Axos: «Il mio disco “Anima Mundi”, tra Jung e Johnny Cash»
È uscito nella notte Anima Mundi, album di 14 tracce firmate da Axos in cui figurano anche Ghemon, Rosa Chemical e il già edito feat con Kina
«Stanotte mi separo da un figlio e ve lo dono. Abbiatene cura. Vi amo». Con questa chiosa sentita, Axos ha salutato l’ultimo dei suoi “figli”, Anima Mundi, uscito stanotte per darsi al pubblico.
Per porre la pietra angolare del disco, l’artista milanese si è affidato ad un concetto filosofico, quell’espressione anima mundi che vanta radici antiche anche al di fuori del pensiero occidentale, e che ben si sposa con l’idea di fondo del progetto. Percorsi e generi musicali diversi, ma accomunati da un’unica grande Anima.
All’interno di Anima Mundi, Axos ha accentuato l’aspetto comunitario lasciando spazio anche ad ospiti importanti come Kina (per la già edita 50milabaci), Ghemon e Rosa Chemical, che hanno contribuito ad impreziosire il tutto.
Ci si accorge subito della mole di materiale umano messa in rima, in un album che fa da summa non solo ad un background artistico personale, ma anche allo speciale rapporto dell’artista con la propria fan-base. Per approfondire al meglio tutti questi aspetti, abbiamo raggiunto Axos al telefono.
Qualche giorno fa hai scritto queste parole su Instagram: «Questo disco è stato scritto pensandovi. Capendovi. Amandovi. Ho voluto unirvi, nelle vostre diversità. Ho voluto capire cosa vi avrebbe fatto bene». Dichiarazione controcorrente, rispetto agli artisti che dicono di far musica per loro stessi.
Partiamo dal presupposto che ho iniziato facendo musica per me stesso. Da ragazzino scrivevo le canzoni senza la pretesa di farle ascoltare a qualcun altro. Fino ai 23 anni non me ne fregava niente che qualcuno le sentisse. Però a qualcuno piaceva. Da lì in poi è stata un’escalation. Il mio primo pezzo finì su YouTube, e tra i vari commenti ho iniziato a vedere una risposta da parte del pubblico. È nata così una famiglia che nel tempo si è consolidata. All’inizio non scrivevo pensando che ci fosse qualcuno dall’altra parte che potesse rispecchiarsi. Con il tempo questa cosa è cambiata. Se prima l’obiettivo era dare importanza a me, adesso la musica è diventata una cosa in comune con gli altri. Da qui, l’anima mundi.
E il legame con i fan?
Con loro ho un rapporto totale. Vorrei fosse ancora più forte, che ci fossero più live, anche se purtroppo ci dividono sempre di più. Ma questa cosa nel tempo è diventata potentissima. Un dare e ricevere costante. All’inizio io ho dato senza sapere. Ora ne sono consapevole.
Poco tempo fa parlavamo con Highsnob del grande apporto dato dalle tue rime al suo disco. Sei in ottima forma. Ma c’è stata anche qualche caduta ultimamente?
Ho attraversato dei momenti di blocco, ma dati dalla mole di lavoro esterna alla musica. Dal punto di vista dell’ispirazione non credo di avere mai dei blocchi reali. Dipende tutto dal giro di chitarra che mi suoni! (ride, ndr). Per me esiste solo la vibe, e in quel caso il beat di Mike (Highsnob, ndr) me ne ha data una bella. Il blocco dello scrittore non è un problema che mi riguarda. È un dramma quando non mi vengono trasmesse emozioni.
Nel disco dici che neanche Cristo è risorto tante volte quanto te.
Che di fatto poi è risorto una volta sola. Siamo noi che lo facciamo risorgere ogni volta festeggiando la sua resurrezione. Dal mio punto di vista significa che le vibe ricevute dall’esterno mi hanno fatto risorgere tante volte. Il mio è tornato in vita più volte perché ho avuto la forza e l’ispirazione data dall’esterno e dalle mie esperienze.
È come se la musica fosse il tuo sacramento.
Il mio sacramento è la scrittura. La musica è il mio padre spirituale, e io la rispetto in quanto tale perché mi detta le parole.
Due passaggi del disco in cui parli d’amore: “l’amore uccide mentre ti metti da parte”, e “più l’amore ci riassume più ci toglie vita”.
Parto dall’ultimo. Ho sempre ritenuto che quando si è innamorati si vivano tutte le emozioni di una vita in un tempo ristretto. Quindi l’amore è come il riassunto di una vita intera, e per questo è così difficile da gestire. Invece il senso del primo passaggio è legato a quando vuoi metterti da parte per non soffrire, ed è quello il momento in cui l’amore prende il sopravvento e viene a darti il colpo di grazia. C’è un parallelismo, da una parte la strada la prendi tu e dall’altra hai una strada obbligata. È quello che fa l’amore, da un lato ti dà la possibilità di scegliere e dall’altro te la toglie completamente.
Possiamo dire che Halleluja con Rosa Chemical sia la hit dell’album?
Non me la sento di dire quale sarà. Sicuramente è il pezzo che dà luce al disco. Non solo per il titolo, ma anche perché Rosa Chemical è una persona lucente, quando siamo insieme abbiamo il sorriso sulle labbra tutto il tempo.
In Anima Mundi c’è tanto citazionismo musicale, da California Hate ai The Doors. Hai dei riferimenti precisi che ti hanno ispirato durante il processo creativo?
I miei riferimenti saldati sono sicuramente i The Doors, i Joy Division, i System of a Down e XXX. Insieme a loro c’è Johnny Cash, che è come se fosse il bottone di tutto questo. In lui mi rivedo al 100% sotto troppi aspetti. Ci sarebbe anche Amy Winehouse, che però mi dà più slancio emotivo che ispirazione sul suono. L’ho scoperta quando avevo 15 anni, in Italia non se la cagava nessuno. Anche grazie a lei il mondo musicale inglese è entrato a gamba tesa nella mia vita.
Molti degli artisti che hai citato avevano un modo unico di declinare gli eccessi nella loro musica. Basti pensare a brani come Cocaine Blues di Johnny Cash o Rehab di Amy Winehouse. È una costante anche del tuo disco.
Sicuramente mi piace tirare fuori le mie parti stridule con la naturalezza e la sincerità che deve avere un artista che si apre. Quando lo faccio non sto a mascherare, è il momento in cui tutto ciò che è fastidioso esce fuori. Porto i miei eccessi come hanno fatto loro e come mi hanno insegnato.
Ti ricordi la prima volta che hai incontrato l’espressione Anima Mundi?
Sì, stavo leggendo Jung. Stava parlando del concetto di Anima Mundi e mi ha stregato. Arrivavo da una situazione familiare in cui tutto ciò mi era raccontato con altre parole, anche per via di una tradizione spirituale molto forte. Quando ho letto Jung ho capito che qualcuno aveva teorizzato quello che ho sempre sentito. Quindi ho iniziato ad approfondire, e ho sentito il bisogno di far conoscere a tutti questo principio chiave dell’esistenza.
Due parole su Emily.
È una dedica alla mia ex. È stato un rapporto difficilissimo, chiuso nella maniera più inaspettata del mondo. Nonostante la fine ho scritto di quanto abbia senso amare, in ogni caso. Questo brano è il fulcro di questo sentimento.