Interviste

“Chromakopia” è la versione più onesta di Tyler, The Creator: l’intervista

Uno dei più grandi innovatori della musica degli ultimi dieci anni. Il suo ultimo album offre la sua musica più vulnerabile e personale. L’intervista di Rembert Browne per la cover di Billboard US

Autore Billboard US
  • Il12 Dicembre 2024
“Chromakopia” è la versione più onesta di Tyler, The Creator: l’intervista

Tyler, The Creator photographed by Luis Perez on November 20, 2024 at Quixote Studios in Los Angeles. Grooming by Nena Melendez.

«Bro, tutto quello che pensavo di sapere era sparito. Credevo di aver capito tutto. Le canzoni uscite da tre settimane sono salite in classifica più dei miei classici». È un martedì pomeriggio di metà novembre e Tyler, The Creator è ancora incredulo: da poche settimane ha pubblicato il suo nuovo album, Chromakopia, e la risposta del pubblico è stata qualcosa di diverso da tutto quanto avvenuto finora nella sua carriera. «È stata una fottuta crepa nella mia vita dal momento che in questo disco non faccio altro che piangere come una b-ch del fatto di aver raggiunto i 33 anni».

Tre giorni prima della nostra conversazione, l’artista aveva eseguito un set dedicato in gran parte all’album al Camp Flog Gnaw Carnival, un festival musicale di due giorni a Los Angeles che ha inaugurato nel 2012 e che continua a curare. Quest’anno è stata la decima edizione. Un momento trionfale per un evento che è iniziato con sette artisti e che ora è diventato un piccolo Coachella più accessibile – nel parcheggio del Dodger Stadium – completo di musica, cibo, giostre, merch e selezioni alla moda della linea GOLF di Tyler.

Al Flog Gnaw, Tyler è salito in cima a un container, indossando un abito verde da fattorino di un Emerald City un po’ bizzarra, una maschera a forma di busto con buchi ritagliati per gli occhi e un afro con due punte e una valle tra di esse. Un insieme con accenni alla Janet Jackson di Rhythm Nation (almeno dal collo in giù), e che Tyler mi ha descritto sia come Captain Crunch che come un dittatore gay. È l’uniforme del personaggio che interpreta ne suo nuovo album. Ossessionante e militante, l’ultimo alter ego che il nativo di Hawthorne, in California, ha creato.

Dopo aver eseguito i primi quattro brani, si è soffermato a ringraziare i presenti per il loro affetto e ha fatto sapere che Chromakopia era al primo posto della Billboard 200 per la terza settimana consecutiva. Solo Taylor Swift e Sabrina Carpenter hanno raggiunto un risultato tale nel 2024. «Fare questo, al mio decimo Carnival, nella mia fottuta città, di cosa stiamo parlando?” La folla ha applaudito: insieme, ce l’hanno fatta.

Il live al Carnival

Tyler, The Creator ha pubblicato il suo album di lunedì, invece che di venerdì: voleva che la gente iniziasse la settimana con Chromakopia, invece che nel cuore della notte, all’inizio del weekend. La decisione rifletteva tre aspetti distinti della sua personalità: mettere la musica al di sopra di tutto, rifiutare le norme dell’industria e la fiducia che, indipendentemente dal giorno della settimana, i suoi fan si sarebbero presentati.

«La speranza era che la gente ascoltasse attivamente, non insieme a migliaia di altre cose che escono ogni venerdì» dice Jen Mallory, presidente della Columbia Records, che pubblica la musica solista di Tyler da Flower Boy del 2017 e collabora con lui dal 2011. «Naturalmente, accorciare la settimana di uscita non è un’idea istintiva nel mercato di oggi, ma quando si presenta la creatività che Tyler ha affiancato all’album – trailer visivi, annunci di tournée, eventi dal vivo e altro – non potevamo declinare. E la risposta assolutamente massiccia indica che la sua ipotesi era più che corretta».

«Per un anno e mezzo ho continuato a dire a tutti: “Qualunque cosa pubblicherò, la pubblicherò di lunedì”» racconta Tyler. «Non farò quella stupida cosa del venerdì. Lo faremo uscire di lunedì e tutti lo sapranno». Il piano ha funzionato: quella settimana Tyler, The Creator ha conquistato il primo posto con Chromakopia, anche se si è giocato una settimana di vendite ridotta. Solo Beyoncé, Swift, Carpenter, Travis Scott, Billie Eilish e Kendrick Lamar hanno avuto una prima settimana di vendita maggiore nel 2024. «Sapevo che la gente sarebbe stata interessata, ma non mi aspettavo questo» dice ancora incredulo.

Tyler, The Creator chromakopia
Foto di Luis Perez

Dopo il breve discorso sul Flog Gnaw, Tyler è passato alle canzoni del suo repertorio. Ma anche se i fan hanno apprezzato il suo materiale precedente – cantando ogni parola di Dogtooth, facendo moshing su Lumberjack – c’era un’ansia palpabile per i brani del nuovo album. In genere, nei festival accade il contrario: i fedeli di un artista sono presenti soprattutto per vedere il loro beniamino dare vita ai suoi successi. Ma quel sabato sera, Tyler, The Creator si è esibito per persone che continuavano ad ascoltare Chromakopia da venti giorni. E mentre eseguiva il suo ottavo album in studio, la folla era al suo fianco, urlando a ogni parola, persino alle registrazioni con la voce di sua madre che compaiono in tutto l’album e risuonano come una voce dal cielo notturno della California.

Tyler e Sexyy Red hanno duettato e fatto scatenare la folla durante Sticky, una canzone molto divertente costruita intorno a trombe e fischietti. «Volevo qualcosa per la squadra di esercitazione durante i raduni» spiega Tyler, «qualcosa per la band da suonare nell’intervallo delle partite». Il suo desiderio si è avverato prima della sua esibizione: il Sonic Boom of the South dell’Università di Jackson State l’ha esaudito all’inizio della giornata, durante la partita contro l’Alabama State.

Ha poi ospitato ScHoolboy Q – che Tyler descrive come uno dei suoi pochi veri amici nell’industria musicale – per Thought I Was Dead e, dieci minuti dopo, ha eseguito Balloon con Doechii e Daniel Caesar, alimentando un coro per la rapper e ringraziando Caesar per il suo aiuto nel completare il disco. L’amore e l’apprezzamento erano al massimo, sia tra la folla che sul palco. «Ho amici che sono stati a tutti i concerti e hanno detto: “È il pubblico più rumoroso che abbia mai sentito”».

Ero preparato all’adorazione che Tyler riceve nella sua città, perché l’ho visto a giugno al Kia Forum di Inglewood, nella strada dove è cresciuto. Non era nemmeno il suo spettacolo: si trattava di The Pop Out: Ken & Friends, il primo concerto di Lamar da quando, in primavera, ha iniziato a litigare con Drake. «Non dovevo nemmeno andarci, ero ad Atlanta per lavorare all’album. Ma sono atterrato quella mattina e non potevo perdermi quella figata. E non soffro affatto di FOMO. Sono il tipo che va a dormire. Ma sono a posto con Kenny, Dave [Free] e Tim [Hinshaw] dei Free Lunch. Così sono andato a casa, mi sono fatto la doccia e sono corso subito lì».

Ha eseguito due canzoni, tra cui Earfquake dal suo album del 2019, IGOR. Sembra che tutti i presenti al Forum conoscessero ogni parola. «Penso sinceramente di essere più bravo a cantare R&B che a fare rap» mi dice. «E di solito sono i miei dischi più importanti». E quando Tyler ha urlato Say what!, la folla si è trasformata nel coro della comunità della California meridionale, cantando Don’t leeeeeeeeeeave, it’s my fault.

Tyler, The Creator chromakopia
Foto di Luis Perez

Il rapporto con Los Angeles

Per anni, Tyler ha continuato a rendere ancora più complessa e variegata la figura della pop star. Ha assunto personaggi diversi, look diversi, ha rappato di cose diverse e continua a diventare sempre più grande. Ma mentre è diventato uno dei più affidabili e ammirati cani sciolti della musica popolare, è evoluto al di fuori dello Zeitgeist hip-hop di Los Angeles. La città non è stata per lui un identificatore principale, almeno rispetto a un Lamar, un YG, un Vince Staples. Ma lui è comunque fondamentale per l’attuale fase storica della musica della metropoli, nonché per la comunità che fa di L.A. uno dei centri nevralgici dell’hip-hop.

«Sono davvero della città» dice. Mentre continua a parlare di casa, il suo accento si fa sempre più marcato. L’amore per Los Angeles è il motivo per cui ha fondato Flog Gnaw: «Al di fuori delle cose sportive, mi sembrava che LA non avesse qualcosa di proprio». Con la fantastica scaletta di quest’anno – che comprende Staples, Kaytranada, Playboi Carti, André 3000, Erykah Badu, Denzel Curry, Faye Webster, Blood Orange e Syd – il desiderio di Tyler di rimediare almeno in parte questa situazione si è avverato. «Sono felice che il Flog Gnaw faccia sentire la gente della città come se fosse loro», dice un po’ timidamente. «Almeno è quello che si prova ogni anno».

Controcorrente

«Non sono quello che è stato presentato loro a 20 anni. Non sono nemmeno quello che ero un anno fa», dice Tyler, che sembra un po’ infastidito dall’idea di poterlo essere. «Quando dicono: “Voglio la vecchia versione”, so che è perché sono ancora lì. Ma io non lo sono. E mi sta bene perché la mia identità non risiede in una versione di me stesso».

Ho visto Tyler, The Creator esibirsi per la prima volta nel 2012 all’Hammerstein Ballroom di Midtown Manhattan. Il suo collettivo rap, Odd Future Wolf Gang Kill Them All (OFWGKTA), era diventato un fenomeno online negli ultimi anni. Non solo per la sua musica trasgressiva, ma anche per le sue buffonate che sembravano l’evoluzione nera di Jackass. Mentre alcuni tra il pubblico prevedevano possibili apparizioni degli ex membri Earl Sweatshirt e Frank Ocean, è stato Tyler, il leader de facto della gang e principale provocatore, a definire lo spettacolo.

Tyler è stato conosciuto soprattutto per il suo album di debutto del 2009, Bastard, e per il mixtape Radical di Odd Future, pubblicato l’anno successivo, entrambi notevoli per la loro produzione distintiva e i testi scioccanti. Ma la vera svolta da star di Tyler è arrivata nel 2011 al Late Night With Jimmy Fallon, la prima apparizione televisiva degli Odd Future a livello nazionale. Prima, Tyler ha twittato: «Voglio spaventare a morte i vecchi bianchi che vivono nella fottuta America di mezzo».

E ha mantenuto la parola, mentre lui e il collega Hodgy Beats, rapper degli Odd Future, eseguivano Sandwitches dal secondo album di Tyler, Goblin del 2011, con il supporto dei The Roots. Indossavano passamontagna e correvano intorno al palco come se fosse uno spettacolo hardcore, mentre la telecamera di tanto in tanto passava in rassegna gnomi da giardino sparsi e un’inquietante ragazza bianca che fluttuava intorno alla band, con i lunghi capelli scuri che le coprivano il viso come se fosse in The Ring. Alla fine Tyler ha lasciato il palco, è corso alla scrivania di Fallon e ha concluso l’episodio sulla schiena del conduttore. È stato un reset culturale, un momento televisivo innegabile.

Come molti altri presenti allo show del 2012 all’Hammerstein, volevo sentire quell’energia di Fallon nella vita reale. E sebbene Tyler l’abbia replicata, la mia impressione è stata molto diversa: sì, era il leader, un vero frontman, ma ancora di più era il capo cheerleader di ogni membro degli Odd Future. Quando Frank si è seduto al pianoforte e ha cantato White, Tyler si è messo di lato, ha tirato fuori una Polaroid e ha iniziato a scattare foto. Quando Earl, alla sua prima esibizione dopo due anni, ha incalzato con la sua strofa su Oldie, Tyler ha fatto salire sul palco tutta la loro crew per sostenerlo. Un muro di sostegno, una visualizzazione di un movimento musicale e culturale che meritava attenzione.

Tyler, The Creator chromakopia
Foto di Luis Perez

Unicità

Tyler, The Creator ama amare le cose. È un fan di prim’ordine. Una qualità che spesso si perde durante la scalata alla vetta e una sua caratteristica che non è venuta meno fino a oggi. Quando sono arrivato per la prima delle due conversazioni per questa cover, un paio di giorni prima della sua esibizione al Flog Gnaw, Tyler era in piedi con i suoi manager di lunga data, Christian e Kelly Clancy, ossessionato da qualcosa sul suo telefono. Qualcuno gli aveva inviato un video di un’esibizione di Pharrell Williams, di cui era a caccia da dieci anni, e il suo stato d’animo era un misto tra la mattina di Natale, la vincita alla lotteria e la scoperta di un tesoro sepolto. Il suo entusiasmo è stato trascinante: una star le cui ispirazioni lo facevano sentire ancora un bambino.

«Quelli che per me erano la stella polare, se si può generalizzare, erano sempre a sinistra del centro» dice Tyler. Non è quindi uno shock che abbia deciso di seguirne l’esempio dal punto di vista musicale ed estetico. Se a 12 anni la gente a scuola dice: “È strano, è una cosa da pazzi” io rispondo: “Ma i miei seguaci penseranno che sia figo. E voi non potete paragonarvi a loro. Quindi fottetevi tutti”».

Questa mentalità è parte di ciò che lo rende un artista unico. Non è incatenato dalla paura del fallimento, la forza motrice che soffoca la creatività. L’altra ispirazione trainante viene da sua madre, Bonita Smith. «Ho ricevuto abbracci a casa» dice Tyler con orgoglio. «Sono molto fortunato e grato di essere cresciuto in una casa piena d’amore, con una “cheerleader” che diceva: ‘Sii te stesso’, ‘Fai quello che vuoi’, ‘Fanculo a quello che pensano’, “Sono tuo amico’».

Nel primo brano di Chromakopia, St. Chroma, la cantante dice: «Nella tua fottuta vita non spegnere mai la tua luce per nessuno». La combinazione della sua influenza, della ribellione adolescenziale e dei progetti lasciati dai suoi artisti preferiti gli ha dato una sicurezza che è diventata fondamentale. «Non ho altra scelta se non quella di essere un opinionista e non mi interessa se sembro un idiota del cazzo. Anche se il giorno dopo cambio idea».

Chromakopia

Chromakopia, come la maggior parte della discografia di Tyler, The Creator, racconta la storia della sua vita nel presente. «Tutto è autoindulgente per me» dice a proposito della creazione di canzoni, perché non lo fa per essere comprensibile o per placare un pubblico o una qualche versione precedente del suo gruppo di fan. Pochi artisti hanno un rapporto onesto e combattivo con gli ascoltatori come Tyler. È costantemente in bilico tra ispirazione e frustrazione. Ama guardare le persone che rispondono ai suoi tweet sui testi e le canzoni preferite, su ciò che è cresciuto in loro e su ciò che hanno odiato all’inizio.

Perché non è importante che la sua musica piaccia o meno, ma che lui desideri un vero coinvolgimento. «Spiega questo fottuto pensiero, b-ch» dice Tyler dei commenti, delle prese di posizione, della mancanza di articolazione sul perché ti piace o non ti piace qualcosa. «Se fossi presidente, la prima cosa che farei sarebbe togliere i microfoni dei podcast».

Può essere rischioso per gli artisti abbandonare il suono o l’argomento che ha dato loro fama iniziale, una decisione che alcuni fan trattano come un tradimento. Ma questo album, come Flower Boy del 2017, IGOR del 2019 e Call Me If You Get Lost del 2021, è una capsula del tempo, un posto in prima fila nella vita, nella mente e nel suo attuale spazio mentale creativo. In Chromakopia, Tyler, The Creator esplora temi che vanno dalla monogamia (Darling, I) alle gravidanze non pianificate e alla paternità (Hey Jane), fino agli strascichi della fama che percorrono tutto l’album.

«La gente dice che non riesce ad immedesimarsi nella canzone» dice Tyler a proposito di Noid, il primo singolo. «Certo che non puoi. È per questo che ho fatto la canzone, perché non sapete cosa significhi non uscire e non possedere se stessi. La gente che registra la voce, che ti segue a casa, che cerca di intrappolarti. Sono una preda».

L’album è profondamente personale. «Sono una persona super estroversa, ma sono una persona molto riservata con la mia vita, quindi mettere alcune di queste cose su carta è stato molto per me». Il giorno dopo l’uscita di Chromakopia, durante uno spettacolo ad Atlanta, Tyler, The Creator si è spinto oltre: «È così onesto che credo di aver dovuto indossare una maschera sul mio stesso viso per tirarlo fuori». Affronta queste paure nel brano Take Your Mask Off, il punto più alto dell’album, dal titolo appropriato, e quando l’ha eseguito al Flog Gnaw, alla fine della canzone, la sua maschera non c’era più.

Foto di Luis Perez

Maturità

Tyler ha un livello di maturità che può derivare dal fatto di essere cresciuto in pubblico: «Sono famoso e finanziariamente stabile da quando avevo 19 anni, forse da quando ne avevo 16». E ora, a 33 anni, è un veterano che fa musica sull’invecchiamento e su come ci si sente. «Ho detto al mio amico: “Questo è l’album dei 30 anni”. Questo album è probabilmente una cosa che la gente vive a 24 anni, ma io ho vissuto una vita diversa. Le persone intorno a me hanno figli e famiglie e sono davvero adulte, mentre io sono qui a pensare: “Credo che dipingerò la mia auto di rosa”. Mi sembra una follia, ma è tutto ciò che so».

E l’accoglienza riservata a Chromakopia fa capire che molti ascoltatori di Tyler, The Creator condividono le sue preoccupazioni, le sue ansie e i suoi dilemmi. «La gente si collega alle parole in un modo che sembra più grande di me. Non ho mai colpito le persone a questo livello».

Quando gli chiedo della chiusura dell’album, I Hope You Find Your Way Home, si illumina. «Penso che il modo in cui si conclude un album sia così importante!» esclama. Dal sintetizzatore di Kevin Kendricks, che fa tremare il collo, alle voci di sottofondo di Tyler insieme a Daniel Caesar e Solange Knowles. Fino al gran finale con un verso rap. Una riflessione e una risoluzione, piena di speranza per i nostri rispettivi viaggi futuri. «Sapevo che era così che volevo finirla, con il synth, lasciando che gli ascoltatori si sedessero lì e pensassero a qualsiasi cosa fosse appena successa» dice, chiaramente entusiasta del modo in cui ha fatto atterrare l’aereo.

Futuro

Per Tyler l’incertezza sul futuro è anche fonte di gioia. Attualmente si sta rituffando nella recitazione, con il suo primo lungometraggio, Marty Supreme, diretto da Josh Safdie e interpretato da Timothée Chalamet, all’orizzonte. «A 33 anni sono a questo punto; chissà cosa farò a 36 anni. I miei 30 anni sono stati molto più difficili dei miei 20 anni. Non vedo l’ora di arrivare a 43 anni per vedere dove sarò arrivato. Non so che cazzo farò a quel punto. Forse sarò calvo, con una treccia e un orecchino pendente, farò del gospel e racconterò a tutti delle zucchine».

Qualunque cosa sia, è eccitato, come sempre, dall’ignoto. «Non sono mai stato fedele alle mie idee. Ogni versione in cui mi vedete è la più onesta in quel momento» dice Tyler. È sfacciato, audace e senza compromessi riguardo alla sua arte, ma è anche chiaro quanto si senta grato. «Sono così benedetto e fortunato. Dopo tredici anni, il mio ultimo lavoro è il più grande. A volte penso: ‘Che cazzo, non può essere vero’. Ma poi è anche come se dicessi: ‘Ve l’avevo detto’. È bellissimo».

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