#sanremopernoi, Giovanni Truppi: un cantautore “puro” al Festival
L’artista napoletano, forte di una carriera ormai più che decennale, porta a Sanremo un brano già molto apprezzato dalla critica: Tuo Padre, Mia Madre, Lucia. Lo abbiamo incontrato a margine degli impegni festivalieri
Fra le tante proposte musicali di Sanremo 2022, non c’è dubbio che il mondo del cantautorato classicamente inteso sia incarnato da Giovanni Truppi. Con oltre dieci anni di carriera e tantissimi live alle spalle (che celebra nella nuovissima raccolta Tutto l’Universo), è con una reputazione già solida che l’artista napoletano porta al Festival il brano Tuo Padre, Mia Madre, Lucia. Per la stampa è già uno dei testi più raffinati di quest’anno.
«La prima volta che ho pensato di presentarmi a Sanremo fu una ventina d’anni fa», ci racconta a Sanremo per noi. «Ho sempre pensato che se si fosse presentata l’occasione, rimanendo me stesso, l’avrei fatto volentieri. Dal momento che avevo questa canzone, che penso mi rappresenti molto, l’ho proposta, anche senza troppe aspettative. Non davo per scontato che avrei suscitato interesse».
Gli chiediamo in cosa consista per lui l’essenza del mestiere del cantautore, condensata negli ultimi versi del suo brano Mia: «Le ultime parole della canzone sono: “Lo sai, ci sono persone, posti ed emozioni che voglio sempre con me e allora li metto dentro le canzoni”. Letteralmente io faccio questo. Quello che mi muove artisticamente è immortalare qualcosa che mi colpisce: una persona, una situazione, un racconto, un’idea».
L’anno scorso Giovanni Truppi ha pubblicato il suo primo libro, L’avventura, in cui racconta un viaggio lungo l’intero perimetro costiero dell’Italia. Lo stesso che fece Pier Paolo Pasolini per il libro La lunga strada di sabbia: una coincidenza? «No, avevo in mente il modello pasoliniano perché l’idea mi è venuta proprio leggendo quel libro. Mi aveva colpito quell’itinerario, a cui non avevo mai pensato pur essendo così iconico. Non mi capacitavo di come non fosse un itinerario famosissimo. Fra le cose che mi ha lasciato c’è soprattutto l’esperienza di essere molto calato nel momento presente. Normalmente siamo “distratti”, pensando al passato o al futuro. Invece, il fatto di andare in giro con l’obiettivo di raccontare quello che mi accadeva mi ha fatto molto riflettere».