Anderson .Paak non è solo un ottimo artista. L’intervista di Billboard USA
Si è esibito gratuitamente al suo festival di beneficenza a Los Angeles e in più Anderson .Paak sta lottando per il centro delle arti della sua città
Anderson .Paak, oltre a regalarci ottime canzoni e live memorabili, continua a donare il più possibile a chi ne ha bisogno e al quartiere dove è cresciuto.
Sabato scorso, infatti, si è tenuta la terza edizione di .Paak House In the Park a Los Angeles, il festival lungo un pomeriggio dove la maggior parte dei proventi vanno in beneficenza e dove lo stesso Anderson .Paak si esibisce gratuitamente. Prima di questa festa Anderson ha voluto accendere i riflettori anche sul Performing Arts Center nella sua città natale, Oxnard, che rischia seriamente la chiusura.
Per il momento il centro rimarrà aperto fino ad aprile. Anderson, memore di quando era un giovane b-boy, vorrebbe trasformare il centro nel head quarter della Paak House, dove possano esserci opportunità e spazi per le arti e per l’espressione di sè, aperte a tutti i membri della comunità.
Qual è stato l’impatto del festival .Paak House In the Park in questi 3 anni?
Non esiste sensazione migliore. Ogni anno diventa sempre più grande e lo facciamo soprattutto per i bambini. Alcuni di questi ragazzi non hanno mai visto uno spettacolo dal vivo o addirittura qualcosa di simile a un festival. Essere in grado di condividere uno spettacolo di livello mondiale e dare un po’ di attenzione alle persone che vengono trascurate è una sensazione incredibile. È il mio periodo dell’anno preferito.
L’infanzia ricca di musica
L’idea di questo evento ti è venuta per quello che ti è capitato durante l’infanzia?
Sì, perché sono stato molto fortunato. Sono sempre stato circondato dalla musica dato che mia madre adorava il soul. Non so cosa farei adesso se non avessi incontrato la musica. Molti bambini non hanno questa opportunità, quindi questo è ciò che mi spinge a organizzare tutto ciò. Poi credo che sia utile anche che vedano che ci sono persone che suonano per loro e se ne prendono cura.
Ti hanno mai raccontato se ci sia mai stato qualche bambino o qualche partecipante alla .Paak House che ha tratto ispirazione da questo evento?
Sempre. L’altro giorno ero in un ristorante giapponese e un cameriere mi ha raccontato che veniva ogni anno, è un beatmaker, e ha detto che è sempre rimasto molto ispirato e ogni anno non vede l’ora. Incontro sempre famiglie che dicono che è come il loro Coachella personale, pagano per venire qui ogni anno e sono grati di poter aiutare i bambini.
L’importanza del centro artistico di Oxnard
Perché hai cercato di mantenere attivo questo centro di arti a Oxnard?
Avere un’istituzione come questa ha un’importanza enorme. È lì che speriamo di poter porre la sede della Brandon Anderson Foundation in futuro. Quando ho visitato il centro ho notato un potenziale enorme. La gente non sapeva nemmeno che stesse per chiudere. Volevamo portare soprattutto un po’ di consapevolezza. Siamo riusciti a posticipare la chiusura almeno fino ad aprile.
Ci andavi spesso da piccolo?
Sempre. Sono cresciuto suonando la batteria in chiesa, e poi suonavo per i concorsi di bellezza e per i balli della scuola che si tenevano proprio lì.
Il ruolo in Trolls
Che progetti hai per il futuro?
I Free Nationals hanno appena fatto uscire il loro album. Ci stavamo lavorando ormai da qualche anno, quindi sono contento che sia finalmente uscito. Sto lavorando a una collaborazione cinematografica: sono nel nuovo film di Trolls. Veramente incredibile e divertente.
Il doppiaggio è molto diverso dal cantare una canzone?
Non tanto. Dipende se ti senti di più a tuo agio, di sicuro più entri dentro al lavoro e più ti piace e ti diverte. Io volevo davvero entrare nel mondo della recitazione da tanto e interpreto il principe D… ed è davvero il principe del Funk!