gIANMARIA: «Il fallimento fa parte di noi, ci fa riflettere e ci aiuta a farci domande»

A soli 19 anni il cantante si racconta attraverso immagini chiare e ben definite. La paura di non essere capiti c’è, ma la musica è il mezzo per farsi capire da tutti
gIANMARIA
gIANMARIA, foto ufficio stampa

Il senso di vuoto e inadeguatezza ci pervade, spesso, anche quando non ce ne rendiamo conto. Lo canta benissimo gIANMARIA, arrivato al secondo posto all’ultima edizione di X Factor, nel suo primo EP, Fallirò.


Un titolo che racchiude perfettamente l’essere “ancora incompleti” che descrive benissimo la sua generazione. Quella che, forse maggiormente rispetto ad altre, in questi ultimi due anni si è vista togliere tanto, a partire dalla spensieratezza e da quel desiderio di buttarsi nelle cose senza paura di cadere.

gIANMARIA, in collegamento su Zoom, si è raccontato senza maschere. Senza nessun filtro ha parlato delle sue insicurezze, dei commenti negativi ricevuti e di quella risposta che, tutti, abbiamo dato a qualcuno: “Non devo sorridere per forza”. E, soprattutto, se non sorrido non vuol dire che sto male.


In attesa di poterlo vedere live, durante un tour che ha già registrato diversi sold out e per cui il cantante è molto felice ed emozionato, abbiamo intervistato gIANMARIA, per parlare del suo primo progetto, ma anche del suo percorso a X Factor e di tutto quello che ne è derivato.

Inizierei chiedendoti un bilancio sulla tua esperienza a X Factor.

Dal primo momento in cui sono entrato sono stato preoccupato vedendo quanta televisione bisognasse fare. Avevo paura perché non stavo bene con le telecamere puntate addosso, soprattutto nella quotidianità. In alcuni momenti l’ho vissuta male, ma a parte questo mi hanno sempre promesso che il venerdì, dopo il live, mi sarei portato dietro solo la musica, ed è stato effettivamente così. Oggi, che è finito tutto da più di un mese, ho portato davvero a casa quasi solo la musica e ho bei ricordi.

Volevo già farti questa domanda durante la conferenza stampa prima della finale al Forum: com’è stato doversi confrontare con un problema tecnico? Tra l’altro, durante un’esibizione molto carica a livello emotivo. Mi ha colpito il modo in cui ha tenuto testa al momento.

Ho ricordi abbastanza sfocati di quell’esibizione, ma ricordo di aver cominciato benissimo. Alzavo gli occhi e vedevo i giudici fissi su di me, con Mika che ad un certo si è alzato e ha iniziato ad applaudire. Purtroppo mi sono accorto prima di entrare di avere un problema alle cuffie, c’era un connettore rotto. A quel punto mi sono fermato, sono uscito, ho tirato un po’ di brutte parole, mi sono fatto un po’ male alla mano tirando qualche pugno, ma sono rientrato e alla fine ho comunque cantato bene. Dall’inizio ci hanno sempre detto “interrompete durante” e meno male che mi è venuto il flash di questa frase. Diretta o cose, non me ne è fregato un c***o, dovevo assolutamente fermarmi.


Tu hai detto, e ho ritrovato questa cosa nell’EP, che non c’è una formula giusta per te, perché per te l’importante è fare quello che ti piace. Quello che mi è arrivato è che non ti vuoi incasellare in un genere, e questo si sente.

Assolutamente sì. Per dirti, sto facendo musica in questo periodo e sono in fissa con la quella spagnola, molto sperimentale. Io non avrei mai capito da solo i miei punti di forza se non avessi avuto accanto un team di persone che lavora bene e che, soprattutto, mi ha aiutato a capire che se porti avanti la tua identità, e questa è abbastanza forte, esce quella. Se sai cantare in modi diversi puoi fare di tutto e io sono convinto che gli artisti possano fare quello che vogliono, sempre se hanno un’identità forte. È più importante questo del genere che fai.

gIANMARIA, dalle immagini alle critiche, fino alla title track dell’EP

Ascoltando l’EP, e in generale anche i live a X Factor, ho percepito che sei molto emozionale e, soprattutto, lavori molto per immagini.

In realtà è proprio il mio obiettivo, raccontare anche attraverso le immagini. È ciò che mi ha colpito maggiormente quando ero ancora solo un ascoltatore. Adesso chiudo gli occhi e ho davanti delle immagini specifiche. Per me, come hai detto, è importante anche emozionare.

Non so se sia voluto, ma tu apri e chiudi il disco con due brani molto forti, Fallirò e Astronauti. In questo momento mi focalizzerei però sulla traccia che dà il nome al tuo primo EP.

Fallirò è nata in studio, un po’ a caso come tutti i pezzi. Volevamo fare una ballata e abbiamo buttato giù qualche accordo di piano. Io poi ho scritto tutto il testo in pochissimo tempo, con l’apertura che parla di più di una storia d’amore. La topline, invece, era solo strumentale, ma mi sono reso conto che è una canzone particolare. Credo non mi sia mai uscito un pezzo così importante, non tanto per i numeri che potrebbe fare, quanto perché è iconica per quello che vogliamo fare, tenendoci stretti il cantautorato, ma con suoni nuovi che si mischiano con quelli vecchi. Il ritornello mi piace molto, perché il claim “fallirò” racchiude tutto il concept del disco.


Cioè?

La gente viene da me e mi dice “sei un depresso di m***a, scrivi solo canzoni tristi”. Ma anche “hai rotto il c***o, hai 19 anni, sorridi”. E io ho sempre risposto: “Faccio quello che voglio”. Insomma, non è che se non sorrido significa che sono triste. In generale, penso che parlare delle cose negative sia un modo per esorcizzarle. Poi, il fallimento fa parte di noi. E forse sono più importanti momenti di questo tipo che altri, perché ti aiutano a riflettere e farti domande.

Nel tuo EP c’è un grande senso di vuoto e inadeguatezza. Tratti di tematiche sensibili e capisco che le critiche possano arrivare, ma fai parte di una generazione che ha anche bisogno che certi temi vengano affrontati anche nella musica. Forse la tua generazione prova più sentimenti negativi che positivi, in questo momento.

Io vorrei che le persone si facessero delle domande che magari non si farebbero. Tutti siamo diversi, ma io penso spesso a cosa mi fa star male e a come riuscire a risolverlo, a ciò che mi fa star bene a come tenermelo. Indubbiamente io e i ragazzi della mia generazione siamo legati da questi due anni, magari i più importanti della nostra vita, in cui siamo stati chiusi. Adesso però dobbiamo parlare con noi stessi, che è la cosa più importante da fare nella vita.

I rapporti umani e la paura di non essere capiti

Nell’EP ti sei molto focalizzato sui rapporti umani, soprattutto in brani come Rapporti&Piante e Astronauti, dove canti di una storia d’amore in cui i due devono capire chi lascerà andare chi. Come sono cambiati in questo periodo i tuoi rapporti umani?

Lo scontro tra due persone, o i rapporti più in generale, nel bene o nel male, sono la cosa che mi fa pensare di più. Che siano le ragazze che ho avuto o gli amici, che magari ho perso, mi hanno fatto porre più domande di tutto il resto. Anche più di quelle che mi faccio su me stesso a volte. Sono scappato spesso dal pormi domande su di me, perché non andavo in bei luoghi con la testa.


Con X Factor ho avuto l’occasione di fare uno scatto, lasciando indietro tutte quelle persone di cui non mi fregava più niente. Ho notato che chi fa lo scatto maggiore, alla mia età, molla tutto ciò che non lo fa crescere. Ecco, io voglio esattamente questo, crescere e cambiare.

In Poeta dici “basta chiamarmi poeta e dirmi che non so fare altro”. La poesia è qualcosa di complesso e i livelli di interpretazione sono vari, come per la musica, e a volte si corre il rischio di non capire, o non essere capiti. Tu hai paura di non essere capito?

Ho sofferto tantissimo per il fatto di non riuscire a esprimermi. Ma non erano gli altri che non mi capivano, il problema ero io. Non sono mai stato propenso a parlare in pubblico, ma quando ho trovato la musica ho notato che avevo il tempo di pensare e di elaborare un testo. Mi dicevo “magari ho anche delle idee buone, ma nessuno mi ascolta perché non so esprimermi e non sono interessante”. Mi succede ancora oggi quando parlo. Poi, con la musica, le persone tornano e mi dicono che hanno capito tutto. Per ora è la musica la cosa in cui mi sento compreso di più.


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