Rockin’1000 a Cesena, Zaffagnini: «Avvicinare le persone è la nostra missione»
Mancano poche settimane alla doppia data all’Orogel Stadium “Dino Manuzzi” per il decennale della rock band più numerosa del mondo. Abbiamo incontrato il fondatore

Fabio Zaffagnini, fondatore di Rockin'1000
Sono passati dieci anni tondi dall’inizio dell’avventura Rockin’1000: a luglio 2015 veniva pubblicato online il video della maxi-cover di Learn to Fly dei Foo Fighters, con cui mille musicisti non professionisti si univano per chiedere – un po’ per gioco, un po’ seriamente – un concerto di Dave Grohl e soci nella piccola Cesena. Missione compiuta, com’è noto: la band accettò la sfida e mantenne la promessa, con un concerto al Carisport pochi mesi dopo.
Rockin’1000 è anche il progetto che ha letteralmente cambiato la vita del suo fondatore Fabio Zaffagnini, geologo marino che ha trovato nella musica e nella realizzazione dei grandi eventi live una seconda, inaspettata vita professionale. In questi dieci anni è successo di tutto, dai live nei grandi stadi come lo Stade de France di Parigi all’ospitata a Sanremo 2025.
È per celebrare questa ormai lunga storia («ormai stiamo quasi per superare i Beatles!», scherza Zaffagnini) che sabato 26 e domenica 27 luglio si terrà all’Orogel Stadium “Dino Manuzzi” di Cesena una speciale doppia data di Rockin’1000 per un ritorno alle origini là dove è partito tutto (qui i biglietti). Nelle due serate sono previsti anche tanti ospiti: Negrita e Piero Pelù il 26; Francesca Michielin, Negramaro e Fast Animal & Slow Kids il 27. Daniel Plentz dei Selton sarà direttore d’orchestra e Lodovica Comello la conduttrice. Un’occasione per parlare con Fabio Zaffagnini dei dieci anni passati (e futuri?) di Rockin’1000.
L’intervista a Fabio Zaffagnini
Dieci anni pieni di innovazioni ed evoluzioni del progetto che ti ha cambiato la vita: cos’è Rockin’1000 oggi?
Non avrei mai pensato che Rockin’1000 sarebbe durato così tanto. Sono stati dieci anni di vita intensa, abbiamo fatto cose che mai mi sarei immaginato. Soprattutto considerando come è nato tutto, cioè come un gioco, che però poi ci ha permesso di raggiungere risultati incredibili: concerti in grandi stadi, Sanremo, l’anniversario della caduta del muro di Berlino, persone che ci conoscono dall’altra parte del mondo, collaborazioni con artisti importantissimi… Non abbiamo mai smesso di pensare a cosa fare dopo.
Infatti una delle peculiarità del progetto è che non avete mai ripetuto sempre lo stesso tipo di “format”. C’è sempre stata un’evoluzione della vostra proposta live.
Tutte le volte che abbiamo fatto qualcosa ci siamo chiesti: “E adesso cosa ci inventiamo?”. Comunque abbiamo individuato dei format che funzionano e che ci piacerebbe portare in giro il più possibile, per esempio quello dei concerti negli stadi.
Da un paio d’anni abbiamo iniziato a lavorare in modo importante anche sulla community, per trasformare Rockin’1000 in una realtà che permetta ai musicisti anche di suonare, ritrovarsi settimanalmente e fare musica.
La sfida di oggi è permettere alle persone di ritrovarsi nel mondo reale, coltivando qualcosa che non è facile. Perché uno strumento musicale non si impara in un giorno. Investire tanto tempo nello studio di uno strumento significa anche dare valore a qualcosa.
Oggi la vostra community conta oltre 100mila persone, giusto?
Sì, e noi diamo loro la possibilità non solo di scambiarsi messaggi attraverso una piattaforma, ma proprio di fare musica. Ci sono persone provenienti da 160 paesi diversi, dal Giappone al Brasile. Con la nostra app possono entrare in contatto: se io vado a Tokyo o a San Paolo e so che c’è un altro compagno “millino” che può ospitarmi, portarmi in giro e permettermi di fare musica, questa è una ricchezza incredibile. Non è una cosa che abbiamo costruito a tavolino: l’abbiamo osservata e abbiamo cercato di cavalcarla e alimentarla.
Come mai due date dei Rockin’1000 a Cesena anziché una?
Volevamo dare a quanti più musicisti la possibilità di suonare. Sapevamo che per il decennale avrebbero voluto suonare tutti. Infatti verranno quasi duemila musicisti, un terzo dei quali dal resto del mondo, compreso il Nepal, per esempio. Il nostro obiettivo è di riuscire a vendere 30mila biglietti sulle due date. Un traguardo ambizioso: abbiamo già fatto numeri del genere ma a Parigi, non a Cesena.
Sono molti gli artisti ospiti: Francesca Michielin, Piero Pelù, Negramaro, Fast Animals and Slow Kids, Negrita. Come avete trovato questi compagni di viaggio?
Con molti di loro ci “annusavamo” da anni, nell’attesa dell’occasione giusta per fare qualcosa. A differenza del solito, non chiederemo agli artisti ospiti di suonare cover: faremo proprio i loro brani. È un esperimento interessante, che dà anche ai fan di questi artisti la possibilità di ascoltare i loro brani in una veste nuova.
Un’altra cosa che mi inorgoglisce particolarmente è che nei primi anni Rockin’1000 veniva percepito un po’ come un fenomeno da baraccone, una sorta di circo musicale. Invece negli anni ho percepito un cambio nella percezione del progetto da parte dell’élite della musica, e oggi vedo attorno a noi un rispetto diverso. Nel mondo musicale non è scontato, soprattutto per le cover band, che di solito sono l’ultimo gradino della musica.
Due novità di quest’anno sono la Rockin’1000 Week, sempre a Cesena, e Rockin’1000 Flash Coro.
La settimana che abbiamo deciso di fare a Cesena è pensata per coinvolgere la città e far sì che si respiri aria di musica dal vivo. Ci saranno tantissime iniziative. L’esperienza del coro è molto recente. Il “coro diffuso” non l’abbiamo certo inventato noi. Far cantare tante persone è un po’ quello che abbiamo sempre fatto.
È una bella esperienza che abbatte le barriere tra pubblico e artisti, un momento di condivisione forte che si sovrappone perfettamente ai nostri valori di sempre. Lo porteremo avanti in tutta Italia e magari anche fuori dall’Italia. Avvicinare le persone tramite la musica è la nostra missione.
Dopo Cesena, i Rockin’1000 saranno dal vivo il 6 settembre a Leiria, in Portogallo: cosa succederà in quella data?
La data è stata annunciata l’anno scorso il giorno in cui abbiamo fatto lo scorso concerto in Portogallo, che è andato talmente bene che il promoter ha deciso di rilanciare immediatamente. In questo momento ci sono molte discussioni aperte per fare eventi in molti paesi: Stati Uniti, Brasile, Regno Unito, Francia…
Vogliamo ampliare l’offerta di concerti su scala globale, oltre a creare sempre più occasioni per i musicisti. Soprattutto per fare jam session: attualmente ne stiamo organizzando a Los Angeles, New York, Madrid, Berlino, Parigi. Vediamo che sono molto apprezzate, anche perché non è scontato per un musicista amatoriale trovare spazi in cui esibirsi e divertirsi senza troppe pressioni. Sarà sicuramente un focus per noi per gli anni a venire.
In quale venue ti piacerebbe portare Rockin’1000?
In quelle iconiche, da Wembley allo Yankee Stadium. Un sogno nel cassetto sarebbe ricreare una sorta di Woodstock, andando a suonare là dove è stato fatto il festival più importante della storia della musica.