L’elegante ottimismo de Il Quadro di Troisi ci ha contagiato
“La Commedia” è il secondo album del trio Donato Dozzy, Eva Geist e Pietro Micioni. Se eravate rimasti affascinati dal pop elettronico un po’ anni ‘80 del loro primo lavoro, non rimarrete delusi da questo nuovo capitolo. Anzi, è un deciso passo in avanti, anche nel tempo
È doveroso fare una premessa, prima di addentrarci alla scoperta del secondo album de Il Quadro di Troisi che s’intitola La Commedia e arriva ben quattro anni dopo il delizioso omonimo disco di debutto. Dobbiamo parlare di Donato Dozzy (nome d’arte di Donato Scaramuzzi) che è un po’ il leader di questo terzetto. Il producer di origine barese è un autentico camaleonte della scena elettronica e dal gusto sopraffino.
Donato Dozzy, un autentico deus ex machina
Rispettato nell’ambiente della techno più coraggiosa e visionaria, la conoscenza di Dozzy lambisce diversi territori sonori. Sensibile agli insegnamenti musicali, ma anche etici, della Summer of Love – non quella dai suoni acid-house-techno della fine degli anni ’80, ma proprio quella originaledel 1967 – ha saputo recuperare una certa morbida psichedelia di quel periodo, con temi ambient e green, attingendo anche dalla naïveté compositiva di artisti visionari come Mort Garson (suo un album super culto, Plantasia datato 1976).
L’ultimo album firmato Donato Dozzy e dalle atmosfere ambient, Magda, ha avuto ottime recensioni da Resident Advisor, The Quietus, Pitchfork. Con il progetto Il Quadro di Troisi Donato Dozzy ha finalmente raggiunto un altro dei suoi desiderata musicali, ovvero produrre un pop elegante con certi riferimenti a grandi autori italici (Battiato, Matia Bazar, Battisti…). Ed è riuscito a farlo grazie alla preziosa complicità della compositrice e cantante Eva Geist e alla grande esperienza del romano Pietro Micioni (già nei pochi live della band e adesso in pianta stabile) che è stato un fautore con il fratello Piero, degli autentici pionieri della italo disco. Ha prodotto gente come Gazebo, ma anche un certo hyperpop degli anni ’80 come Amii Stewart o Mike Francis.
Nel nuovo disco ci sono tanti ospiti preziosi
Il nuovo disco de Il Quadro di Troisi, detto dell’entrata in pianta stabile di Pietro Micioni, è un ulteriore passo in avanti nella qualità delle sonorità del trio, che non solo si rifà elegantemente a una certa forma canzone della tradizione italiana, soprattutto anni ’80, ma si apre anche a nuove tessiture sonore. Questo anche grazie alla presenza di bellissimi nomi che popolano le dieci canzoni di La Commedia. Da Suzanne Ciani, autentica leggenda (la vedremo in Italia per due concerti, il 6 aprile a Torino e l’8 a Milano) e una pioniera di un certo modo di fare musica elettronica, ad Aimée Portioli, meglio conosciuta come Grand River, musicista, sound designer e compositrice italo-olandese.
Poi ci sono anche Fiona Brice (violinista, compositrice e arrangiatrice che ha collaborato con artisti come Placebo, Kanye West, Sophie Ellis-Bextor), il violino eclettico di Francesca Colombo (di fatto il quarto “angolo” de Il Quadro di Troisi) e Daniele Di Gregorio (da trent’anni al fianco di Paolo Conte). E il legame con quella certa la tradizione del passato viene suggellata anche dalla presenza in tutti gli artwork che accompagnano le nuove uscite della band – dai singoli all’album – dalle opere di Francesco Messina, che fu uno storico collaboratore e co-autore di Battiato ma anche autore di memorabili copertine.
L’intervista a Il Quadro di Troisi
Perché avete aspettato così tanto tempo dall’uscita del primo disco? Ho letto che in realtà il nuovo album aveva già preso forma ben 2, 3 anni fa.
Donato Dozzi: Sì, è stato originato già alla fine della produzione del primo album. Solo che ci siamo presi del tempo proprio perché, diciamo che non volevamo far uscire qualcosa che fosse troppo sulle corde del primo disco. Inoltre, c’è stato un sacco di tempo dedicato alle rifiniture, agli arrangiamenti, al missaggio finale e al trattamento delle voci di Andrea (Eva Geist, ndr). Ah, e poi c’è anche la vita personale che incalza… nel senso che ci sono stati dei cambiamenti importanti peer tutti… La Commedia si è adeguato a questo processo trasformativo, e alla fine era la cosa giusta da fare.
Quando si parla de Il Quadro di Troisi, le parole che vengono sempre fuori sono: “nostalgia”, “elettronica anni ‘80”, “una certa tradizione italiana”. Però entrando nei sinuosi meandri del nuovo album, mi sembra che abbiate giocato con suoni più contemporanei e osato negli arrangiamenti.
DD: Ti faccio un esempio. In questo album abbiamo invitato Susanne Ciani, che non è certo una giovane artista, ma è una persona che ragiona da sempre proiettandosi verso il futuro. Direi addirittura che Susanne fra noi è la più ragazzina. Ma in generale tutte le persone che hanno partecipato a La Commedia lo hanno fatto con un’ottica proiettata al futuro e anche considerando il presente. Tra di noi abbiamo parlato molte volte di come muoverci. Volevamo evitare di essere ancorati ad un periodo storico, rischiavamo di generare un pericoloso cliché. Era invece necessario tirare fuori tutte le nostre esperienze, non solo scavando nella new wave italiane anni ’80, cosa nella quale noi tutti siamo cresciuti. Ma giusto per farti un esempio tutti noi siamo amanti dei Portishead, Massive Attack, PJ Harvey, i dischi della Warp e non so quanti altri potrei citarne….
La cosa interessante è che nel pop italiano di oggi c’è una certa attrazione verso gli anni ’80 a quelle produzioni che tu, Pietro hai curato ai tempi. Ma sembra che ve ne state elegantemente defilati. Ma scusate, non avete mai pensato che forse è il momento di provare a scrivere un brano adatto per Sanremo?
Pietro Micioni: Pensa che ancora gestisco i diritti di vari Gazebo, Mike Francis… Mi tengo ben lontano da questa cosa del semplice revivalismo. L’ho vissuto in prima persona quel periodo e non sarebbe altrettanto autentico riproporlo adesso. Noi siamo entrati in studio con una voglia di andare avanti – anche rispetto al primo album – di cercare suoni nuovi, anche se non nascondo il fatto che a livello melodico sì, probabilmente un certo richiamo a quel decennio c’è. E poi abbiamo usato sicuramente tanti strumenti in quel periodo Donato poi è un collezionista, oltre che abile nel suonarle…
DD Proporre un brano a Sanremo… ne abbiamo parlato tra di noi, potrebbe essere una cosa interessante. Però l’invito deve arrivare da qualcun altro di sicuro. In definitiva: perché no!?
Donato, perdona la domanda diretta, come ti senti quando leggi un certo interesse per le tue produzioni nei media musicali stranieri, mentre qui in Italia sei considerato un producer “di nicchia”, di culto?
DD: Non è una cosa che posso decidere io. Oppure bisognerà aspettare che ci lascio le penne (ride, ndr). Io sono talmente innamorato della musica, mi piace talmente tanto creare con le persone a me vicine, che non mi fermerò anche senza grandi riconoscimenti. Sono fiero di essere cresciuto in una tradizione italica di grandi cantautori e di grandi produttori, tra cui Pietro Micioni che è qui con noi. Detto sinceramente, fare una produzione pop era un sogno nel cassetto, mi sono preparato tanti anni affinché ciò avvenisse.
Eva, mi pare che hai ancora più coraggio in questo disco, è come se tu avessi finalmente liberato ancor di più la tua sensibilità pop.
Eva Geist: Sì, è assolutamente vero, lo ammetto. Questo incontro tra me e Donato, e poi con Pietro, è stato qualcosa di magico, è scattata subito la giusta alchimia. Io avevo un po’ colto questa tensione di Donato verso il pop e l’ho stimolato. Poi c’è stato il mio ritorno al canto. Perché in effetti in quel periodo io non cantavo più e nemmeno ci provavo a farlo in italiano. Con La Commedia sapevo di portarmi dietro una sicurezza maggiore anche perché stavamo lavorando su un album più complesso del primo.
Il brano che mi ha fatto capire che in questo album eri più libera di osare è La Notte. Adesso Il Quadro di Troisi non sono solo quelli di Raggio Verde.
DD: Scusa, volevo dire anche io una cosa a proposito. Questo che dici è solo un bene per noi. Sarebbe stata veramente un’occasione persa ripetersi. E poi, soprattutto in questi anni, c’è stata una nostra crescita personale. Andrea (il vero nome di Eva, ndr), come vedi (siamo collegati in Zoom e tiene dolcemente in braccio una neonata, molto silenziosa… ndr), ha adesso una figlia, è diventata madre, mentre a livello artistico ha compiuto un passo importante. Noi poi abbiamo deciso di mettere la sua voce in modo più frontale. Questa tecnica è una tradizione italica nella produzione del pop, non è una cosa che ci siamo inventati.
EG: Abbiamo lavorato in uno studio diverso con un nuovo fonico: Carmine Simeone, che una volta accompagnava nei live Lucio Dalla. Anche la scrittura dei testi si è affinata, ho scritto tanto di notte, guarda caso. In quelle ore il mio esercizio poetico è venuto a compimento. Sono veramente fiera di quello che ho scritto a livello di figure poetiche e proprio del testo de La Notte vado particolarmente fiera.
DD: Aggiungerei che per la prima volta in questo disco Eva si espone anche a livello compositivo. Per esempio, La Prima Volta è un brano interamente scritto da Andrea.
La Prima Volta, possiede sonorità interessanti, ci sono delle marimba, c’è un bel sound orchestrale…
DD: Mi permetti di parlare di Daniele De Gregorio? Con lui siamo già al secondo album insieme ed è un gran musicista, da trent’anni lavora con Paolo Conte.
Sarebbe interessante vedere dei ragazzi appassionarsi per alcune delle vostre nuove tracce.
DD: È un sogno. Sarebbe bello che un po’ di giovani si appassionassero al nostro progetto. Più che altro perché stiamo cercando con forza di dimostrare che esiste un universo di suoni trattati con una certa cura e coraggio. L’obiettivo più ambizioso sarebbe riuscire a stimolare un po’ di persone a fare delle produzioni un po’ più profonde. Il nostro invito è a rivedere il modus operandi di fare certe cose. Io non ho niente in contrario al fatto che un ragazzo giovane ascolti la trap, però che sia fatta in un certo modo.
PM: Per fare le produzioni fatte bene serve una buona conoscenza del suono degli strumenti. Serve l’esperienza, una certa conoscenza basilare sulle dinamiche dei suoni. Il problema di fondo è alla fine che tutti – soprattutto i giovani – fanno tutto con lo smartphone e ascoltano la musica lì, al massimo con uno speaker, che non è che esaltino le timbriche e la qualità di una produzione.
DD: Io credo molto nella possibilità che la musica e l’arte in generale oggi abbiano anche un potere educativo.
EG: Io direi che una parola chiave del momento che stiamo vivendo, sia musicalmente che in generale, è “crisi”. E da una crisi si può anche decidere di uscirne bene. Il nostro disco è un invito ad andare verso la luce.
Domanda finale, pensando proprio alla modalità di ascolto della musica. Qual è il luogo più bello dove vi immaginereste di ascoltare La Commedia? Io mi sono immaginato di ascoltare il vostro disco sdraiato su un prato, d’estate, quando sta per arrivare la sera.
DD: Ecco! Aspettando il raggio verde! (ride, ndr) È una bella immagine, peraltro con lo sguardo verso il cielo e non in basso come si fa con un telefonino! Guarda… abbiamo lavorato tanto di fantasia e attraverso un ricco immaginario per La Commedia che penso che tutte canzoni si sposerebbero bene con qualcosa di visuale. Ma essendo tutti appassionati di mare, direi in quel contesto. Andrea viene da una città dove il mare è preponderante, io pure sono originario di Bari e anche lì il mare ha una certa rilevanza. Anche Pietro anche ama il mare, siamo tutti, insomma, vicini all’acqua.
PM Vogliamo chiudere in bellezza? Io direi che la tua situazione di ascolto potremmo chiamarla “Prati Bagnati del Monte Analogo” (‘unico album in studio della coppia Raul Lovisoni e Francesco Messina, del 1979, ndr) così facciamo un omaggio a Francesco Messina!