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Le mie regole per una vita in CAPSLOCK: intervista a Myss Keta

Esce “UNA VITA IN CAPSLOCK”, il secondo LP dell’angelo meneghino dall’occhiale velato, Myss Keta. Ci siamo lasciati condurre per mano negli inferi della sua vita sfrenata: una vita in capslock

Autore Eleonora Lischetti
  • Il14 Maggio 2018
Le mie regole per una vita in CAPSLOCK: intervista a Myss Keta

Qual è il trucco per sopravvivere ai tentacoli di una città in continua crescita ed espansione come Milano? Ovviamente cedere ad essa. Lo sa bene M¥SS KETA, che ha fatto della capitale morale uno dei suoi punti forza con l’ormai proverbiale Milano Sushi & Coca. Esce per La Tempesta Dischi e Universal UNA VITA IN CAPSLOCK, il primo LP dell’angelo meneghino dall’occhiale velato. Dopo l’assurdo release party del 19 aprile ai Magazzini Generali, maggio la vede protagonista con la prima parte del tour di #UVIC in cinque città, che riprenderà in estate con la stagione dei festival. Ci siamo lasciati condurre per mano negli inferi della sua vita sfrenata: una vita in capslock.

Myss Keta (foto di Valentina De Zanche)

Dopo diversi singoli esce il primo LP, UNA VITA IN CAPSLOCK. La scelta di far uscire solo singoli spesso paga molto di più rispetto all’uscita di un disco.

Inizialmente il progetto di Myss Keta è iniziato con i singoli, che erano sempre associati a video o performance. Dopodiché abbiamo cercato di allargare il campo già con Carpaccio Ghiacciato, che conteneva cinque canzoni. Quello è stato il nostro primo passo per fare un progetto un po’ più corposo: infatti è un EP molto coerente con se stesso, era una preparazione all’album. Per UNA VITA IN CAPSLOCK ci abbiamo messo un po’ di più in quanto a scrittura e produzione, ma queste esperienze precedenti ci sono servite perché volevamo proprio misurarci con una dimensione un po’ più canonica.

Possiamo definire UNA VITA IN CAPSLOCK un concept album? Spesso ne hai parlato come una “discesa all’inferno”.

Sì, sono d’accordo. UNA VITA IN CAPSLOCK è effettivamente una discesa agli inferi, è un po’ dantesco come album. È anche diviso in tre parti con due intermezzi. M¥SS KETA ha sempre avuto questo linguaggio ironico, sarcastico come via di fuga. Ora lo abbiamo un po’ più enfatizzato, abbiamo ingrandito la cosa. La prima parte si occupa di bellezza, di esteriorità, dell’impatto più visivo che diamo alle persone. La seconda parte parla dell’inferno, quello interiore, e lo fa con toni molto più sperimentali, come una sorta di approfondimento. Infine c’è questo breve Purgatorio e l’uscita verso il Paradiso. Anche se è un paradiso un po’ utopico e dark. Ma comunque un paradiso.

Quali tuoi inferi interiori sei andata a indagare per scrivere questi pezzi?

Sai quella pubblicità che diceva “Contro il logorio della vita moderna”? Ecco: il mood è questo. Credo che questa contemporaneità ci schiacci in maniera estrema verso una serie di doveri – casa famiglia lavoro. Ci chiede di essere sempre attenti, perfetti, sempre al top, sul pezzo, tralasciando però tutta quella parte interiore che va a ribollire dentro. Diciamo che UNA VITA IN CAPSLOCK è un po’ un’analisi di questa vita interiore, di questi pensieri, di tutte cose legate al vivere qui ed ora. Anche la canzone stessa che dà il titolo all’album rappresenta bene il mood: se tutta l’esteriorità va male – il lavoro, le relazioni – allora si decide di vivere una vita in capslock, una vita esagerata e fuori dalle regole imposte, per cercare di scappare da questi vincoli tradizionali che ci vengono dati. Capslock è liberarci da tutte queste cose vivendole in un altro modo, da un altro punto di vista: è una vera via di fuga.

UNA VITA IN CAPSLOCK vanta collaborazioni notevoli: Riva, Popolous, Clap! Clap!, Congorock…

Io e Riva, che segue il progetto dall’inizio, avevamo già lavorato con Congorock con Le Ragazze di Porta Venezia, il remix che trovi su Spotify. Popolous è ormai parte di noi, è un amico: ci è venuto naturale includerlo nel progetto. Clap! Clap! e Bot invece, sono due produttori che ammiro in una maniera esagerata, sono proprio una loro fanatica. Quando stavamo valutando con chi collaborare ci siamo detti, sai, proprio come quando sogni: “Ok, io vorrei questo produttore”. Ci siamo quindi avvicinati a loro e, con nostra grande sorpresa e felicità, erano interessati al progetto e abbiamo incominciato a lavorare sui pezzi. Siamo molto contenti perché lavorare insieme è anche un bel modo di conoscersi. Poi ci sono anche Adele Nigro (Any Other, ndr) e Alice Bisi (Birthh, ndr) che sono prima di tutto mie amiche, ma anche musiciste e persone che ammiro molto: in questo disco sono due figure angeliche in un viaggio infernale. Soprattutto la voce di Alice: un canto di un angioletto. Mi è sembrato un buon punto di congiunzione tra questi due mondi opposti.

Myss Keta (foto di Valentina De Zanche)

Il 19 aprile hai presentato il disco in anteprima nei tuoi amati Magazzini Generali di Milano. Come sarà l’#UVIC Tour?

Mi riempie il cuore di gioia poter girare l’Italia con il tour! Il live da sempre mantiene quell’attitudine punk che da sempre caratterizza M¥SS KETA. Ovviamente sarò accompagnata dalle Ragazze di Porta Venezia e da un DJ che metterà tutte le basi. Posso dirti che il carattere che più uscirà sarà l’inclinazione alla performance punk, anche se mano a mano ci stiamo affinando. E stiamo mettendo a punto anche la parte visiva: con questa nuova esperienza vorremmo far entrare le persone in un altro mondo.

Esisterebbe M¥SS KETA senza Milano?

Probabilmente no. Ho vissuto in tante metropoli: Shanghai, Pechino, Mosca, ma credo che proprio Milano mi abbia dato la spinta giusta per iniziare questo progetto. Mi ha permesso di guardare dentro un certo tipo di realtà. Milano è certo una città europea, una metropoli ma conserva tanti tratti dell’Italia – sia quelli negativi che quelli positivi – nel suo modo di fare. Milano, come l’Italia, è un “un gran mischione”, è una caratteristica propria degli italiani, non è scindibile dalla nostra natura. Milano, come tutte le grandi metropoli, ha un’enorme parte creativa. Ma la cosa che la distingue da una città come New York o Londra è il fatto di poter incontrare tanti creativi, anche di settori diversi dai tuoi, con facilità. È come se i vari ambiti artistici abbiano più occasioni di mescolarsi. Lo stesso accade con i diversi generi musicali, che hanno occasioni di mixarsi tra loro: è una cosa che mi piace molto perché credo che prenda più dalle diversità che dalle uguaglianze. È la sua arma vincente.

Quali sono le tre regole per vivere una vita in capslock?

1) Vivi ogni giorno come se fosse capodanno a Courmayeur.
2) Non camminare mai per strada, ma sfila.
3) Sentiti sempre figa come il panico.

Ascolta UNA VITA IN CAPSLOCK di Myss Keta in streaming

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