Il ritorno del nordico synth-pop con un tocco spleen di Jaakko Eino Kalevi
Il songwriter finlandese Jaakko Eino Kalevi ci parla del suo nuovo lavoro appena pubblicato, il convincente “Out of Touch”
In esclusiva per Billboard Italia il songwriter finlandese Jaakko Eino Kalevi parla del suo nuovo lavoro appena pubblicato, il convincente Out of Touch (Domino / Self). Jaakko ha già all’attivo ben cinque album ma in Europa e nel nostro Paese si è fatto conoscere grazie al suo ultimo omonimo lavoro del 2015, facendosi notare addirittura da David Byrne che lo ha chamato a suonare nel suo recente disco, American Utopia. Le sue sonorità richiamano tantissimo il synth pop degli anni ’80, con un tocco melanconico che porta alla memoria il lirismo cinematografico degli esordi del suo connazionale, il cineasta Aki Kaurismäki.
Hai fatto tantissime cose diverse: hai lavorato sotto vari pseudonimi, in sei o sette progetti, per quattro o cinque etichette. Hai bisogno di questo stile di vita “nomade” per realizzare te stesso e le tue visioni musicali?
Sì, è una cosa che aiuta, più che altro in questo momendo non ho uno studio di registrazione e ne ho bisogno. Per il nuovo album ho lavorato in un paio di studi qui a Berlino ed è bello avere uno spazio dedicato. Prima di allora ero solito registrare a casa o in sala prove e adesso forse mi sto abituando a questa nuova situazione da studio.
Dev’essere difficile cambiare spontaneamente il posto in cui vivi…
Sì, quello è l’altro lato della medaglia. È più bello trasferire su una registrazione una determinata situazione. A volte è noioso quando in studio hai tutte le possibilità e semplicemente procedi come da manuale e fai le cose nel modo “corretto”.
Ti piace essere “out of touch” quando lavori in studio di registrazione?
Mi pare che funzioni ma a dire il vero io comunico con il mio manager e lui a sua volta comunica con l’etichetta.
Il titolo riflette il desiderio di una persona che è sempre a contatto con tanta gente diversa?
Sì, si può dire così. A volte è pesante essere a contatto con tutto. Non so, penso che in genre essere “out of touch” sia una cosa un po’ negativa. Ma alla fine sei sempre a contatto con qualcosa.
Il disco è stato scritto a Helsinki e a Berlino. Qual è il legame fra le due città?
È stato scritto per la maggior parte a Berlino perché era qui che lavoravo in studio. Le parti vocali sono state registrate a Helsinki. Ci torno abbastanza spesso: è lì che ho passato quest’estate. Ho vissuto a Helsinki per molti anni e per me è casa.
Per quanto tempo ci hai lavorato in totale?
Direi in tutto due anni, se li conto da quanto ho preso lo studio di registrazione a Wedding (quartiere di Berlino a nord ovest di Mitte, ndr), un bellissimo studio.
Come ci dobbiamo immaginare il processo di scrittura e di registrazione? Sei un tipo abbastanza collaborativo?
Di solito, quando vado in studio, registro e lavoro da solo. Poi ovviamente se ci sono altre persone con cui devo registrare, per esempio dei guest vocals, entrano anche loro.
Hai coinvolto altre persone per Out of Touch?
Per quest’album non troppo, ma è bello avere qualche tipo di riscontro.
Stesso procedimento del tuo penultimo album: hai registrato tutto tu.
Sì, su quest’album suono tutto. Le uniche eccezioni sono le parti vocali femminili e in un pezzo c’è un solo di sassofono suonato da un’altra persona. In realtà anch’io lì suono il solo ma è “doppiato” da un altro musicista che suona la stessa cosa.
Come si evolvono le canzoni?
In diversi modi. In genere si parte con una piccola idea, che può essere una linea melodica, una frase, un beat, una linea di basso, e poi inizi a improvvisarci sopra o a sviluppare l’idea.
Hai fatto qualcosa diversamente rispetto ai precedenti album?
Non l’avevo deciso a proprio ma alla fine per quest’album ho usato sostanzialmente solo tre tastiere. Mi sembrava giusto darmi un limite di quel tipo.
Hai mai problemi a dire: “Ok, va bene così. Non devo aggiungere più nulla”?
No, per me è facile smettere. Quando vedo il modo in cui alcuni miei amici fanno musica, trovo che abbiano uno stile un po’ diverso. Alcune persone vogliono rifinire di più il tutto. Ma a me piace un po’ grezzo.
Una volta hai detto che per te i testi non sono così importanti. Hai cambiato idea?
No, lo penso ancora. Voglio dire, i testi sono importanti ma ho l’impressione che in gran parte della musica che ascoltiamo lo siano troppo. E poi per me non ha molto senso avere una storia che potrebbe benissimo esistere come testo stampato. Prima la musica.
Vuoi comunicare un messaggio con questo album?
Il significato delle canzoni cambia spesso. Con le mie non succede tanto spesso quanto agli altri ma comunque ci penso molto. A volte mi dico: “Ok, ha questo tipo di taglio, potrebbe essere capita in questo modo”. È una buona cosa.
Quanto sei influenzato dal pop e dal rock contemporanei? Ascolti le nuove uscite?
Il modo in cui io ascolto musica è un po’ “radiofonico”. Ascolto molti mixtape e in quel maniera spesso non sai i nomi degli artisti che stai sentendo.
Cosa ti piace di più dell’ascolto via YouTube?
L’algoritmo è ottimo ma anche pericoloso al tempo stesso. Una volta ho fatto un afterparty a casa mia, tutti sono crollati addormentati con YouTube che andava ancora. Mi sono svegliato il mattino dopo e c’era un pezzo dei Nickelback! Ho ripercorso la cronologia e c’erano una ventina di canzoni di Nickelback e Three Doors Down…