Room 9: «La musica ha bisogno di tempo, non di pressione dell’industria»
Il trio di produttori formato da Lorenzo Santarelli, Marco Salvaderi e Gabriel Rossi cerca di andare oltre la monotonia dei suoni portando gli artisti fuori dalla loro comfort zone

Room 9 (da sinistra a destra: Marco Salvaderi, Lorenzo Santarelli e Gabriel Rossi)
Il mantra dei Room 9 è quello di far sperimentare chiunque passi per il loro studio. Come? Con qualsiasi genere che possa mettere l’artista fuori dalla sua comfort zone. Il trio che c’è dietro ad alcune delle produzioni di maggiore successo di artisti come Alfa, Annalisa, Irama, The Kolors e molti altri, è formato da Lorenzo Santarelli, Marco Salvaderi e Gabriel Rossi (in arte Kende).
Tre componenti di tre formazioni completamente diverse. Lorenzo viene dalla classica, ha una formazione da pianista. Marco ha studiato batteria così come Gabriel che poi si è spostato sul genere jazz e rock per poi produrre elettronica e hip hop. Insieme formano il trio di produttori dal nome Room 9.
L’intervista ai Room 9
Qual è l’ingrediente segreto che non può mai mancare nelle vostre produzioni?
Lorenzo: Guarda, non c’è veramente un ingrediente segreto perché l’ingrediente è l’esserci sopportati abbastanza da riuscire a trovare un’identità tra tre persone completamente diverse. I nostri gusti, spesso, sono veramente molto lontani, ma averli fatti collimare in quello che poi il nostro suono attuale, alla fine è la compartecipazione di noi tre con le nostre personalità, con le nostre influenze passate che alla fine trova una una quadra in ogni pezzo che andiamo a fare.
E come si traduce questo, musicalmente parlando?
Lorenzo: I nostri pezzi hanno un tiro, un un senso di suonato proprio come esecuzione delle varie parti degli strumenti e hanno soprattutto una tecnica maniacale con Gabri che ha passato una vita a studiare sound design (Mr.Engineer come si riferiscono a Gabriele, ndr). Dunque c’è tutta una parte proprio di attenzione alla tecnica in sé per sé produttiva. Ci confrontiamo su tutto.
Come nasce l’idea?
Lorenzo: L’idea può arrivare da chiunque. Ognuno di noi poi ha il suo ruolo ben chiaro, io mi occupo della parte più armonica dei pezzi e collaboro con l’arrangiamento. Gabri è il produttore in sé per sé, è la figura chiave nel gruppo per quanto riguarda la produzione, anche lui poi oltre a essere un tecnico è anche un grandissimo creativo. Marco ci dà quella visione poi di insieme che ci fa non essere mai troppo tecnici e che magari poi rischia di diventare una cosa quasi autoreferenziale. Lui ha il polso sempre dei pezzi che ci sono sul momento, quindi del sound più attuale.
I vostri percorsi individuali sono quindi un gran punto di forza, ma possono anche essere motivo di “scontro” artistico tra di voi?
Marco: Sì, ma è anche una cosa importante nel lavoro comunque. Quando noi abbiamo anche uno scontro, spesso poi ognuno porta la sua formula e prova comunque. Ognuno dei tre dice la sua. Alla fine anche confrontarsi, magari anche sbagliare, aiuta nel processo creativo.
Lorenzo: Ci scanniamo pesantemente senza ombra di dubbio. È capace che uno si fissa, magari è totalmente inutile, magari no. In realtà è quella la magia: scontrarsi fino all’ultimo.
Gabriel: Serve perché se sei da solo non hai il confronto. Chiaramente hai il tuo background che rimane quello e non cambia di base. C’è un ricircolo di idee continuo.
Quando vi mettete a lavorare ad una traccia, cosa viene prima? Il sound, il mood o l’artista?
Gabriel: Dipende da che tipo di pezzo stiamo per fare. Ad esempio se siamo con un cantante o con un autore probabilmente partiamo dal mood e capiamo se il pezzo è dedicato a qualcuno oppure se il pezzo deve avere un determinato spirito o se ci serve un tipo di pezzo specifico. O ancora se abbiamo carta bianca e magari il pezzo può iniziare da un giro di batteria o da un giro di accordi. Puoi iniziare da un giro di chitarra, puoi iniziare da una melodia con la voce o una reference. Se magari un autore ci dice di cosa vuole scrivere noi iniziamo a visionare l’idea e quello poi influenza tutta la canzone: se uno vuole scrivere di una cosa felice non parti di certo dagli accordi tristi e viceversa.
Voi, come Room 9, producete principalmente pop, che però è un genere molto vasto.
Gabriel: Sì, il pop è molto vasto anche se non sembra. C’è molta vastità di cosa puoi fare, di come iniziare un brano, se magari c’è un campione che va a riprendere una canzone del passato, se magari è una cosa da zero. O se è un pezzo dedicato al club o se è una ballad. Chiaramente non è un genere fisso. La musica pop racchiude tutti i generi perché una canzone pop può avere delle batterie acustiche, elettroniche, può avere un mood più aggressivo, più da club, oppure senza batterie, con i violini, con l’orchestra, cioè può essere mille cose.
Con Bellissimissima di Alfa avete fatto cinque dischi di platino. Com’è stato?
Marco: Andre (Andrea De Filippi, alias Alfa, ndr) ci scrive su Instagram. Sì, ma totalmente a caso. Beh, noi ci eravamo appena uniti. Quindi non avevamo nulla di base.
Lorenzo: Siamo arrivati in studio. La prima session era Bellissimissima. Lui è arrivato con questa idea in studio di chitarra-marcia che aveva abbozzato.
Marco: È stato molto a getto, molto veloce. La avevamo al 90%.
Lorenzo: Sì, poi ci sono stati nove mesi di parto, letteralmente è durato quanto un parto per le piccole rifiniture per l’estate dopo. C’è sempre il brividino dell’ultimo giorno anche a chiedersi se uscirà o meno. Poi alla fine a maggio è uscito il pezzo.
Marco: I pezzi che vanno più forti in classifica sono di base quelli con cui tu arrivi con un’idea forte, la lavori subito a getto e il brano esce. E si sente che il brano è forte.
E invece cosa proprio non vi piace delle produzioni nella scena musicale contemporanea?
Gabriel: Notiamo che c’è molta monotonia, specialmente nel lato della musica urban. Non per scarsità dei produttori, ma più altro per una questione che tanti sono accomodati. Magari tanti produttori hanno fatto successo e tanta gente secondo me ha perso un po’ la passione, la voglia di fare cose nuove, di innovarsi e questo poi porta a riciclare un suono che va avanti comunque negli anni. Poi c’è anche da dire che ci sono delle dinamiche molto più grandi di questo, perché magari ci sono anche le case discografiche che cercano determinate cose. È difficile portare qualcosa di nuovo. Dunque, anche per noi che lavoriamo e che facciamo musica non è sempre facile.
Lorenzo: È più la pressione dell’ industria sulla musica stessa. Cioè, la musica ha bisogno di tempo, ha bisogno di respirare. Il problema non sono le produzioni o i colleghi. Bisognerebbe dare più spazio alla musica, più tempo per ascoltarla e godersela.
Voi cosa fate per sconfiggere la monotonia dei suoni?
Marco: Beh, un esempio, è provare a portare un artista che è conosciuto prevalentemente per quel genere, totalmente in un altro mondo. Spesso ce la fai, spesso non ce la fai, però quello almeno riesce a rompere un po’ di barriere anche che dettate degli ideali, dell’artista che magari fa successo solo con canzoni reggaeton, ad esempio. Serve fargli uscire dagli schemi o magari portare in session un autore diverso, che scrive delle cose diverse, cioè comunque influenzarli anche a livello di scrittura, secondo me aiuta.
Dove vedete i Room 9 da qui a cinque anni?
Lorenzo: Sicuramente fuori col nostro progetto. Il nostro obiettivo è sicuramente un producer album in collaborazione con gli artisti che più stimiamo. Probabilmente far scoppiare anche un progetto da zero: far esplodere un emergente e tenere le fila del percorso ci darebbe sicuramente soddisfazione.
Marco: E andare a Sanremo. Andare ripetutamente a Sanremo. È il palco più grande. Sicuramente affermarsi di più sia nel circuito estivo che in quello del Festival.
State già lavorando a questi progetti?
Marco: Diciamo che stiamo lavorando ai tre punti.
Lorenzo: Possiamo dirti che dai sulla questione producer album stiamo cominciando a mettere da parte le idee. Per gli emergenti abbiamo qualcosina, stiamo cercando di guardarci intorno. E per Sanremo stiamo provando.
Gabriel: Niente è certo però. Ci si prova e poi scopriremo quando li annunceranno.
Tutti: Incrociamo le dita!