“Come una spiaggia di Swarovski”: Francesco De Leo racconta il nuovo album
Le otto tracce del disco sono tutte quante dei perfetti esempi di pop elettronico dalla timbrica sensuale e carezzevole
Quello di Francesco De Leo è un nome di cui si trovano già tracce nell’indie italiano degli anni Zero, quando era leader di un progetto che sarebbe bello riscoprire, L’Officina della Camomilla. Nel 2018 il piccolo culto aggregatosi intorno al gioiellino pop La Malanoche, esordio solista prodotto da Giorgio Poi e pubblicato da Bomba Dischi / Universal Music, collocava il giovane autore fra i talenti significativi che stavano dando vita a una nuova declinazione di indie italiano. Quattro anni dopo Francesco si ripresenta con una nuova raccolta completamente autogestita, Swarovski, un nuovo live e tanta voglia di dire la sua.
Sono canzoni fresche, intelligenti, intrise di una loro poetica e gentile bizzarria. Il chiacchiericcio mediatico creatosi a seguito della divulgazione in rete di un litigio con Calcutta durante l’ultima edizione del Mi Ami potrebbe rischiare di togliere attenzione alla sostanza artistica del disco. Noi siamo qui a parlare di musica.
Swarovski esce per un’etichetta tutta tua, la Hachiko dischi, la cui ragione sociale è – immagino – ispirata al film di Lasse Hallström. Come mai questa scelta?
Perché ci tenevo ad avere piena libertà di scelta durante tutta la vicenda legata alla produzione di un mio disco, dalla scrittura alla produzione, fino agli aspetti promozionali e ai live.
Cosa significa il titolo del disco?
È un modo di parlare di qualcosa di pregiato fra l’evocativo e l’ironico.
Ai tempi de L’Officina della Camomilla volevi un progetto solo strumentale, ma tra una cosa e l’altra hai finito sempre col fare da vocalist. In questo disco invece ce l’hai quasi fatta a non cantare, giusto?
Quasi, ci devo ancora lavorare. Vedremo col terzo disco. Volevo fare una cosa diversa rispetto alla figura classica del cantautore, essere un regista dietro le quinte. Così ho scritto le canzoni e poi ho chiamato una serie di voci femminili a interpretarle.
Che mi dici della partecipazione di M¥SS KETA?
C’è stato uno scambio creativo molto fitto. Infatti ho prodotto una traccia del suo ultimo album, che è fantastico. Ha cantato nel brano che dà il titolo al disco, l’unica traccia in cui si sente la mia voce.
Lucia Manca?
È stata bravissima a immedesimarsi nel mood un po’ morboso di Guilty Pleasures. Nel pezzo c’è anche Populous, che aggiunge delle percussioni elettroniche, col suo gusto raffinato.
In Chloë Sevigny Sosia tu che parte fai? Quella di Vincent Gallo in The Brown Bunny o quella di Siniša Mačković, il neosposo radical chic di Chloë?
È una costruzione della mente, un sogno bagnato da adolescente, in cui il ruolo della femme fatale iniziatrice viene interpretato da Rachele Bastreghi. Il pezzo ha un suono un po’ French Touch, un po’ Beach House, grazie anche al mix e mastering di Matilde Davoli.
In Serpente invece c’è la collaborazione della indie-chanteuse Vipera, ma anche di uno dei migliori bassisti della scena italiana, Bruno Belissimo, già con Colapesce e Alan Sorrenti. Possiamo definirlo un pezzo italo-disco?
È una canzone sulla tentazione, colta da un punto di vista psicanalitico, alla maniera di Jaques Lacan, che infatti è citato nel testo.
Com’è andata con cmqmartina?
Benissimo! Lei è super professionale in Top Model. Seguo Martina dai tempi del primo singolo. È veramente molto brava.
Swarovski ha anche un gran finale…
Sì, Bye Bye Bertolucci, con piano jazz suonato dal vivo in studio, un mood alla Umberto Bindi e la straordinaria interpretazione di Maria Antonietta. Oltre che un omaggio a Bertolucci è una fantasia retrò sul ‘900, il secolo breve, che infatti si è dileguato per sempre.