SLF, Siamo La Fam: tutto sulla crew napoletana di Lele Blade e Vale Lambo. L’intervista
Esce domani “We The Squad – SLF Mixtape Vol.1”, il nuovo mixtape del collettivo partenopeo composto dai due rapper e da MV Killa, Yung Snapp e Niko Beatz
Li stiamo apprezzando sempre di più ad ogni loro nuovo singolo, solista, in coppia o in collettivo che sia. SLF, acronimo di Siamo La Fam, è la famiglia formata MV Killa, Yung Snapp, Lele Blade, Vale Lambo e Niko Beatz. Dopo i singoli Ready e Travesuras, la gang partenopea è ora pronta per l’imminente pubblicazione, domani, di We The Squad – SLF Mixtape Vol.1 (Columbia Records Italy/Sony Music Italy).
Di diverse formazioni che negli ultimi anni si sono fatte largo nel panorama discografico, dal Nord al Sud Italia, la loro è di certo una delle più centrate, esattamente a metà tra l’eredità del loro passato e la visione del futuro che li aspetta. È grazie alla loro riconoscenza, e anche un po’ alla loro voglia di far evolvere gli insegnamenti che l’hip hop d’altri tempi gli ha dato, che oggi è arrivato un mixtape ricco di spunti di cui parlare.
Se c’è un nuovo punto di riferimento nella scena campana, fatta di artisti sempre più consci del loro lavoro e con la voglia di distinguersi senza primeggiare, è proprio SLF: con loro tanti amici (come Geolier) e artisti di spessore che hanno creduto in loro (Fabri Fibra), in un progetto in cui non c’è un genere in cui rientrare per forza, né l’incombente ansia dei numeri. C’è la grande voglia di aprire il proprio bagaglio (culturale) e metterlo a disposizione della creatività, in un disco tutto da ballare ma anche da gustare con calma, per assaporarne tutte le cangianti sfumature.
MV Killa: Sì! L’abbiamo ricollegato anche alla storia che per noi parte anni e anni fa. Abbiamo cominciato ad ascoltare l’hip hop con i mixtape, perciò si lega a un approccio, che è diverso anche rispetto alle cose che facciamo singolarmente. È una cosa che volevamo fare no limits, nonostante sia un progetto con basi inedite e con un sound ricercato, ma ci siamo approcciati in modo leggero ai canoni del mixtape.
Lele Blade: Diciamo che il mixtape non è mai poi realmente scomparso in Italia, c’è chi lo fa ancora! È una cosa diversa rispetto a un album, in cui magari si segue un altro tipo di filo logico.
MV Killa: È nato tutto in modo molto organico. Noi condividiamo da quasi dieci anni lo stesso studio e quasi gli stessi percorsi di vita e artistici, perciò è molto facile trovarci in una stanza insieme, anche a divertirci! Ed è stata proprio questa la chiave che ha fatto sì che il mixtape si realizzasse. Non ce lo siamo detti né ci siamo seduti a tavolino, l’abbiamo fatto quasi senza accorgercene, ci siamo uniti in studio solo per finalizzarlo.
Yung Snapp: Sì, l’idea del mixtape era un po’ nelle teste di tutti, solo che non si è trovato mai il tempo di metterci là a dire “ok, ora lo facciamo”. Siamo sempre tra di noi in studio, quindi magari una volta usciva un pezzo e lo parcheggiavamo da una parte, poi un altro… E si sono create le fondamenta.
Lele Blade: Una delle cose che rende bello il nostro genere è il concetto di crew, che magari si è perso un po’. I ragazzi che si approcciano ora al rap credono che il rapper sia il personaggio da solo. Come ha detto MV Killa prima, noi veniamo da un background hip hop, sappiamo cos’è la crew, non ci siamo mai separati da quando i ragazzi avevano 13 anni e io 18. Abbiamo sempre fatto progetti insieme, lo stesso studio è condiviso con la crew.
MV Killa: Questa cosa aiuta anche il legame tra le persone. Anche nei progetti solisti, noi condividiamo le gioie con chi di noi raggiunge dei risultati. Non ci sono discorsi individualisti o di competizione.
Yung Snapp: Non c’è proprio un discorso individualista nelle cose che facciamo! Ora per esempio ci siamo trovati sul mixtape. E una cosa è fare l’artista da solo, e un’altra è mettercisi in cinque con un unico obiettivo. Ognuno influenza l’altro, e la cosa non può che arricchirci. Una volta che hai questo metodo di lavoro capisci che è anche migliore, ci aiutiamo a vicenda.
Lele Blade: Io credo che anche senza volerlo li abbia influenzati! Magari ascoltavo cose del Queens e Marcello (MV Killa, ndr)) si avvicinava anche lui a quella roba lì, iniziando così ad approfondire insieme.
MV Killa: Lele e Antonio (Yung Snapp, ndr) erano i due che cercavano di stare sempre un passo avanti.
Yung Snapp: Sì, certo. Anche se la Generazione Z ormai sta volando. Siamo noi ora i vecchietti, capito?
MV Killa: Anche se fortunatamente l’età nella musica non esiste. L’età è una cosa che hai in testa, si può essere vecchi anche a 20 anni, musicalmente, negli ascolti.
Lele Blade: Sì. E anche se ci siamo allontanati molto da quel genere, per un fattore di evoluzione. In un certo senso a Napoli si tendeva sempre a tenere la cosa abbastanza di nicchia. Le persone che mi hai elencato, tranne La Famiglia, che come i Co’Sang hanno oltrepassato i “limiti”, tendevano sempre a ghettizzare, a considerarla una “lobby” di persone che fanno una cosa chiusi in uno scantinato. I 13 Bastardi quasi non volevano che altri, come noi, facessero rap. Per dirti: il più grande ora ha tipo 50 anni, potrebbero essere i nostri padri.
MV Killa: All’epoca c’era più l’orgoglio del ghettizzare la cosa che prenderla come uno scambio culturale. Ho capito a cosa ti riferisci nel disco. Quei punti sono parte di un discorso che vuole evidenziare che non siamo quei ragazzi messi lì a caso e che ora fanno un mixtape. La maggior parte di noi ha iniziato nelle jam, abbiamo iniziato a fare questa roba per strada. Era bello anche sottolinearlo in modo significativo e personale, diciamo, come omaggio a dove veniamo. Non siamo i ragazzi che seguono la tendenza del momento e allora si fa tutto per quello. Noi abbiamo un percorso nostro e delle influenze che volevamo mostrare.
MV Killa: Io personalmente vorrei che fossimo un punto di rottura. È un dire: “Generazioni future, prendete esempio da noi, voi che iniziate, prendete esempio dal nostro approccio, dal concetto di crew”. Che poi non si fa più per strada, però magari possiamo essere l’ultimo faro generazionale che ha l’infarinatura e il background che ti possono mostrare qualcosa di positivo in questa cosa qui.
Lele Blade: Siamo nell’era delle criptovalute, del metaverso e dell’universo parallelo. Credo che in generale porsi dei limiti del genere sia veramente da stupidi. Non voglio offendere nessuno, ma è quasi un problema di chi non capisce, per me. Io a volte mi faccio dei problemi nell’utilizzare delle parole, perché è ovvio, non bisogna eccedere. Poi si diventa anche incomprensibili. Però devo dire che mettere dei segnali per far capire che ci stiamo evolvendo sia una cosa buona.
MV Killa: Io la vedo anche come un’opportunità. Sai anche il genere nostro si presta, non è un contesto cantautorale, dove portiamo la canzone pop chitarra e voce. Il genere e il sound ti trasportano anche tramite la sonorità e le vibrazioni, non ci poniamo questo limite. Non sono pezzi “impegnati”. Abbiamo voluto sottolineare questa cosa anche con dei trailer richiamando anche la Fam italo-americana, i Soprano, quelle radici campane ma che erano in America. E l’abbiamo resa un’estetica appetibile.
Yung Snapp: Questo concetto dell’italo-americano a Napoli poi è una cosa che va avanti da una vita. È sempre stato un po’ così, ma è semplicemente stata modernizzata e attualizzata al 2022. C’è un po’ di tradizione in questo, è un mix.
Lele Blade: Brava. Guarda gli artisti latini, non credo facciano musica solo in estate! Bad Bunny fa il reggaeton a dicembre. Noi veniamo anche da un paese in cui la musica latina si ascolta tanto, a Napoli, ma così in tutta Italia: è leggera, fa ballare, piace e piace anche a noi. Relegarla solo all’estate è una cosa un po’ pallosa! Certo poi se ci fossero stati i locali aperti, sarebbe stata un’altra cosa. Per sdoganare questo fatto sarebbe bastato pomparla in giro tutti i weekend!
MV Killa: E poi se il singolo fosse uscito in estate sarebbe sembrato fatto apposta.
Yung Snapp: Napoli per come la vedo io la paragoni sempre un po’ alla Spagna, è divertente, vuole pariare, come si dice qua. Anche se il singolo non è proprio latinissimo, è denso, è un bell’ibrido.
MV Killa: No, non ci siamo incontrati in studio perché eravamo molto occupati a concludere il mixtape con tempi piuttosto corti. 18 anni è un pezzo di classico hip hop, e lui per me è come se fosse il Jay-Z del rap italiano. Io personalmente da bambino mi sono avvicinato al rap con lui come primo artista mainstream. Fibra è stato super disponibile e professionale, veramente in una settimana (anche meno) ci ha mandato la strofa ed è stato molto entusiasta del risultato.
MV Killa: È un affiliato! Lui è piccolo, ha 20 anni, e in questi ultimi anni da quando è uscito con le prime cose abbiamo condiviso lo studio vecchio, poi quello nuovo, è un nostro amico nella vita oltre che nella musica. E poi lui ha sempre mostrato una grande stima verso di noi, sin dai primi pezzi.
MV Killa: Io credo che le wave ci siano e ci saranno sempre a livello di mercato. Però per noi è la dimostrazione del fatto che non ci leghiamo a una wave, andandoci sopra. Noi la creiamo, vogliamo essere la wave.
Lele Blade: La wave non vuol dire però fare un solo genere. Fare un disco di 17 tracce tutto trap, o tutto dancehall, non so, non dà molti stimoli.
Yung Snapp: Noi non ci siamo mai assegnati un vero genere, ma proprio nelle nostre vite, anche con i lavori solisti siamo stati sempre molto vari, i nostri album sono trasversali.
Lele Blade: Magari sì, siamo anche inimitabili, e quindi imprevedibili. Se non sai che linea sto seguendo, è difficile imitare. Per dirti: quando ho fatto Loco, un mix tra reggaeton e trap, qualcuno ci ha provato. Ma io non mi sono fermato più a quello!
Yung Snapp: Non è neanche una cosa tanto a caso. Magari, una cosa che posso dire, è che c’è molta knowledge, è una cosa che abbiamo da una vita. C’è molto – non vorrei dire – “studio”, perché è più conoscenza, musica ascoltata.
MV Killa: Ognuno di noi porta la sua “valigia” in studio, si mettono tutte lì insieme e si aprono.
Yung Snapp: Abbiamo il trolley, la media e la grande, per ora abbiamo aperto la 24 ore!