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Billboard Calls Crème of Talents: l’intervista a Dableh

L’artista siciliano è fra i dieci finalisti del contest di Billboard Italia e La Crème Records: è giunto il momento di conoscerlo meglio

Autore Billboard IT
  • Il30 Ottobre 2024
Billboard Calls Crème of Talents: l’intervista a Dableh

Dableh (foto di Tommaso Biondo)

Rosario Rizzo, in arte Dableh, è un cantante e rapper siciliano classe 1998. Il suo progetto è ricco di tematiche e suoni che rispecchiano pienamente la cultura siciliana: testi forti, dialetto ed esperienze che solo i siciliani possono raccontare. La visione artistica di Dableh è sempre alla ricerca di nuovi stili, all’insegna della sperimentazione.

Il suo obiettivo è coinvolgere il pubblico con brani che hanno un significato profondo, senza però risultare pesanti all’ascolto. L’intento è di suscitare curiosità e invogliare l’ascoltatore a scoprire l’intero progetto che è in fase di costruzione.

Dableh è fra i dieci finalisti di Billboard Calls Crème of Talents, il contest lanciato da Billboard Italia e La Crème Records. È giunto il momento di conoscerlo meglio.

Dableh - intervista - Billboard Calls Crème of Talents - foto di Tommaso Biondo - 2
Dableh (foto di Tommaso Biondo)

L’intervista a Dableh

Raccontaci la tua formazione musicale.

La mia passione per la scrittura nasce da prima di approcciare il mondo della musica. Le cose che hanno unito la scrittura al rap sono le mille domande che cominciava a farsi Rosario e la voglia di risposte di Dableh. Ascoltavo molto rap in quel periodo perché in quei testi rivedevo la mia storia.

Ho rappato brani di altri fino a quando ho capito che forse qualcosa da dire ce l’avevo anch’io. Da lì ho cominciato a scrivere testi su strumentali e mettermi in contatto con gente di Palermo che avesse uno studio per incidere i primi singoli. La musica era l’unico modo che avevo per esprimere ciò che avevo dentro. Giorno dopo giorno mi rendevo conto che non potevo più farne a meno.

Cosa ti ha spinto a intraprendere un percorso artistico nella musica?

Non avevo amici o conoscenze che frequentassero il mondo della musica. È nato tutto proprio dal bisogno di trovare un modo per sfogarmi. Da lì ovviamente cominci a stare in contatto con gente che lo fa da molto più tempo di te. Se hai del potenziale, vieni riconosciuto e cominci a chiederti se della passione puoi cominciare a farne un lavoro. L’idea di girare per il mondo mi ha sempre fatto impazzire: pensare di farlo sopra un palco con gente che canta i pezzi che scrivevi nel terrazzo di casa tua ancora di più.

Quali sono i tuoi miti musicali di sempre? In che modo ti senti influenzato da loro?

L’unico artista da cui mi sento realmente influenzato è Marracash. Ciò che dice e il modo in cui lo dice lo rendono unico. Non ho particolari miti ma mi sono sempre riconosciuto in artisti più “mainstream” come Macklemore, fino ad arrivare a quelli meno conosciuti come Mezzosangue.

Quali sono tre dischi che porteresti su un’isola deserta?

Noi, Loro, gli Altri di Marracash, Musica Cicatrene di Mezzosangue e Rockstar di Sfera Ebbasta (non tanto per l’eccellenza artistica ma perché ha segnato un cambio generazionale).

Raccontaci il brano che hai presentato a Billboard Calls Crème of Talents.

Aquile nasce in un momento in cui avevo l’esigenza di guardare le cose da un punto di vista diverso. Da qui l’idea della personificazione nell’aquila, simbolo della città da cui provengo. Immagino di guardare la scena dall’alto non per elevarmi rispetto ai miei colleghi, ma per vedere se effettivamente faccio parte del cerchio, non mi estraneo per volere ma per natura. D’altronde non ho mai visto uno stormo di aquile.

Volevo lavorare a un progetto che identificasse nel bene e nel male i tratti più famosi della mia città. Ho deciso di presentarmi con questo perché ero sicuro che nessuno potesse averne uno simile. La parte in dialetto rispecchia molto il pensiero di ogni siciliano che si vede costretto ad abbandonare l’isola. Mi piace molto raccontare le cose come stanno e questo potrebbe essere solo il primo singolo di un lungo percorso.

Che visione hai per il tuo progetto artistico nei prossimi anni?

Di sicuro nel mio percorso artistico sarà sempre presente il posto da cui provengo. Ultimamente aggiungo barre in siciliano ai miei testi sia perché voglio rafforzare il mio senso d’appartenenza sia perché nel mio piccolo voglio ricordare che qualsiasi dialetto è qualcosa che col tempo andrà perso, perdendo quindi una parte della nostra identità. Usarlo all’interno di brani che vengono ascoltati per lo più da giovani potrebbe servire a tramandarlo.

Finito il mio percorso che riguarderà la Sicilia, mi concentrerò ancora di più sulla crescita artistica, amplierò le mie conoscenze, mi eserciterò per affrontare i primi live e magari, chissà, aggiungerò il tedesco ai miei testi visto che ho avuto la possibilità di impararlo.

Qual è il tuo più grande sogno come artista?

Combacia con quello che sono io veramente: vorrei riuscire a dire delle cose che aiutino gli altri a sentirsi diversi ma giusti. Spesso gli artisti sottovalutano il potere che hanno sulla gente, e viceversa. Vorrei una community che metta in discussione tutto ciò che affronta ogni giorno. Voglio portare la gente ad apprezzare il posto e le condizioni da cui provengono, poiché è quello che li ha formati.

Il mio unico vero sogno d’artista è di girare per il mondo collaborando con la gente del posto che visito, aggiungere i loro suoni al mio repertorio e proporli alla gente che mi ha accompagnato durante l’unico vero viaggio che è la vita.

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Dableh (foto di Tommaso Biondo)

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