Pavel Naret, la star di “Pit Babe”, si racconta: «La storia antica è la mia più grande passione»
Il fantasy pop thailandese è tornato con la seconda stagione: in occasione dell’uscita abbiamo incontrato il protagonista per parlare di tutto, anche della sua ossessione per i podcast e per chi davvero avrebbe costruito le piramidi

Pavel Naret
Motori accesi, semaforo verde e adrenalina a mille. Il fantasy pop Pit Babe è tornato con la seconda stagione. Il 2 maggio si è tenuta la prima mondiale al cinema, con la proiezione del primo episodio nella cornice del Siam Pavalai Theater a Bangkok. Prodotta da CHANGE2561 e in onda su iQIYI, la serie mescola corse ad alta velocità, superpoteri e dinamiche ispirate all’universo Omegaverse (un immaginario narrativo dove i ruoli sociali e biologici si ridefiniscono attraverso una gerarchia alfa-beta-omega), tra rivalità, desideri e identità in bilico. Tra i protagonisti Pavel Naret Promphaopun, classe 1997, attore e modello thailandese, cresciuto in Nuova Zelanda e lanciato dalla serie 2 Moons 2. Lo abbiamo incontrato per parlare di tutto, anche della sua ossessione per i podcast e per chi davvero avrebbe costruito le piramidi.
L’intervista a Pavel Naret
Cosa ti ha spinto verso il mondo dell’intrattenimento e come è cambiata la tua motivazione nel tempo?
Dopo essere tornato in Thailandia mi sono iscritto a Communication Arts al college internazionale della Rangsit University. Lì ho iniziato a fare i primi casting e il mio primo contratto è stato con Elite Modeling. Facevo dieci provini e magari ne passavo uno o due, poi le cose hanno cominciato a muoversi. Ho avuto l’opportunità di partecipare a una serie chiamata 2 Moons 2, siamo partiti da mille candidati, poi siamo diventati ventiquattro, infine sei. Quando la serie è andata in onda, poco prima del 2020, ha ottenuto una certa visibilità e da lì ho iniziato a costruire davvero qualcosa.
Ho guadagnato i primi follower e ho capito che volevo continuare su questa strada. Prima non avevo mai pensato di fare l’attore. In Nuova Zelanda studiavo informatica, poi tornato in Thailandia ho studiato marketing e comunicazione, e alla fine è arrivata la recitazione. In Thailandia, se ottieni una serie, puoi avere più opportunità, più lavori, quindi ci ho provato… e ha funzionato. Anche se poi è arrivato il Covid.
Qual è stata la scena più difficile da girare e come l’hai superata?
Una delle più difficili è stata nella scorsa stagione di Pit Babe, quando Charlie (il co-protagonista) sembra morire. Il mio personaggio non sapeva che fosse una finta, quindi ho dovuto interpretare quella perdita come se fosse reale. Non avevo mai perso nessuno nella mia vita, quindi ho dovuto immaginare, guardare scene di altri film o situazioni reali e usare la mia immaginazione. La difficoltà maggiore era la tempistica. Avevamo solo un giorno per girare tutto e tre take per quella scena. La pressione era tanta, ma alla fine è venuta bene.
C’è un ruolo o un tipo di personaggio che hai sempre voluto interpretare ma non hai ancora avuto occasione?
Mi ha sempre incuriosito interpretare ruoli d’azione, come un poliziotto o un militare. Seguo molte serie di questo tipo e trovo affascinante quel mondo. A breve inizieremo le riprese di Goddess Bless You from Death, una nuova serie in cui interpreterò un ispettore, quindi finalmente avrò l’occasione di cimentarmi in qualcosa di simile. E vorrei anche interpretare un villain, di quelli da blockbuster. Non per forza umano, magari un cattivo stile Marvel. Qualcosa di folle.
Hai qualche rito o abitudine personale che ti aiuta a prepararti per scene difficili?
Sì, ne ho uno. Quando devo affrontare scene emotive ascolto canzoni che abbiano a che fare con ciò che sto per interpretare, e che magari si leghino a esperienze della mia vita. Uso il metodo del richiamo, cerco una connessione tra la mia realtà e quella del personaggio, così le due cose si fondono.
Com’è una tua giornata tipo quando non lavori a un progetto?
Mi sveglio e ordino un caffè a domicilio, poi faccio una doccia. A volte vado in palestra al mattino, altre volte la sera. Accendo il computer e ascolto podcast, soprattutto su argomenti che non servono davvero nella vita quotidiana, come astronomia, dinosauri o storia antica. Ho un’ossessione per le piramidi e mi chiedo spesso chi le abbia costruite davvero. Seguo anche contenuti su Cesare, Napoleone, Alessandro Magno o su cosa sarebbe successo se la biblioteca di Alessandria non fosse andata distrutta.
Durante il giorno mi dedico ai miei progetti personali, sto cercando di trasformare il mio marchio di merchandising in un vero brand di abbigliamento. Non cucino quasi più. In Nuova Zelanda lo facevo spesso, ma in Thailandia il delivery è molto comodo, quindi preferisco ordinare. La sera esco con gli amici, andiamo al cinema, nei bar o nei club. La vita notturna a Bangkok ha sempre qualcosa da offrire.
Quale hobby o interesse potrebbe sorprendere i tuoi fan?
Non so se sorprenderebbe davvero, ma a volte esco di notte con la mia moto e percorro anche duecento chilometri, semplicemente per il piacere di guidare. Nessun programma, nessuna destinazione precisa.
Qual è il tuo comfort food, quello che potresti mangiare ogni giorno?
Il roast. Carne, patate, cose così. Sono cresciuto in Nuova Zelanda e quei sapori mi sono rimasti dentro. Oppure sushi e sashimi. Il riso dopo un po’ mi stanca, ma con il sushi non mi annoio mai. E quando ho davvero bisogno di qualcosa che mi conforti, direi una torta salata neozelandese con carne macinata, purè e sugo. È molto simile a quelle inglesi.
C’è un’idea sbagliata su di te che vorresti chiarire?
Chi non mi conosce e vede solo le foto spesso pensa che sia distante, come se non avessi voglia di parlare. Forse è colpa della mia espressione facciale. Ma in realtà sono una persona tranquilla, aperta, rilassata.
Quali sfide hai affrontato nella tua carriera e come ti hanno cambiato?
Quando è arrivato Pit Babe e abbiamo iniziato a ottenere visibilità, mi sono reso conto che dovevo cambiare. In Nuova Zelanda facevo lavoretti part-time, poi sono tornato, ho frequentato l’università e non avevo mai lavorato in una vera azienda. Questo è stato il mio primo lavoro serio. Ho dovuto crescere, diventare più professionale e affidabile. Mi ha reso più consapevole, responsabile e determinato a migliorare.
E qual è l’aspetto più difficile da accettare?
La gestione del tempo personale. Non posso fare tutto ciò che vorrei e anche le azioni più innocue possono essere fraintese da chi ti osserva da fuori. Bisogna sempre stare attenti a come ci si comporta. Non è tanto il giudizio a pesarmi, quanto il fatto che la gente a volte racconta cose su di me che non sono vere e io non ho modo di correggerle.
Se avessi un anno di pausa per dedicarti a qualcosa di completamente diverso, cosa sceglieresti?
Starei in pista tutti i giorni, in moto o in macchina. Ma è costoso, quindi non ho mai potuto farlo davvero. Quando giriamo Pit Babe non guidiamo sempre noi, molte scene vengono affidate agli stunt. Ma in alcune riprese, soprattutto quelle con inquadrature ravvicinate o manovre più semplici, siamo noi a girare in prima persona. Ci sono partenze, frenate improvvise e movimenti a bassa velocità in cui serve mostrare il nostro volto.
Come ti hanno influenzato gli undici anni vissuti in Nuova Zelanda?
Sono stati come un ottovolante. Quando mi sono trasferito ero un bambino thailandese qualunque e mi sono trovato in un paese completamente nuovo, senza amici, con solo mia madre e il suo nuovo compagno. Ho dovuto imparare tutto da capo. Ero vittima di bullismo, per via degli stereotipi sugli asiatici. Ho iniziato a ballare per cercare di integrarmi, perché i ragazzi popolari stavano nella community della danza. Facevo anche lavori part-time per comprarmi un’auto.
Tutto questo mi ha insegnato ad adattarmi, a diventare più indipendente e a non mollare. Il mio modo di pensare è cambiato profondamente. Anche una volta tornato in Thailandia, quell’esperienza ha continuato ad accompagnarmi come una sorta di allenamento mentale. Affronto le difficoltà con più forza, cerco sempre di imparare qualcosa di nuovo e mi butto senza esitazione in ciò che mi appassiona.
Quali obiettivi speri di raggiungere nei prossimi cinque anni?
Mi piacerebbe lavorare in produzioni che vadano oltre i confini della Thailandia, partecipare a serie realizzate in altri Paesi asiatici e, se possibile, anche in produzioni occidentali, in Europa o in America, come stanno facendo molti attori asiatici. Ma il mio obiettivo più importante resta la mia famiglia. Dopo Pit Babe, mia madre è riuscita ad andare in pensione. Vorrei potermi prendere cura di loro, comprare una casa, delle auto, e fare in modo che non debbano più preoccuparsi dei soldi.
Se dovessi riassumere la tua esperienza con Pit Babe in una frase quale sceglieresti?
Mi ha cambiato la vita. La prima serie a cui avevo partecipato era andata bene, ma poi è arrivato il Covid e mi ha fatto crollare, sia emotivamente che nella vita quotidiana. Pit Babe è stato come un ultimo respiro, prima di dover accantonare il sogno di continuare a recitare. Avevo persino pensato di tornare in Nuova Zelanda per lavorare in un altro settore, quello per cui mi ero laureato, perché restare in Thailandia senza fare l’attore sarebbe stato complicato, soprattutto dal punto di vista economico. Invece questa serie mi ha dato la possibilità di costruirmi una nuova vita.
Articolo di Ambra Schillirò