Third Man Pressing: il vinile secondo Jack White
La Detroit post-industriale è la culla di Third Man Pressing, fabbrica che dal 2017 stampa alcuni fra i vinili più belli in circolazione. A fondarla Ben Blackwell (che intervistiamo) e Jack White, entrambi “Detroiters” doc
Non poteva che essere Detroit – “una città pazzesca, stupenda e commovente”, come afferma il socio di Jack White e co-fondatore di Third Man Pressing, Ben Blackwell – il posto giusto per dar vita a un’operazione tra l’industriale e l’artigianale: un luogo dove il vinile prende forme (colorate) in una fabbrica bellissima e luccicante in cui convivono macchinari tedeschi antichi ma solidi ed efficienti insieme a modernissimi sistemi di areazione. Facciamo un viaggio dentro le stanze della produzione di Third Man Pressing, seguendo proprio Ben, in questa fabbrica magica e linda che produce non solo vinili ma anche favolosi gadget e giallissimi giradischi portatili. Un paradiso per i cultori.
Conosci Jack White da molti anni e hai fatto parte di una fantastica band, The Dirtbombs. Mi piacerebbe sapere: quando è saltata fuori l’idea di una fabbrica di vinili? E oggi, dopo tutto ciò che hai fatto, pensi di avere ottenuto esattamente quello che volevi?
Ai tempi in cui gestivo la mia etichetta discografica a Detroit, la Cass Records, ero sempre entusiasta di qualsiasi aspetto della produzione di dischi di cui mi potessi occupare direttamente. Quando ho capito che potevo fare i label copy (i centrini dei vinili con le informazioni sul disco, ndr) senza pagare un grafico per disegnarli, con la possibilità di farli stampare dalla pressing plant risparmiando 100 dollari nel processo, ero in estasi. Ebbi l’opportunità di comprare un tornio molto rudimentale – qualcosa come dodici anni fa – e mi venne l’idea di produrre in proprio i miei master, presto realizzando che non sapevo nulla di ingegneria del suono e non conoscevo nessuno che mi potesse aiutare ad apprendere un processo così arcano. Questo era più o meno come mi sentivo riguardo alla stampa di vinili. Quando capii che non potevo trovare una pressa a 5000 dollari e lavorarci nel mio garage mi disinteressai abbastanza, soprattutto considerando tutto il vapore, l’acqua e i complicati elementi del procedimento. Ma nel 2015 è capitata una grande opportunità per uno spazio perfetto a Detroit, incredibilmente ideale per la sistemazione di una pressing plant. Non abbiamo mai voluto costruire una fabbrica a Nashville – sarebbe stato un po’ scortese nei confronti della United Record Pressing che è stata così preziosa per noi nei vecchi tempi (e lo è ancora oggi). E poi trovare la Newbilt (azienda tedesca che produce macchinari per la stampa di vinili, ndr) che produceva le nuove presse… Tutto aveva senso, così come il ritorno a Detroit, questo bastione dell’industria del 20° secolo, per costruirci una vera e propria fabbrica. Penso che lavoreremo sempre per rendere la nostra fabbrica migliore e più efficiente, ma soprattutto mi piacerebbe tantissimo realizzare in azienda anche l’electroplating (tecnica che permette di “metallizzare” i vinili, ndr) e il forming (la modellazione della matrice, ndr).
Come mai avete dato al logo di Third Man Pressing quel gusto anni ’50?
Non ci ho mai pensato in questi termini. L’ho sempre visto, piuttosto, come il logo di qualche cattivo di James Bond.
Quali sono secondo te le migliori fabbriche di vinili al mondo?
Sono convinto del fatto che ciascuna pressing plant del pianeta, in qualsiasi giorno, abbia il potenziale per stampare il migliore o il peggiore disco al mondo. Dipende tutto da quali sono le tue priorità. Sai, alcuni clienti preferiscono un tempo di produzione veloce e un prodotto accurato al 95% piuttosto che tempistiche più lente e dischi affidabili al 100%. Detto ciò, non esiste fabbrica di vinili al mondo in cui non lavorerei.
Cosa significa per te gestire una piccola fabbrica di vinili in una città come Detroit? Sembra quasi un intento politico.
Detroit è il posto da dove vengo io, da dove viene Jack (White, ndr), è dove gran parte delle nostre famiglie e dei nostri amici vivono ancora oggi. È una città pazzesca, stupenda e commovente – a volte tutto ciò nello spazio di un singolo isolato. Non so se l’intento sia strettamente politico, piuttosto ci piaceva l’idea di offrire alla gente posti di lavoro manifatturiero solidi e ben pagati e allo stesso tempo incrementare la produzione di vinili nel mondo.
Quando hai fatto ricerca per i macchinari volevi prendere tecnologie del passato e farle interagire con processi industriali contemporanei. Per esempio per la squadra di lavoro hai assunto “veterani” di una piccola azienda tedesca e in più riciclate tutto, l’unica dispersione sono i vapori. È stata una scelta o una necessità?
All’epoca le nostre scelte erano quasi interamente dettate dalla necessità. Non riuscivamo trovare presse usate da nessuna parte e non avevamo neanche idea di chi potesse ripararle all’occorrenza. Quell’azienda tedesca, la Newbilt, era l’unica che nel 2015 addirittura ne produceva di nuove: non c’erano altre opzioni! Fortunatamente quelle macchine e le loro capacità manuali ci sono piaciute, così ci è parso l’abbinamento perfetto.
Com’è il tuo giorno medio alla Third Man Pressing?
Giallo e nero dappertutto.
Mark Pinkus, CEO di Rhino, ci ha detto recentemente che le edizioni limitate e i packaging speciali permettono all’industria musicale di andare avanti. Lo pensi anche tu?
Sì, sono d’accordo. Pubblicare un LP su vinile nero con una confezione standard è una cosa che sta diventando sempre meno efficace. Quando vedi il lavoro pazzesco fatto da gente come quelli di Mondo, Greenway Records e Fonoflo Records, la cura e l’attenzione ai dettagli, la passione che ci mettono e quella che poi viene dimostrata dai fan… non c’è storia.
A proposito, ci dici qualcosa su quest’edizione speciale di Trout Mask Replica di Captain Beefhart?
Mi stupisco ancora ogni volta che dico che abbiamo ristampato un album pazzesco come quello! È tutto grazie al Zappa Family Trust che possiede i diritti sull’album, è stato un piacere lavorare con loro. Spero di stampare altri grandi dischi con loro in futuro.
Perché il vinile colorato funziona ancora?
Per lo stesso motivo per cui non si vendono solo macchine nere. I colori sono belli, le persone si legano emotivamente ad essi, si abbinano bene alle grafiche stampate. Come potrebbero non funzionare?
Di quali vinili stampati da Third Man Pressing sei particolarmente orgoglioso?
La mia risposta a questa domanda cambia regolarmente ma negli ultimi tempi sono stati motivo d’orgoglio la nostra release delle Hamburg Recordings dei Monks, il disco di Captain Beefhart, Houdini dei Melvins, Midwest Farmer’s Daughter di Margo Price e Texas Funeral di Jon Wayne.