vedere e di continuare quel tipo di percorso iniziato per strada. Nuova Scena è un talent pensato per il nostro genere e quindi non devi snaturarti.

E: Io inizialmente non volevo andare perché sono molto più vicina all’urban che al rap old school rispetto a Cuta o CamilWay. Quindi avevo paura soprattutto delle fasi iniziali durante le quali, infatti, ho avuto difficoltà. Però ho cercato di sfruttare al massimo l’opportunità facendo quello che mi piace, per esempio, nella sfida dei videoclip e alle semifinali non ho portato il rap classico, ma più cantato. 

CA: Per me Nuova Scena era il mezzo più immediato per comunicare i miei problemi quelli della mia terra. Ho preso questo treno treno e non l’ho lasciato andare. Nonostante io venissi dalla strada, da un contesto difficile, non ho dovuto snaturarmi. Anzi, l’aver partecipato mi rende più fiero perché la mia voce adesso riesco a farla arrivare a più persone.

N: Per me non importa quale sia il mezzo, ma l’importante è far arrivare un messaggio: anche se la gente non ti supporta o non crede in te, non devi demordere e devi continuare a lottare per quello che vuoi. Alla fine, solo tu conosci la tua storia e la gente, soltanto quando vinci, inizierà ad apprezzarla. Di conseguenza, non ha senso precludersi delle opportunità. Nuova Scena è una vetrina come può essere Sanremo, l’importante è come la si sfrutta. A me ha fatto avere tanto in poco tempo, molto di quello che avevo provato a ottenere per cinque anni senza vedere alcun risultato.

Avete scoperto qualcosa di nuovo di voi stessi durante il programma?
C
: Io sono riuscito a fare ciò che volevo, facendomi furbo. Ho sfruttato le mie capacità dal vivo, maturate nel freestyle. Se ti devono sentire una volta sola, ci sono modi di scrivere più impattanti di altri. Questo mi ha fornito una chiave d’interpretazione diversa delle cose che scrivo sempre: mi sono trovato a rendere le mie strofe conscious più sarcastiche e divertenti e non per forza troppo seriose. Ed è un aspetto del quale mi sono reso conto a programma finito, come se si fosse sbloccato un nuovo “stile”. 

E: Io ho scoperto che anche Eos può avere delle insicurezze. Finora, delle mie due personalità, Aurora era sempre stata quella più insicura nelle cose che fa, controbilanciata appunto da Eos che invece se ne frega degli altri e sa di valere. Durante il programma però, per la prima volta, anche quel lato orgoglioso e audace di me ha provato la paura di fallire.

CA: Io sono cresciuto molto nell’utilizzo dell’italiano nei miei testi, ma soprattutto ho scoperto la mia voce, anche grazie all’autotune. Ho capito che, allenandomi, posso anche cantare oltre che rappare.

N: Provenendo da un paese di cento abitanti, non avevo mai avuto occasione di esibirmi, registrare in uno studio o anche solo fare freestyle. Ho scoperto l’ansia, che è il peggior nemico di ogni artista, e ho imparato a lottare contro di essa. Ho dovuto farlo perché quando sali su un palco del genere e la tua carriera potrebbe dipende da quel minuto di performance, davvero ti mette a dura prova a livello mentale. Per esempio, gestire la pressione durante la battle di freestyle è stato complicato perché non è proprio il mio e perché, se mi avessero eliminato, non avrei mai potuto fare il feat oppure il videoclip che è la parte che a me piace di più.

Come avete imparato a gestire la pressione?
E
:Non lo so. So peròche l’ho sofferta tanto perché tengo tanto alla scrittura e ho bisogno dei miei tempi. Il fatto di doverlo fare in tempi stretti e con questa sorta di “ispirazione programmata” come per il brano del videoclip, mi ha reso davvero la vita complicata.

C: Nella gestione dello stress mi sono trovato un po’ avvantaggiato avendo già fatto esperienza su diversi palchi ed essendo abituato a improvvisare. Fare freestyle ti allena alla pressione e a saper trovare una soluzione in poco tempo. Complice questo mio trascorso, mi sono accorto di tutto dopo. A fine programma ero isterico, forse proprio perché durante quei mesi mi sono spaccato e ho lavorato a ritmi più alti: scrivere veloce, imparare tutto a memoria, dopo che ti hanno approvato il testo la sera prima delle auditions. Tutto il post mi ha fatto capire che nella vita artistica ci saranno dei momenti in cui è necessario spingere un pochettino di più sull’acceleratore e altri in cui è necessario fermarsi e saper gestire le proprie forze. È il miglior modo di amarsi per fare questo mestiere.

CA: Sembrerà strano, ma non ho avuto ansia. L’anno prima stavo lottando per la vita e poi mi sono ritrovato lì per svoltarla; quindi, il mio pensiero era solo quello di spaccare tutto. Sarà che la situazione era abbastanza fresca, avevo visto la mia vita volare via, ma avrei più ansia adesso di quando l’ho registrato. Per me è stato tutto wow.

N: Nella mia testa mi ripetevo: “Questo minuto devi dare il 1000%”. Avevo un carico addosso e delle responsabilità troppo importanti. Per me era one shot. Le mie aspettative sono state la causa e la mia arma principale contro la pressione. Io credo molto nel potere della visualizzazione e l’unico momento in cui non ho visualizzato bene è stato durante la prima audizione. Perché spesso, prima di salire sul palco o di esibirti, ti vengono in mente tutte le frasi e le promesse che hai fatto a tua madre e ai tuoi amici e, se non riesci a capovolgere la situazione e a visualizzare il momento presente, è finita. 

Quale è stato il consiglio o il rimprovero di uno dei tre giudici che vi porterete dentro?
C
:Mi viene in mente un momento off camera in cui Fabri Fibra mi ha detto:Ricordati che finché non ce la fai e non ti imprimi nella testa delle persone, le stesse persone accetteranno solo e unicamente una versione di te”. Devo dire che riscontro questa.

E: Io ricordo un consiglio di Fibra che mi ha detto di gestire meglio le parti di canto e di rap. Da quel giorno col mio team stiamo lavorando nel calibrare queste due mie qualità. Invece, un rimprovero che mi ha dato fastidio e mi sta spingendo tuttora a dare il massimo fuori è stato quello di Rose Villain che, in puntata, mi ha detto che non sono abbastanza discografica.

CA: Beh sicuramente, un rimprovero e un consiglio allo stesso tempo, è stato quello di far capire meglio le parole mentre rappo, oltre al tentare di inserire più italiano.

N: A me viene in mente la frase che Rose mi ha detto durante le audizioni a Londra, ovvero di affrontare i miei demoni interiori prima che possano divorarmi. E questa cosa poi è stata utilissima nel corso del programma. Le sarò sempre riconoscente. Ha creduto in me prima di tutti e non si è fermata alla prima versione di me che ha visto. Mi ha letteralmente fatto da madre e mi ha regalato questa occasione. Proprio a me che non è mai stato regalato niente nella vita. Ricevere un dono così da un’artista che nemmeno mi conosceva è qualcosa per cui posso solo dire grazie.

Hai duettato con Kid Yugi, secondo te, quanto è stato importante il suo exploit per aprire le porte del rap a un sud che non sia solo Napoli?
CA
: Sicuramente Kid Yugi ha posto l’accento su un Sud che spesso era stato tagliato fuori. Poi è anche vero che di artisti pugliesi ce ne sono stati anche in passato, ma lui ha raccontato la Puglia in un modo più diretto e concentrato, anche con il dialetto. Non lo dico per strafottenza, ma scrivere la strofa per Terr1 è stato facilissimo. Non ho sentito la pressione perché era proprio la mia roba, io ho vissuto e vivo quelle cose sulla mia pelle.

Sono stato costretto ad andarmene dalla Calabria per motivi di salute e sanità, ma cerco di non farmela mancare. Ho la Calabria in testa e ogni mese scendo una settimana. Ho bisogno del calore della mia terra. Il sogno calabrese va avanti, anche se è difficile. Io voglio emergere dalla mia terra, con i miei compaesani. Dovermi trasferire a Torino è stato anche, in parte, una fortuna perché ho potuto conoscere una mentalità e un modo di pensare diversi. È stato tutto strano inizialmente, perché vivendo in una bolla, vivi sempre la stessa vita. I calabresi devono capire che, se vuoi far conoscere la Calabria devi partire, la fai conoscere e poi ci ritorni da re, e questo è il mio obiettivo.

Cuta, in una delle prime prove di Nuova Scena 2 ti definisci figlio di noia: è stato quello il motivo principale che ti ha spinto a iniziare a scrivere?
C
: La noia mi appartiene, ma in generale credo che sia un problema generazionale. È un morbo che faccio fatica a non riscontrare nei miei coetanei. La noia può prendere varie forme e io, rendendomi conto di essere annoiato e accentando di esserne figlio, ho poi scelto di sfruttarla per fare rap.

Eos, hai detto che ascolti poco rap americano, col confronto con i giudici hai cambiato idea?
E
: Ovviamente rispetto molto quella cultura, noi deriviamo come rapper da tutto ciò che proviene dall’America. Il mio problema è nei testi. Io non capisco molto bene l’inglese e io non riesco più di tanto, a parte le rare canzoni, a immedesimarmi nel brano se non comprendo le parole. Magari mi arriva qualcosa per la melodia, ma poi si ferma lì perché per me è importante capire quello che stai dicendo. Però, da quando è finito il programma, mi sto impegnando di più in questo.

Nox, hai detto che ritieni che parte del rap sia “pericoloso e non insegna niente ai ragazzi più piccoli di seconda generazione come me. In Italia non si deve soltanto raccontare lo schifo che c’è intorno, ma bisogna anche dare soluzioni ai problemi”. Non credi che il compito di trovare soluzioni debba essere di qualcun altro?
N
: La musica è un mezzo molto potente. Basta vedere i politici come adesso utilizzano TikTok. La musica cambia frequenze ed è importante anche il messaggio che dai. Se ho un bacino d’utenza tanto grande e dico in ogni pezzo dico che per sopravvivere rubo o che devo ammazzare qualcuno, il ragazzino lo sente. Magari non inizierà a farlo, però gli vengono degli input negativi nel subconscio. E questo ti cambia il modo di pensare.

I giovani tendono a omologarsi e si vergognano di essere se stessi. E ora, soprattutto dopo il Covid e ciò che ne è arrivato, è importante mostrare che si possono non prendere scorciatoie sbagliate giusto per il fine di arrivare. Se non hai soldi ti spacchi e ti formi. Il giorno della finale ero in paradiso, mi avevano aperto i Club Dogo e avevo cantato il mio inedito. La mattina dopo però ero a pulire i cessi in un’hamburgheria dove lavoro per potermi permettere di fare musica. Non bisogna montarsi la testa. Non ho fretta di arrivare. Voglio soltanto che il giorno che appenderò, diciamo, il microfono al chiodo, potrò dire di aver lasciato un segno e un messaggio positivo per i ragazzi delle nuove generazioni. 

Articolo di Greta Valicenti e Samuele Valori

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