Inoki e “Medioego”: «Attenti alla povertà mentale. Tedua il più simile a me»
Esce oggi il nuovo album di Inoki che ci ha raccontato i problemi di oggi tra mancanza di comunicazione e convenienza sociale
La storia di Fabiano Ballarin in arte Inoki è, in gran parte, la storia del rap in Italia. Il rapper classe ’79 ha dato il via, insieme a pochi altri eletti, alla lunga e travagliata stagione dell’hip hop italiano, traghettandolo dalla sua esistenza underground e accompagnandolo fino all’emersione nella cultura popolare del nostro paese.
A distanza di sei anni dall’ultimo album in studio e dopo i primi singoli estratti Nomade e Trema, Inoki è tornato sulla scena con un nuovo progetto, Medioego, in uscita oggi per Asian Fake/Sony Music Italy: 18 tracce che testimoniano la maturazione personale ancora prima che artistica del rapper, capace di ampliare i suoi orizzonti inaugurando un sorprendente futuro.
Non perdetevi l’intervista integrale nel prossimo numero di Billboard Italia.
Inoki, sono passati sei anni dal tuo ultimo album in studio: cosa hai fatto in tutto questo tempo e che riscontro hai avuto dal tuo pubblico?
In questi sei anni è cambiato un po’ tutto. Ho sempre avuto linfa vitale per continuare a fare rap, anche se in tanti momenti non sentivo più gli stimoli giusti. Eppure, la mia gente ha continuato a sostenermi, chiamandomi a suonare in giro mi ha tenuto in piedi in questi sei anni di fatica. Ora che ho trovato nuova motivazione, spero di dargli ciò che meritano e di cui hanno bisogno.
In Medioego, brano che dà il nome al tuo nuovo album, hai fatto in tre minuti un perfetto ritratto del mondo che viviamo oggi. Per te quali sono i problemi più pericolosi del nostro tempo?
Ti direi in primis la povertà mentale; poi, c’è un grosso problema di comunicazione tra le persone, e inoltre c’è questo odio gratuito che non so da dove arrivi, ma che sarebbe meglio se fosse sostituito da un amore gratuito.
In Medioego, a nomi storici dell’hip hop italiano (penso a DJ Shocca, Stabber o Big Joe) hai affiancato tanti giovani della nuova wave (Tedua, Chris Nolan, Garelli…). Sei riuscito a trovare un dialogo che cercavi?
Con una certa lucidità mentale, ho cercato di parlare la lingua dei giovani per poter far capire la mia. Chryverde, un ragazzo con cui lavoravo già da tempo, in questo mi ha notevolmente aiutato. Tedua, tra i ragazzi della nuova generazione, mi sembra il più vero e il più simile a me. Spero di poter cominciare a conoscere meglio anche tutti gli altri e di poter fare più collaborazioni, augurandomi di aver aperto una porta a chiunque abbia voglia di fare musica sulla mia stessa onda.
Proprio Tedua apre la strofa di WildPirata con: “Siamo pochi nei giochi a farlo con la rabbia”. Nella scena di oggi c’è ancora questa rabbia o il fare rap si traduce solo in convenienza sociale?
Purtroppo c’è tanta convenienza sociale ed economica, ma c’è perché esiste nella società. La tendenza globale è quella capitalista, e questi ragazzi sono solo specchi dei nostri tempi. Tedua è un perfetto esempio di chi è riuscito a incanalare la rabbia in qualcosa di positivo, in un’opera d’arte, ed è quello che mi auguro succeda a molti giovani come lui.
Fin dalle origini del genere, l’importanza di avere un nemico nel rap è stato fondamentale. Mi sembra, però, che la percezione degli altri rapper nei tuoi confronti sia cambiata molto negli ultimi tempi. Come va con gli hater?
Negli ultimi tempi, molta gente si è accorta che mi sono rimboccato le maniche e ho provato a fare qualcosa che potesse ancora piacere, ciò ha portato anche alle collaborazioni che ci sono nel disco. Questa cosa degli hater me la vivo bene: non ho più voglia di litigare con nessuno e ho capito che in questa selva di comunicazione pazza e sfrenata è meglio parlare con la musica.
Tirando le somme su questo nuovo album, Inoki questa roba la sa fare ancora, e anche incredibilmente bene. Sei soddisfatto del progetto nella sua totalità?
Sono soddisfatto, sì, ma non abbastanza: voglio essere ancora più old school e ancora più new school contemporaneamente, vivendo in un presente il più sereno possibile. Questo disco per me vuole essere una partenza e non un arrivo.
Federico Antolini – Articolo in collaborazione con lacasadelrap.com