Con “ATE” gli Stray Kids hanno ancora fame: «Non abbiamo paura che qualcuno “mangi” la nostra fortuna»
Prima del loro primo concerto in Italia agli I-Days Milano Coca-Cola abbiamo chiacchierato con la band K-pop e ci siamo fatti raccontare sentimenti, ispirazioni e qualche dettaglio sul nuovo EP in uscita questo venerdì
Scorrendo i titoli dei brani del nono EP degli Stray Kids ATE, salta all’occhio la penultima canzone. Capire di cosa parli STRAY KIDS è facile, basta guardare e ascoltare i primi secondi del breve teaser rilasciato su YouTube dalla JYP Entertainment. Non solo per via delle immagini che ripercorrono alcuni dei singoli più significativi della band K-pop, ma anche per gli accordi di synth che, sebbene più puliti, sono gli stessi di Hellevator, opening track del loro EP di pre-debutto Mixtape del 2018.
«We made it on our own» canta Felix nell’inedito che potremo ascoltare da venerdì 19 luglio. Ed è a grandi linee la stessa cosa che mi dice quando, prima del loro primo show in Italia agli I-Days Milano, chiedo alla band, facendo riferimento allo slogan Who ATE the luck?, se avessero mai avuto paura che qualcuno potesse “mangiare” la loro fortuna. Come prevedibile la risposta è stata negativa.
Il fatto che a quella particolare domanda dell’intervista, tra tutti i componenti degli Stray Kids, abbia risposto proprio Felix è un ulteriore indizio. Lui, insieme a Lee Know, ha rischiato di non far parte della band. Durante il reality show a eliminazione con cui la JYP voleva dare vita a un nuovo gruppo K-pop, i due artisti vennero inizialmente eliminati, salvo poi essere reinseriti. Inizialmente composta da nove membri, diventati otto (numero che ritornerà spesso) dopo l’uscita di Woojin, la band ha dovuto e saputo cogliere le occasioni.
Bang Chan, Changbin, Han – 3Racha, il nucleo che produce e scrive tutti i pezzi – hanno fin da subito reso gli Stray Kids unici nel vasto panorama del K-pop. Motivo per cui definizioni del tipo “i nuovi BTS” non hanno senso. Gli Stray Kids sono semplicemente un’altra cosa. Più elettronici, più rumorosi e vicini al rock. Con uno stile talmente complicato da inquadrare che, persino in patria, sono dovuti ricorrere a una similitudine culinaria: mala taste music. Una musica che ha lo stesso sapore piccante della salsa cinese a base di peperoncino di Sichuan.
Rompere il ghiaccio
L’energia che gli otto sprigionano dal vivo e che, prima di vederli all’Ippodromo La Maura, avevo potuto solo vedere nei video online, l’ho percepita in realtà già nel backstage. Non fin da subito, in realtà. Sedersi da soli, a qualche metro di distanza davanti a una band da record, il cui terzo album 5-STARS è stato il secondo più venduto al mondo secondo IFPI, con l’ansia di dover riuscire in poco tempo a entrare in sintonia non aiuta. Il ghiaccio per fortuna si è rotto nel tempo di un saluto in un coreano, masticato frettolosamente e male, che ha però acceso la band.
Sono seguiti venti minuti durante i quali, a turno e in base al coinvolgimento della domanda, gli otto hanno alternato coreano e inglese. Hyunjin è sembrato il più incline ai ricordi e alla nostalgia insieme a Lee Know che, maestro dell’ironia, non si è capito se rimpianga o meno i tempi delle audizioni a porte chiuse. Tra l’altro, quest’ultimo può vantare un’esperienza come ballerino dei BTS prima della carriera con la band attuale. Seungmin ha invece un metronomo pure nelle interviste, mentre Han animava il gruppo durante le pause. E poi il più giovane della band I.N al quale è affidata la risposta sul futuro.
Che cosa abbiamo scoperto da questa intervista esclusiva agli Stray Kids? Beh, che il loro rapporto con gli STAY è viscerale ed è il carburante della loro ispirazione (Sì, questo aspetto ricorda la relazione tra gli ARMY e i BTS). Poi gli show dal vivo, le coreografie e le oltre cento canzoni scritte per ATE. E se il pop di Losing My Breath con Charlie Puth aveva fatto temere un “ammorbidimento” sonoro, no problem: il nuovo EP è molto Stray.
L’intervista agli Stray Kids
Fin dal vostro esordio avete abituato i fan alle sorprese, ogni disco suona diverso. Cosa dobbiamo aspettarci dal vostro nuovo EP ATE?
Changbin: Sì, ci fa piacere che venga sottolineata questa cosa. L’evoluzione è la nostra caratteristica principale e anche in questo nuovo progetto rimane centrale. Le canzoni che abbiamo scritto per l’EP esplorano generi differenti da quelli che solitamente abbiamo sperimentato. Ci siamo basati molto sulle emozioni, i sentimenti e le esperienze che abbiamo vissuto recentemente: tutto questo è confluito nei nuovi brani.
Quante canzoni avete scritto in totale?
Bang Chan: Ohhh, non ricordo. Sicuramente più di un centinaio (ride n.d.r.).
Han: Sì, abbiamo scritto veramente tante canzoni perquesto nuovo EP. Siamo partiti dall’obiettivo principale che, appunto, era proprio quello di portare un cambiamento. Quest’esigenza ci ha, di conseguenza, poi condotto in territori nuovi. I generi diversi che convivono nel disco e la varietà stilistica di ATE sono venuti fuori in maniera naturale, ma sono anche frutto di tanta scrittura. Questo ci ha aiutato ad avere uno spettro più ampio.
Come avete scelto il concept di questa nuova era?
Bang Chan: È stato un lavoro collettivo, tutti noi abbiamo pensato molto a quale dovesse essere il titolo di questo nuovo EP. Alla fine, abbiamo scelto ATE perché dà vita a un gioco di parole. In inglese è il passato del verbo mangiare ed è come se indicasse che abbiamo “mangiato” e dimostrasse la nostra passione per la musica. Poi si pronuncia come il numero (si legge come la parola eight) che ci rappresenta, in quanto siamo in otto, e per noi è sempre stato importante. Anche le tracce dell’EP sono otto. È l’inizio di un nuovo viaggio e noi siamo pronti e desiderosi di mostrare a tutti questo nuovo progetto.
Nel teaser del nuovo EP c’è lo slogan “Who ATE the luck?”. Avete mai avuto paura che qualcuno potesse “mangiare” la vostra fortuna?
Felix: Ad essere sincero, credo che nessuno possa metaforicamente “mangiare” la fortuna di qualcun altro. Nel nostro caso siamo arrivati a questo punto della nostra carriera, oltre che della nostra vita, per merito nostro, cogliendo le occasioni giuste. Sento che solo noi, per la strada artistica che abbiamo intrapreso, avremmo potuto farlo. Sicuramente col tempo abbiamo acquisito molta più sicurezza e fiducia in noi stessi e in questo gli STAY ci hanno aiutato molto, dagli inizi fino a oggi.
Avete parlato di evoluzione prima, da cosa vi lasciate ispirare nella produzione e nella scrittura quando iniziate a lavorare su un nuovo progetto?
Bang Chan: Difficile dare una singola risposta, siamo influenzati da molte cose. Io, Changbin e Han, come 3Racha, il songwriting team degli Stray Kids, prendiamo ispirazione dalle nostre esperienze personali e ovviamente anche da quelle degli altri componenti della band. Ma più di ogni altra cosa ci lasciamo guidare anche dalle reazioni dei nostri fan. Sono sparsi in tutto il mondo e ci motivano a provare nuove cose e ad affrontare nuovi temi. Qualsiasi cosa di cui parliamo ha sempre a che fare con la nostra vita e quella degli STAY.
Le scelte scontate non vi sono mai piaciute, come recita anche il titolo del vostro secondo full length album Noeasy, e non è sempre stato facile per voi. Il vostro stile all’inizio era considerato troppo “noisy” appunto, troppo rumoroso. Come avete vissuto quel periodo?
Bang Chan: Quando ci arrivano dei feedback o delle critiche, noi li prendiamo sempre in maniera positiva. In fin dei conti sono solo opinioni riguardo alla nostra musica e al nostro lavoro. Si tratta di un percorso e un processo di apprendimento continuo. Spesso riusciamo ad affrontare le critiche grazie al supporto dei fan che apprezzano quello facciamo e ci permettono anche di sperimentare nuovi stili. Siamo cresciuti insieme a loro in tutti questi anni.
Nel vostro nuovo EP c’è un brano autobiografico intitolato Stray Kids. Il teaser della canzone mostra i momenti salienti della vostra carriera. Compiendo un passo indietro, quale è il momento più bello che ricordate?
Hyunjin: Ce ne sono molti, sicuramente tutti quelli passati con il nostro pubblico. Quello a cui sono più affezionato è il primo concerto che abbiamo fatto. Per noi, non solo è stato un nuovo inizio, ma anche il primo contatto con gli STAY. È stata un’esperienza incredibile durante la quale ho provato molte emozioni e che, come band, ci ha permesso di crescere e trovare un nostro colore.
C’è qualcosa che invece vi manca del vostro periodo da trainee?
Lee Know: Mi ricordo i momenti in cui dovevo esibirmi da solo, senza i miei compagni di band, davanti a delle persone che non conoscevo. Un po’ mi mancano quei momenti…(ride n.d.r).
Han: Davvero ti mancano quei momenti!?
Una delle componenti principali dei vostri show sono le coreografie. Da dove partite per la loro creazione?
Hyunjin: Visto che le canzoni le scriviamo noi, abbiamo un’idea chiara di cosa vogliamo fare sul palco. Quando eravamo ancora dei trainee abbiamo lavorato molto da soli sulle singole esibizioni. Oggi abbiamo molte collaborazioni con diversi ballerini e questo ci dà l’opportunità di scambiarci idee a vicenda e creare delle performance sempre più elaborate.
Quale è la più complicata da eseguire?
Seungmin: Credo sia quella di Thunderous. In generale, una volta che si è imparata la tecnica, copiare la danza è facile, ma trasmettere delle emozioni attraverso essa è molto difficile.
Spesso incorporate anche elementi della cultura tradizionale nelle vostre performance.
Seungmin: Sì, il nostro pubblico ha iniziato a farci caso quando, nel nostro primo concerto dopo il Covid, nella performance di MANIAC abbiamo inserito dei dettagli della cultura tradizionale coreana. Per noi sono molto importanti anche se comunque cerchiamo sempre di unirli ad altri elementi di culture diverse che amiamo allo stesso modo.
Come vi immaginate il Megaverse degli Stray Kids nel prossimo futuro?
I.N: Changbin sarà arrivato sulla luna (ride n.d.r.). Io mi immagino di fare sempre più concerti su palchi giganteschi come quello di stasera degli I-Days di Milano.