Ecco perché “Bloody Vinyl Vol. 3” è l’uscita del giorno
Le forze messe in campo da Slait, tha Supreme, Low Kidd e Young Miles posizionano Bloody Vinyl Vol 3 come cerniera tra 2 fasi del rap italiano
BV3 è arrivato come un fulmine a ciel sereno. In pochi si aspettavano il terzo capitolo della saga di Dj Slait fra le uscite imminenti, soprattutto per via dei numerosi progetti solisti che erano stati posticipati da inizio anno causa pandemia. Ma dopo lo stupore iniziale ci si è ricordati perché Bloody Vinyl Vol. 3 è il progetto giusto al momento giusto.
Non solo per l’inclusione di due giovani rampolli del beatmaking italiano come Young Miles e tha Supreme sotto l’ala degli autorevoli Low Kidd e Slait, tantomeno per le tappe acchiappa-hype con cui è stata annunciata la release. Machete ci ha sempre abituati bene da questo punto di vista, e per BV3 non c’è stata alcuna eccezione.
Il punto è un altro. Ricordate cosa diceva Marracash in Body Parts? “Vi ho lasciati soli, guarda che succede / Civil War dei rapper: Thaurus e Machete”. Queste barre fotografavano perfettamente la cortina che si era alzata nel 2019 attorno a due fronti del rap italiano, incarnata simbolicamente nello scontro MM4 – Mattoni.
Le frecciate più o meno esplicite si sprecavano – la line di Guè “qua la tua gang si prende gli schiaffi come Bud Spencer” presente in Saluti ha sempre lasciato il dubbio di una stoccata al collettivo (Bud Spencer era un brano di MM4). In ogni caso, anche senza sfociare in un conflitto vero e proprio (il rispetto non è mai mancato) quella sfida aveva appassionato tutti.
Ma una volta esaurita la carica delle frizioni artistiche, serve a poco tenere alti gli scudi. Meglio unire le forze, e ricordare a tutti perché il rap è il genere da battere da qualche anno.
Bloody Vinyl Vol. 3 è un punto a capo sotto molti punti di vista, in cui gli screzi (o presunti tali) vengono messi da parte in nome del movimento. Una mossa coerente con quello che una superpotenza non dovrebbe fare: perdersi dietro a certe stronzate.
Lo si capisce non soltanto dalla presenza di Guè Pequeno nel progetto, ma anche da quella di Taxi B e Greg Willen, cuore pulsante di quella FSK ammonita da Salmo in passato. E ancora, tutto il meglio della nuova generazione.
Non soltanto per attitude e freschezza (come Shiva, Vale Pain) ma anche per penne (come Madame). Ci sono shooter da street hit come Capo Plaza, le sferzate di Massimo Pericolo, voci come Coez e Mara Sattei, padrini come Fabri Fibra, Jake La Furia e Madman, l’affidabilità di Lazza.
È come se Bloody Vinyl chiudesse una parentesi del rap italiano per fiondarlo verso l’immediato futuro con il giusto slancio. I dischi più grossi stanno uscendo, e l’idea di proporre un album collettivo in questo momento è estremamente funzionale per preparare il terreno e lanciare un messaggio di coesione.
Un progetto cerniera che sancisce la volontà non soltanto di sfoggiare ogni possibile sfumatura del game italiano (non dimenticatevi che c’è anche Rosa Chemical) ma di attestare una consolidata maturità del movimento nazionale che si compatta nel momento più complicato. Perché i problemi dell’industria non escludono nessuno, e le rivalità, una volta superate e incanalate nella creatività, portano tutti un piano sopra.