Hip Hop

Epoque: i suoi “Ricordi”, l’afrobeat, la rappresentazione della comunità black. L’intervista

Nata a Torino da genitori congolesi, Janine è cresciuta tra Parigi e Bruxelles ed è la voce che dovresti ascoltare. Abbiamo parlato con lei del suo nuovo singolo insieme ad Ernia e del perché è “solo” un’artista

Autore Greta Valicenti
  • Il22 Marzo 2023
Epoque: i suoi “Ricordi”, l’afrobeat, la rappresentazione della comunità black. L’intervista

Epoque

Una dose massiccia di afrobeat, un pizzico di rap, una manciata di RnB e quanto basta di pop. Sono questi gli ingredienti di Ricordi, il nuovo singolo di Epoque con Ernia.

Classe 1992, nata a Torino da genitori congolesi e cresciuta tra Parigi e Bruxelles, Janine è un bellissimo mix culturale e linguistico che si riflette anche nella sua musica. Cosmopolita e piena di stile, dal piglio assolutamente internazionale ma con la voglia di piantare in Italia le radici del suo afrobeat. Un genere che «non è solo apprezzato, ma anche compreso: la barriera da superare era quella. L’afrobeat tradizionale era ascoltato solo dagli afrodiscendenti, ora invece questo muro è stato finalmente abbattuto», come mi racconta Epoque quando la incontro.

Ma tra gli argomenti che abbiamo toccato con Epoque non c’è solo la musica. Con lei, infatti, abbiamo parlato di rappresentazione, una responsabilità che diventa gratificazione. «Quando ho iniziato questo percorso non ho pensato al fatto di essere nera o di essere donna, è arrivato tutto dopo: ho capito che molte ragazze di seconda generazione si rispecchiavano in me, quindi ho pensato che se devo rappresentare una comunità, devo farlo al meglio che posso». Ma anche del perché i Ricordi di quando era bambina -talvolta anche non troppo felici – sono ciò che la sprona ad andare avanti e a farle tenere a mente che sì, quella della musica è la strada giusta da percorrere.

Come è nato il brano? E perché hai scelto proprio Ernia?

È stato tutto molto naturale. Quella di mischiare l’afrobeat con l’hip hop, un genere che ascolto sin da quando sono piccola, è un’idea che avevo già da un po’. Poi l’anno scorso, per puro caso, sul set ho incontrato Ernia che già di suo era interessato molto al genere che facevo, e parlando ho pensato subito che lui fosse perfetto per poter definire questo pezzo. Quando gli ho mandato il provino era contento e mi ha mandato subito la strofa. Non c’è stato molto da dire, abbiamo parlato più che altro con la musica. Il brano poi è stato proprio un lavoro di ricerca e sono felicissima del risultato.

Quando parli di set ti riferisci a quello di Autumn Beat?

Esatto. Ho sempre amato il mondo del cinema, forse ancor prima di quello della musica. Quando Dikele mi ha chiamata gli ho detto subito sì, anche perché amo i set, e vedere tutto quello che c’è dietro è stato bellissimo. Fare cose nuove per me è sempre un’esperienza stimolante. Poi mi sono sentita tanto dentro e tanto vicina perché all’interno del film parlano il lingala (dialetto del Congo, ndr), che è la mia lingua.

Per altro tu hai vissuto in diverse città, da Torino a Bruxelles a Parigi. Qual è per te il valore aggiunto dell’aver conosciuto tante realtà differenti?

Sicuramente integrarmi tra culture diverse mi ha aiutata un sacco ad essere tanto aperta e capire molte più cose. Quando ero in Francia e a Bruxelles ho visto tanto senso di famiglia, di unione, di spingersi a vicenda, ed è una cosa che mi è rimasta tantissimo. Anche qui piano piano si sta creando questa mentalità grazie soprattutto alle nuove generazioni. Ogni posto ha il suo momento, e in Italia ora è questo. C’è sempre più la voglia di raccontarsi e di parlare delle proprie origini e della propria famiglia. Lo faccio anche io nei miei pezzi, desidero rappresentare quello che sono e il mio passato.

Epoque: «Se devo rappresentare i ragazzi afrodiscendenti, allora voglio farlo al meglio possibile»

A proposito di rappresentazione. In un’intervista hai detto «Mi concentro sull’essere un’artista, non sull’essere un’artista donna o un’artista nera», come se dovessi in qualche modo rappresentare altro oltre a te stessa. È una responsabilità che in qualche modo senti?

Io penso che ognuno abbia il proprio percorso musicale: alcuni vogliono raccontare una storia, altri vogliono raccontare la musica, che sono due cose diverse. Io parlo con la musica. Quando ho iniziato questo percorso non ho pensato al fatto di essere nera o di essere donna, è arrivato tutto dopo. Nelle interviste mi chiedevano com’è essere un’artista donna e nera, quindi queste cose mi hanno portato a pensare “Ok, allora ho una responsabilità perché ci sono tante ragazze di seconda generazione che mi seguono”. Questa responsabilità la uso semplicemente per fare meglio la mia musica: se devo rappresentare i ragazzi afrodiscendenti e la comunità black, allora voglio farlo al meglio possibile. Vorrei che ragazzi come me iniziassero a fare la loro musica in modo libero e con tanta voglia di raccontarsi, perché chi ascolta musica vuole sentire anche delle storie. Per questo ho ascoltato tanto rap.

E sulla tua musica che riscontro stai avendo dall’esterno?

Devo dire molto positivo. Sono felicissima perché l’afrobeat è un genere che sta andando molto a livello internazionale, grazie anche ad artisti come Burna Boy, Rema, Tems che ormai sono inseriti in un contesto super mainstream. Questo mi fa dire che il genere non è solo apprezzato, ma anche compreso: quando capisci la musica la ascolti anche più volentieri, e la barriera da superare era quella. L’afrobeat tradizionale era ascoltato solo dagli africani e dagli afrodiscendenti, il fatto che si sia riuscito ad abbattere questo muro è un grandissimo vantaggio.

I Ricordi di Epoque

Tornando invece al tuo brano, hai detto che la canzone parla di come i ricordi possano influenzare il futuro. Quali sono quelli che stanno influendo sul tuo presente?

Io forse sono un po’ emo, ma a volte sono i ricordi più tristi che mi spronano e mi ricordano perché sono qui e perché voglio continuare. Mi aiuta un sacco rivedermi da piccola, quando pensavo di non riuscire, perché mi fanno rendere conto invece di quante cose ho fatto. Sono tantissimi i ricordi. Quando stavo tanto lontana dalla mia famiglia, o quando c’erano pochissime possibilità di fare le cose, e invece con il tempo, i sogni, le scelte e anche i mille no che sono arrivati, sono qui. E sono qui anche i miei fratelli.

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