Fare musica con un iPhone: ascolta in anteprima “Climb Your Time” di Be a Bear
L’evoluzione musicale spesso va di pari passo con quella tecnologica. Lo dimostra Be a Bear con il suo nuovo album “Climb Your Time”, che vi presentiamo in anteprima, realizzato interamente con un iPhone
L’evoluzione musicale spesso va di pari passo con quella tecnologica. Un tempo la registrazione e il mix di un album erano procedimenti costosi che si potevano fare solo con un’attrezzatura professionale. Oggi – con un po’ di preparazione e voglia di sperimentare – chiunque abbia un computer e un software di registrazione può realizzare produzioni credibili senza alzarsi dal divano. Addirittura con un iPhone, come dimostra Be a Bear con il suo nuovo album Climb Your Time, che vi presentiamo qui in anteprima.
Filippo Zironi, aka Be a Bear, è un artista bolognese che ha deciso di fare musica utilizzando un mezzo alla portata di tutti, che tutti maneggiamo ogni giorno, come lo smartphone appunto. Con l’iPhone Filippo registra, mixa e realizza anche molti dei suoi visuals. Risale al 2016 la pubblicazione del suo primo album Push-e-bah e al 2017 quella dell’EP Time. In occasione dell’uscita di Climb Your Time (per l’ascolto scorri fino alla fine dell’articolo) ci siamo fatti spiegare i dettagli di una produzione così particolare dal suo creatore.
L’identità musicale di un lavoro come Climb Your Time ha molto a che fare con le modalità stesse con cui è stato registrato. Qual è la “filosofia” sottesa a una scelta di questo tipo?
Credo molto nella semplicità e nell’arte di arrangiarsi nella vita come nella musica. Anche con poco si può fare tanto. Qualcuno potrebbe storcere il naso sapendo che è musica fatta con un iPhone ma sono sicuro che ascoltandola cambierebbe idea! Per me è stata semplicemente una questione di necessità: unire le tante idee al pochissimo tempo disponibile. Non sono un nerd o un fissato della tecnologia. Ognuno di noi ha un cellulare in tasca: ecco, io lo uso nei momenti “morti” per farci della musica. Credo sia interessante come cosa, come possibilità. Anche un certo Damon Albarn fece coi Gorillaz un album “di questo tipo”… con un iPad.
Produrre un intero album con uno smartphone non dev’essere per niente semplice. Ci dici qualcosa di più – dal punto di vista “tecnico” – su applicazioni, plugin e attrezzature usate per registrare e mixare?
Non è semplice perché lo schermo è davvero piccolo e comunque sei limitato nell’uso di alcune funzioni. Uso prevalentemente GarageBand su cui entro con alcune applicazioni come iMaschine o roba della Moog. Per gli strumenti esterni, come la winebox, i vari giocattoli o il microfono, uso Irig, un’interfaccia da 9 euro.
Le tue produzioni si basano su un approccio “lo-fi” e “do-it-yourself” ma il risultato finale è in linea con un sound synthpop internazionale. Quali sono i tuoi principali riferimenti (del passato e del presente) per quel tipo di sonorità?
Amo Cosmo, Moderat e tutta l’elettronica fine anni ‘90, come Moby, Chemical Brothers, Prodigy. Ma in realtà ascolto tantissima musica e ho un passato punkettaro!
Il video di About Links è molto originale. Ci saranno altre produzioni video per Climb Your Time?
L’idea per il video di About Links è nata mentre la componevo. Mi capita spesso. Mi piaceva combinare scene di vita diverse creando piccoli collage stravaganti per spiegare come nella vita sia tutto collegato e niente lasciato al caso. Ci saranno altri video, uno in particolare che uscirà a breve. Say Goodbye sarà interamente girato da persone professioniste (Valerio Cappelli e Alessio Panichi) e da veri attori e ballerini. Per Be a Bear è una novità, quasi un esperimento, non l’avevo mai fatto o voluto fare, ho sempre preferito fare i videoclip da solo creando dei collage di immagini trovate su internet o al massimo girare alcune scene con l’iPhone. Ci sarà pure un altro video, sempre girato, ma da me, una sorta di esperimento sociale dove ho chiesto ad alcuni amici come si sarebbero comportati se stessero aspettando la propria amante su un divano. È stato molto divertente.
Musicalmente provieni dal mondo ska punk. Cosa ti è rimasto di quel tipo di attitudine oggi?
Sicuramente l’allegria e la voglia di divertirmi ma quello che mi è rimasto di più (e mi rimarrà per tutta la vita) è l’attitudine punk! Non importa avere creste o tatuaggi ma “essere punk dentro”, ovvero essere controcorrente e sbattersene.
Perché il concept dell’orso?
L’idea dell’orso e del nome Be a Bear prende spunto da un viaggio fatto in Canada dove ho avuto la fortuna di conoscere da vicino la cultura dei nativi americani. Ero ospite di una signora che apparteneva alla tribù dei Mohawk. L’orso è un animale sacro e simbolo di tutte le tribù e quindi ho scelto di usarlo come nome per il mio progetto. Da questa avventura in Canada sono tornato a casa cambiato e arricchito a livello personale, dunque l’idea era creare qualcosa che mi potesse “spiazzare” anche a livello musicale. “Be a Bear” è anche un’esortazione, una strada da seguire. Per me vivere da orso vuol dire tirare fuori la parte più selvaggia, quella che di solito nascondiamo meglio. Dovremmo essere tutti più animali e meno uomini, più legati alla nostra terra, più in contatto con la natura. Più selvaggi.