Dargen D’Amico: «”Bir Tawil” si allontana da ciò che credevo di conoscere»
L’atteso album Bir Tawil è arrivato; Dargen D’Amico ce lo racconta in un’intervista che troverete nel prossimo numero di Billboard Italia
Dopo le collaborazioni con Fedez, Tedua e Izi, Dargen D’Amico conclude il 2020 pubblicando venerdì 4 scorso il suo nono album solista Bir Tawil, fuori per Giada Mesi e distribuito da Universal Music Italia.
Come di consueto, Dargen gioca con le parole e con i temi, destrutturando il linguaggio per dargli una nuova struttura, cambiando i punti di vista suoi e dell’ascoltatore. Bir Tawil è un disco che, probabilmente, necessita di più ascolti per essere compreso, un progetto con diversi livelli di lettura, un gioco di luci ed ombre che ne modificano sinuosamente la prospettiva.
Ne abbiamo parlato con Dargen in un’intervista, che troverete integralmente sul numero di dicembre-gennaio di Billboard Italia.
Dopo svariate collaborazioni e un joint album con Emiliano Pepe (ondaGranda, progetto del 2019), in questo album non è presente alcun contributo esterno. Avevi bisogno di uno spazio tutto tuo?
Avevo bisogno di allontanarmi da ciò che ero convinto di conoscere. Seguo nel mio percorso discografico il principio della Dieta mediterranea, e quindi, soprattutto, varietà.
Il titolo è molto evocativo, hai mai visitato Bir Tawil? Nei i tuoi viaggi in tutto il mondo hai avuto modo di incontrare e conoscere diverse persone e quindi svariate culture, questo quanto si riversa nella tua musica?
Tutto e tutti si riversano nella scrittura, tengo fuori giusto l’autobiografia. Forse Bir Tawil ci suona molto evocativo proprio perché non l’abbiamo mai visitato, io ho visto un paio di foto che non sono nemmeno sicuro appartengano a Bir Tawil. Ma è questo tipo di approssimazione che, in un’epoca mappata, anche fotograficamente, genera il mistero. Evocativo anche perché un luogo senza proprietà, senza legge, mi evocava somiglianze con lo studio di registrazione in coworking in cui stavo lavorando a questo disco.
Scrivere un nuovo album ti dà la stessa sensazione di visitare un posto inesplorato e desolato in cui puoi costruire quello che vuoi e come vuoi?
Io devo cambiare, con o senza sarcasmo, la vita vuole questo da me. I dischi, come i viaggi, sono fondamentalmente dei passaggi, poi c’è anche un risvolto artistico, ma principalmente sono passaggi nella natura dell’uomo. I capitoli della mia natura.
Hai messo tante carne al fuoco in questo progetto. Quali sono i messaggi più importanti che vuoi trasmettere?
Non sarei un arrogante senza speranze se fossi io a cercare i messaggi nel disco? Sarebbe paradossale e forse anche avverso al piacere dell’ascoltatore e del critico, e soprattutto dell’ascoltatore più critico. Se c’è una cosa che mi piace rispettare è il lavoro degli altri. Personalmente poi, non ho messaggi. Più tempo passa e meno chiare si fanno le mie idee…
Carmelo Leone – Articolo in collaborazione con lacasadelrap.com