Dani Faiv sperimenta con “Faiv”, senza perdere la sua tagliente vena critica. L’intervista
Dai featuring alla critica al messaggio che passa la scena rap, dallo sfottò alla dolcezza, fino a Sandro Tonali, il rapper spezzino ci racconta il suo nuovo progetto
«A ottobre ci sarà il fuoco, per forza. Sperando che non torni un’altra pandemia…». Così Dani Faiv descrive il suo tour, che partirà da quel mese, dove presenterà il suo nuovo album, Faiv, pubblicato venerdì 3 giugno per Columbia / Sony Music, e il suo progetto precedente, Scusate se esistiamo, uscito nel 2020.
Anticipato dai singoli Anno Zero, Luna Nera, Facce Vere (di cui abbiamo parlato col rapper in questa intervista) e Foto di Noi, questo è l’album in cui sicuramente Dani Faiv ha sperimentato di più. Lo dimostrato brani come Venezia, vera chicca del progetto, ma anche Amelie e How to.
Oltre ai diversi producer che hanno partecipato a Faiv, da Strage e Marco Azara, troviamo svariati featuring. Anche qui, Dani Faiv ha voluto allargare i suoi orizzonti, chiamando a lavorare al suo album non solo artisti come Gemitaiz, Emis Killa, Kkrisna e Nayt, più vicini al suo mondo, ma anche M¥SS KETA, Drast e Leon Faun.
Abbiamo incontrato Dani Faiv in Sony Music per parlare del suo nuovo album.
L’intervista a Dani Faiv
“In questa linea del tempo non voglio essere un punto, voglio essere, punto”. Partiamo da questa frase da Faiv, Punto.
Oggi un sacco di persone preferiscono apparire, piuttosto che essere. Io invece no. Vorrei spronare gli altri ad essere loro stessi, senza seghe mentali.
Nell’album sei molto critico, soprattutto nei confronti della scena rap.
Non è tanto la scena, è il messaggio che arriva ai ragazzini che vogliono provare a cantare o fare rap. Passa quasi che bisogna omologarsi per andare, dai vestiti alle basi, fino al modo in cui si comunica e agli argomenti. Trovo che sia tutto uguale e questo mi dispiace, perché io sono fan di metà della scena.
A proposito, ti faccio una provocazione partendo da Icona Hip Hop con Emis Killa: tu ti senti tale?
Assolutamente no, l’icona hip hop è Emis. Io non ho ancora dimostrato quello che le icone, per quanto mi riguarda, hanno fatto. Facciamo passare almeno 15 anni di carriera.
Hai i piedi ben piantati per terra, quindi.
Sì, per forza. Ho sempre sognato di fare una canzone con Emis Killa, perché appunto è un’icona.
Il rapper su Venezia: «Avevo un po’ paura, ma poi sono detto “Spacca”, mi sono fidato»
Venezia, invece, è uno dei brani più interessanti dell’album. Un punto di rottura tra il Dani Faiv di prima e quello di adesso.
Il brano è nato da un’idea di Strage. Mi ha colpito subito, cosa difficile, e dato un’emozione per cui ho subito deciso di scrivere le strofe, mettendomi in gioco. Ho avuto tante paranoie per questo pezzo, non volevo farlo uscire, l’ho cambiato, cambiando il modo di cantare. Avevo un po’ paura, ma poi mi sono detto: “Spacca, funziona”. Mi sono fidato.
Paura nei confronti del pubblico?
È banale, ma c’è anche quello, la paura di non essere apprezzato in quella chiave o di non essere completamente capito.
Anche How to è un brano diverso da quelli che hai fatto in precedenza. Come ti è venuto in mente di proporre questo “pezzo scomposto”?
Prima c’era l’idea folle di fare la vocina con Google Translate. Quando poi è nato davvero il pezzo c’erano due versioni: una rap e una ballabile, più spinta, con un testo diverso e una base diversa. Mi sono detto che serviva una voce iconica, super riconoscibile, e M¥SS KETA è perfetta. Alla fine ha vinto la versione da ballare, che si sposa sicuramente meglio con quello che fa lei.
“Non c’è niente di male ad avere 40 anni e non serve comportarsi con un ragazzino di 20”. Hai descritto così Finto Giovane. Una grande verità.
In un disco molto personale volevo anche la traccia leggera, che facesse divertire e di cui forse non si parla spesso. È uno sfottò leggero, e mi sono divertito molto a farla.
Dalla famiglia a Sandro Tonali
Dallo sfottò alla dolcezza con Full Speed, che si chiude con un vocale di tua madre.
Lei non lo sa, quindi non vedo l’ora che lo senta. Volevo chiudere con lei, perché non torno quasi mai a casa, sono più loro che vengono da me. C’è un rapporto molto telefonico, quindi chiudeva al meglio il disco la sua presenza.
Dici anche che la musica ti ha salvato, ma da cosa?
Dalla routine di tutti i giorni. Ho lavorato tantissimo, anche quando facevo i miei primi concerti, non è stato facile.
Parlando di famiglia, l’essere diventato padre credi abbia cambiato il tuo modo di scrivere e fare musica?
Quello magari nel disco nuovo arriverà. Questo disco l’ho scritto in due anni, tre mesi fa era già pronto e mio figlio è nato quattro mesi fa, quindi non ho avuto il tempo di parlarne. Credo che sia cambiato di più con la pandemia.
Perché?
Scrivo meno, ma non me la prendo. Mi conosco, confido nel mio istinto. Per esempio, Sandro Tonali è nata in due ore, Yoshi in mezz’ora. L’istinto vince sempre, poi è chiaro che in un disco in cui vuoi mettere tante cose lavori in maniera diversa, studiando e ragionando di più, ma davvero, la musica non ha bisogno di troppi ragionamenti.
A proposito di Sandro Tonali, immagino tu sia felicissimo della vittoria del Milan. Vi siete anche incontrati qualche tempo fa.
Sì, la sua manager si è gasata tantissimo. Gli hanno organizzato una festa a sorpresa per il suo compleanno, e la sorpresa ero io, follia. È stato un sogno ad occhi aperti, non ci credevo.