Papa V sta portando un nuovo culto nel rap italiano. L’intervista
Testi taglienti, sporchi e dissacranti, un’introspezione cruda e sincera, la “Trap fatta bene” che piace ai maranza, ai figli di papà in camicia e pure alle clean girl (anche se «la distinzione tra rap da femmine e rap da maschi è passata da un po’»): abbiamo incontrato uno dei migliori rapper della nuova generazione
Papa V entra nello studio di Moysa – dove lo aspetto per questa intervista, una delle primissime che fa nonostante Trap Fatta Bene, il suo nuovo album fuori oggi, sia il suo secondo disco (il terzo se contiamo anche quel piccolo culto della storia recente del rap italiano che è Mafia Slime con Nerissima Serpe), ma a questo ci arriveremo poi – canticchiando una canzone che da lui, uno dei rapper più crudi della nuova generazione, proprio non ti aspetteresti.
«Ma davvero ti ascolti i Pinguini Tattici Nucleari?», chiedo a Lorenzo (questo il vero nome di Papa V) mentre accenna il ritornello di Giovani Wannabe, senza dubbio una delle cose più distanti dalla sua musica. «La stavamo ascoltando prima in macchina, pensa che figata se facessi le sporche al cantante», scherza lui. E questa non è l’unica sorpresa che la mezz’ora con Papa mi riserverà.
Manca solo una manciata di ore all’uscita di Trap Fatta Bene (che già solo dal titolo, una citazione del suo Balotelli Freestyle, ha mandato i suoi fan in visibilio alzando giusto un po’ l’hype) ma lui sembra rilassato, forte della sicurezza di avere per le mani senza dubbio uno dei dischi più forti dell’anno e del fatto che a “guardargli le spalle” come una vera e propria famiglia ci siano l’immancabile Fritu (a mani basse la vera rivelazione degli ultimi anni a livello di produzione) e i ragazzi di K100.
L’intervista a Papa V per il nuovo album “Trap Fatta Bene”
Una dimensione iper collettiva, in cui tutto funziona proprio grazie all’unione che c’è tra di loro e a una visione fortemente identitaria – nei suoni e nell’estetica – comune. «Questo è esattamente quello che vogliamo: esprimere la nostra identità e farlo senza filtri», mi racconta Klaudiu, il manager di Papa V, «questo è quello che siamo, piaccia o non piaccia. Siamo noi al 100%». «E poi la nostra è una musica collettiva», aggiunge Fritu, «Papa ci mette la faccia, quindi alla fine il progetto è suo», «Sì, ma senza di loro non potrei fare tutte queste cose», specifica lui. «Io magari posso avere un’idea ma la testa alla fine ce la mettiamo tutti. Poi se va bene è merito di tutti, se va male me la prendo in cu*o io!», scherza Lorenzo.
Il primo ricordo del rap e gli inizi
Ma qual è il suo primo ricordo legato al rap? «Un cd masterizzato in macchina di mia madre in cui c’era un po’ di tutto, da Vasco ai Pooh, e in mezzo c’era anche Applausi per Fibra. Quel pezzo mi piaceva un botto e da lì mi sono appassionato. Ho iniziato a are freestyle in terza media e poi a 16/17 anni ci siamo messi a fare delle canzoni in un box di un mio amico. Lì ho conosciuto Fritu ed è partito tutto», mi racconta Papa V. “Conosciuto” sembra un verbo piuttosto strano, dal momento che sono cugini di sangue, gli dico. «Sì perché quando eravamo più piccoli non ci frequentavamo, ci siamo ritrovati poi nell’adolescenza».
Il rapporto con Fritu
Da lì inizia uno dei migliori sodalizi rapper/producer degli ultimi anni. «Il primo pezzo che abbiamo fatto insieme forse era un feat con Neri…», cerca di ricordare Papa V, ma Fritu lo corregge: «No, era Azienda. Poi abbiamo fatto Bastardo». «Ah già, è vero. Neri tra l’altro non aveva ancora pubblicato un disco ma aveva già fatto uscire della tracce. Loro avevano già lo studio, erano già settati, io ancora non avevo in mano niente, ero proprio allo sbaraglio!», continua Lorenzo. «L’incontro con Fritu è stato importante. Già il fatto di non andare a prenderti un beat di un produttore sconosciuto su YouTube ma di avere qualcuno che ti dà una direzione fa tanto».
Così come fa tanto il fatto di essere cresciuti tutti insieme, in quella zona né troppo lontana né troppo vicina dalla città che è l’hinterland. «Io sono di Pieve Emanuele, Fritu e Nerissima invece sono di Siziano, siamo veramente a tre minuti di distanza», racconta Papa V. «La cosa bella di questo è il fatto di essere sempre collegati e poter sempre lavorare tutti assieme per tutto il tempo che vogliamo. Non è che noi ci becchiamo in studio dalle sette alle nove… Noi sappiamo quando entriamo ma non sappiamo mai quando usciamo!», aggiunge.
L’arrivo del successo
E così, session dopo session vengono fuori i primi pezzi, nel 2021 Mafia Slime e nel 2022 Gesù Bambino. Due album fatti bene, ma che all’epoca non hanno avuto l’attenzione che meritavano da parte del grande pubblico, che solo nell’ultimo anno sembra essersi reso conto che c’è una nuova generazione che rappa come i grandi, che è pronta a spaccare per davvero e che non può essere ignorata. «Sicuramente adesso c’è un’attenzione in più», concorda Papa V, «ma anche ai tempi di Mafia Slime comunque c’erano già dei fan che si erano presi bene e che dicevano “Caz*o, bella sta roba”. Ora però è diverso, vedo che la gente mi sta capendo».
E tutto senza scendere a compromessi con qualcosa di più masticabile, ma rimanendo nei testi estremamente crudo, tagliente e dissacrante. «Non ho mai pensato di cambiare il mio stile», mi dice Papa V quando gli faccio notare che in Trap Fatta Bene rimane sempre fedele a se stesso. «Se io faccio una cosa e riceve consensi perché dovrei fare una roba diversa? Se la roba va è perché la gente vuole ascoltare questo».
Gli artisti che hanno ispirato Papa V
Un’attitudine, quella di Papa V, che ricorda un po’ quella di Noyz Narcos, granitico nel non aver mai ceduto di un millimetro a un lirismo più edulcorato e nel non piegarsi al mainstream, lasciando che fosse quest’ultimo a flettersi a lui. Anche a costo di aspettare anni prima che il tempo e le classifiche dessero ragione alla sua visione. Un artista che non a caso Lorenzo cita tra le sue maggiori influenze. «Io credo di essere il più grande fan dei Dogo, poi mi hanno influenzato tantissimo Fibra, Noyz Narcos e anche Mondo Marcio. La roba che andava in quartiere, insomma». E con Noyz Papa V ha anche collaborato nell’ultimo album di Kid Yugi. «Abbiamo registrato proprio in questo studio, è stata una bella esperienza. Quando abbiamo reccato io mi sono fermato a guardarlo proprio da fan».
E quando impari da chi il rap lo fa bene, il risultato non può che essere della Trap Fatta Bene. «Per me questa definizione è legata a come si è evoluto il progetto», mi spiega Papa V, «molto istintivo, spontaneo, non c’è nessun pezzo in cui ho avuto difficoltà, però anche studiato a livello di grafiche, di estetica e soprattutto di sound. Io in Italia non l’ho mai sentita questa roba».
Un pubblico trasversale
Ma nel nuovo album di Papa V non c’è solo roba truce, ma c’è anche spazio anche per brani più deep e introspettivi come Insieme da una vita e Franco Campanino (e sì, la reference al famoso compositore è casuale). «Il pezzo era rimasto salvato così nel computer da un botto di tempo», dicono Papa e Fritu «e alla fine l’abbiamo fatto uscire con quel titolo. Per me è proprio bello, forse si avvicina più alle robe di Gesù Bambino. Diciamo che io ho più lati e verranno fuori in vari modi».
E forse è anche per questo che Papa V riesce ad essere così trasversale, piacendo ai maranza, ai ragazzini in camicia (come quello diventato virale su TikTok «Lui è veramente un grande, era in prima fila al live di Milano e non è stato nemmeno una volta al telefono, se l’è proprio goduto tutto», commenta Lorenzo) e pure alle clean girl che vanno pazze per tracce come Responsabile o Apparecchiato. «Secondo me la distinzione tra rap da femmine e rap da maschi è passata da un po’», dice Papa V, «come dice Guè, il non è più scacciafiga e a una ragazza può piacere anche la roba più cruda perché il genere si è evoluto».
E per quanto riguarda Mafia Slime 2 che Papa V e Nerissima Serpe hanno spoilerato durante il live milanese di quest’ultimo: «Ci stiamo lavorando», conferma Papa, «Uscirà e sarà un altro culto».