Hip Hop

L’Elfo: «Faccio rap in modo sacrale ma nella scena vedo troppo arrivismo»

In occasione dell’uscita di Vangelo II Luka abbiamo intervistato L’Elfo, tra l’arrivismo dei rapper di oggi, la sua rivoluzione catanese e Niko Pandetta

Autore Filippo Motti
  • Il12 Settembre 2020
L’Elfo: «Faccio rap in modo sacrale ma nella scena vedo troppo arrivismo»

L'Elfo

Il rap chiama, Catania risponde. Lo fa con “Vangelo II Luka”, il nuovo album de L’Elfo, disponibile in formato fisico e digitale su etichetta Polydor/Universal Music.

Anticipato da quattro singoli – Made in Catania, Come Gesù, Boogie Woogie e Si Cummati – , il disco prodotto da Funkyman vanta diverse collaborazioni importanti, come Ensi, Cromo, Clementino, Vacca e Nerone. Spazio anche a due giovani cantautrici (Ludovica Caniglia in Filo Spinato e Niah Steiner in Gig Robot).

Un lavoro ambizioso, che il rapper siciliano ha già eletto «il più maturo che ho fatto finora».

Se cercate un fast project, passate oltre. Se invece volete scoprire (o ri-scoprire) il modus operandi di una tradizione in rima – quella sicula – decennale, è l’album che fa per voi.

Un disco su cui i rappusi di lunga data sosteranno, per la caparbietà nel portare sul beat temi scomodi e personali senza scorciatoie, per gli angoli di Catania che riempiono l’ascolto in certi passaggi, e l’appeal di barre ad effetto che attraversano tutta la tracklist.

L’Elfo ha voglia di dire la sua in un game sempre più distante dal mondo che lo aveva stregato da ragazzino. Il freestyle è un ricordo. Ma tenere in vita quel rap è ancora possibile. Vangelo II Luka punta a differenziarsi anche per questo.

Ce lo siamo fatti raccontare direttamente da lui.

https://www.instagram.com/p/CD_uJqSH4is/

Vangelo II Luka: ci racconti il concept del disco?

Diciamo che il concetto del disco è basato su quella sacralità legata alla chiesa e alla religione, a cui ho associato il duro lavoro e la mia gavetta degli anni passati, questo mio grandissimo amore per il rap che era vivo anche quando non portava nemmeno un euro ed ero praticamente per strada. L’ho fatta sempre in maniera quasi religiosa, questa roba. Li ho messi a confronto con la religione, perché il rap l’ho sempre fatto in modo sacrale.

Una sacralità che sembra smarrita nella scena odierna.

Guarda, oggi sono entrato nel mercato dopo tanti sacrifici, ma noto che sono molto diverso da quello che c’è in giro. Basta vedere quello che va di tendenza. Non sono in quella categoria, penso che chi ascolti L’Elfo sia un feticista delle rime e della vecchia scuola. Fatte ovviamente in chiave moderna.

Nel disco tocchi anche temi piuttosto gravosi, penso a James E Alissa, in cui scrivi di depressione e resilienza…

Il disco è impregnato di sentimenti, è sempre stata la mia chiave. Ma sono anche maturato artisticamente. Quando esprimo un concetto, che riguardi la depressione o un male personale, oggi riesco a farlo meglio. Credo che sentire qualcosa di riflessivo scritto da me oggi, sia più pesante che sentire le mie tracce riflessive del passato. Sono sempre stato un essere umano artisticamente, passo da uno stato all’altro in men che non si dica.

In Panchina Fredda rappi «queste ferite non conoscono cerotti»: il rap ha perso la funzione curativa?

Eccome se l’ha persa, guarda cosa va di moda. Non c’è più tristezza né voglia di rivalsa, noto solo arrivismo, una grandissima voglia di diventare famosi. È questo il motore che manda avanti tutti questi pseudo artisti, sono personaggi che sanno sfruttare le proprie qualità nel mercato musicale. Ma non c’è nostalgia, non c’è la roba di fare musica come bisogno personale. Oggi siamo in un mercato, prendono esempio da chi è riuscito a prendersi la Lamborghini, poi li vedi nelle storie IG e non riescono nemmeno a parlare. Oggi il rap è un teatro. Ai miei tempi era una cosa seria, religiosa.

https://www.instagram.com/p/CERdSe1oWIQ/

Parliamo di Made in Catania:  pensi ci sia stata meno attenzione verso la Sicilia del rap rispetto ad altre regioni come la Campania, la Lombardia o la Liguria? 

Oggi non ci sono scuse, anche se vieni da un paesino sconosciuto puoi arrivare. Ma quando ero piccolo c’erano solo i centri principali come Roma, Milano, Bologna… Sicuramente c’erano altri mc’s in giro, ma era lì, in quelle città, ad esserci il mito dei rapper. Ai tempi la Sicilia non era matura, ho vissuto questo blocco. Poi nel 2017 c’è stato il miracolo, ho iniziato a fare un singolo al mese in dialetto catanese. Questa cosa non mi ha aperto le porte, me le ha proprio spaccate. Sono l’ariete che ha aperto un varco ai giovani dopo di me. Poi non so dirti nello specifico perché la Sicilia no e altre regioni sì, forse c’è il problema dei luoghi comuni. Ai tempi Catania e provincia in particolare non erano pronte rispetto a Palermo. Lì c’erano Stokka e Madbuddy, per me erano i simboli di questa roba.

Palermo comunque viene considerata una realtà molto viva da parecchio tempo, Johnny Marsiglia su tutti… Che mi dici invece dei nuovi talenti di Catania?

Johnny è arrivato dopo però! Ai tempi era ancora Johnny Killa, faceva le gare di freestyle. Su Catania invece, onestamente, non trovo talenti. Trovo ragazzini che vivono il rap come si vive oggi, cercano la mossa giusta per arrivare in copertina, e non lo dico per preservarmi. Non vedo talenti, ma ragazzi che cercano di costruirsi strade solide.

Effettivamente alcuni nomi catanesi sono riusciti a fare il salto mediatico, penso a Niko Pandetta…

In Sicilia al momento il “fenomeno Niko Pandetta” è forse l’elemento più importante a livello di numeri. Ma non è il mio mondo, lui fa comunque neomelodico. Se parliamo del mio genere, gente davvero interessante non ne trovo. Trovo piuttosto gente che lavora benissimo.

In una barra di Come Gesù usi un’immagine davvero forte, quando ti paragoni ad un Husky con 40 gradi (Il sorriso me lo toglieranno/ Solo nel girone dei predestinati/ Ciò che sono va ben oltre l’arte/ Sono come un Husky con 40 gradi, ndr)

Sono contento che ti sia piaciuta! Apprezzo quando l’artista riesce a darti un senso forte, a trasmetterti inquietudine e sofferenza con una semplice frase, anche solo 10 parole. La mia musica è cinematografica nel modo di arrivare, cerco immagini che ti lasciano scosso. Da piccolo il rap che piaceva a me era quello, sono cresciuto con quella scuola. Dare un’immagine ai miei stati d’animo. È la cosa più soddisfacente farla arrivare.

https://www.instagram.com/p/CE-NRsInKhN/

Ci sono due immagini in Tester che volevo farti commentare: “Sono la reincarnazione della fottuta Sicilia” / “Il giorno che faccio un libro Bukowski ti sembra apposto”.

Sono rime legate alla mia “instabilità” mentale. Sono molto umano, a volte fin troppo umano. Se lascio un po’ di inquietudine nelle mie rime cambio umore in maniera repentina, effettivamente a volte mi rappresenta. La reincarnazione è legata all’auto-celebrazione, è una roba goliardica. Il rap in Sicilia non era mai esploso come l’ho fatto esplodere io. I riflettori che ho dato, le rivoluzioni che ho portato, non vi sono mai state. È un vantarsi di tutto questo. Invece la barra su Bukowski è riferita alla mia testa matta.

Volevo chiederti – anche visto il tuo passato – un commento sullo stato di salute del freestyle. E, se ce l’hai, qualche nome valido da consigliare.

Posso dirti? Neanche ci penso più. Non fraintendere, il freestyle è la mia vita, ma non ci penso più. Potrei ancora farlo tutta la notte come quando avevo 14 anni, ma non ho più quello stimolo di informarmi, è come se avessi perso la passione per questa disciplina. Tra l’altro la generazione dopo la mia è fortissima, penso a Reiven, una bestia, Drimer, Hydra… oggi è pieno di ragazzi bravi, ma è cambiata proprio la concezione dei freestyler, lo fanno diversamente. Sono anche più forti, hanno un cervello molto svelto, però hanno perso qualcosa sull’interpretazione e sul flow. Di sicuro sono più reattivi della mia generazione. Quando vedo i freestyler nuovi, rispetto ai precedenti c’è una differenza netta nella reazione di risposta, ammetto che ai miei tempi flow e rime d’impatto erano più curati, così come lo stile degli mc’s… Ma oggi per velocità di pensiero sono dei robot.

Ascolta Vangelo II Luka

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