“Memory”, rap dalle strade di Palermo con Johnny Marsiglia & Big Joe
“Memory” di Johnny Marsiglia e Big Joe è buon disco rap, senza singoloni, né da sentire, né da ballare, ma da ascoltare dall’inizio alla fine
Memory è il nuovo album di Johnny Marsiglia e Big Joe, pubblicato in primavera per STO Records. È il primo disco rap a uscire per l’etichetta che produce i giovani trap boy Ghali e Capo Plaza ed è un buon disco rap, senza singoloni, né da sentire, né da ballare, ma da ascoltare dall’inizio alla fine. Un viaggio fra le cartoline di Johnny e Joe, che in ogni canzone hanno versato un ricordo – non per rivangare il passato, ma per parlare di oggi, di chi sono diventati e di cosa vorrebbero per la loro città: Palermo. Abbiamo intervistato Johnny Marsiglia, il rapper, ma due domande le abbiamo fatte anche a Big Joe, il produttore.
Quale salto senti di aver fatto con Memory?
Ci siamo evoluti. Io nella scrittura ho eliminato tante cose che non erano altro che esercizi di stile. Non sento più il bisogno di dimostrare di essere il più forte. Con Memory mi interessava comunicare. Ci siamo semplificati: il lavoro più difficile per chi fa qualcosa di creativo. Anche Joe, con le strumentali, ha cercato di arrivare dove voleva senza aggiungere cose solo per riempire. Abbiamo cercato di essere più semplici e diretti, e credo che ci siamo riusciti.
Com’è stato accolto Memory dal pubblico?
Sta succedendo esattamente quello che speravamo: che il disco prendesse, la gente si ascoltasse i testi attentamente, capisse che è un album fatto non per immischiarsi con quello che sta succedendo adesso ma per dare una visione diversa.
Come si vive a Palermo?
Palermo è una città difficile, c’è una sorta di negatività sospesa in aria. Tutti pensano che quello che vuoi costruire è troppo difficile da fare. Pensano che se hai un progetto, per realizzarlo devi fuggire. Oppure ti dicono di cercarti un lavoro, di lasciare stare. Per quanto mi riguarda, la vivo molto bene. È una città che mi dà tanto a livello creativo. Ci fa sentire le vibrazioni giuste. Se questo disco non lo avessimo fatto a Palermo non suonerebbe così.
È la prima volta che lavorate a un disco nella vostra città?
È il primo dei nostri dischi ufficiali fatto a Palermo. Per Orgoglio io stavo già su, lo abbiamo fatto a distanza, con Joe che stava a Palermo. Per Fantastica Illusione Joe ha preso tutto il suo setup ed è venuto a Varese. A sto giro sono sceso io. Ci siamo beccati e ci siamo detti: “È arrivato il momento”. Lo studio è all’incrocio tra Via Roma e Corso Vittorio, molto vicino alla Vucciria, in pieno centro. È stato bellissimo. Quando mi sentivo scarico di idee, bastava mettere le cuffie col beat e andare in giro.
Cosa ci facevi su al nord?
Ho fatto per tre anni l’autista-magazziniere per una ditta. Intanto sono usciti Orgoglio e Fantastica Illusione. Adesso vogliamo provare a mantenerci col rap. Nei prossimi anni vogliamo dedicarci a questa roba. Non voglio pensare che sia sbagliato provare a fare qualcosa di diverso. Vogliamo rischiare, per prenderci qualche soddisfazione.
Ascoltando Memory mi sembra che, alla fine, questa negatività che si respira a Palermo contrasti con il vostro amore per la città, e che il tutto si risolva in uno slancio positivo. Della serie “ragazzi, se ci impegniamo, possiamo farcela anche qua”.
Questo è quello che voglio trasmettere. Mi fa piacere te ne sia accorto. Noi nel nostro ci stiamo provando. Anche i video li stiamo realizzando con un regista di Palermo (Fele La Franca) e una squadra composta da nostri amici. È tutta gente che sta sul pezzo, lavora, non ha la visione del palermitano medio. Ha sempre la spinta del “facciamo”. Per me è molto importante: l’obiettivo è far crescere la nostra città. A Palermo c’è tanta gente talentuosa, manca solo la fiducia nelle nostre capacità.
Questa voglia di riscatto per la città ti è venuta dopo il periodo al nord? O è un sentimento che hai sempre provato e solo adesso sei riuscito a esprimere in un disco?
Credo sia una roba che sento più adesso che prima. Non avevo avuto l’esperienza di lavorare e vivere al nord, quindi non avevo un metro di paragone. Avevo la stessa mentalità che avevano gli altri. Quando mi sono trasferito non ho pensato “vado su e faccio il rap”. Ho pensato: “Vado su, mi trovo un lavoro, e se rimane tempo faccio il rap”. Anch’io ero vittima di quella mentalità. Se stai in un posto dove tutti la pensano alla stessa maniera, finirai per pensarla anche tu così.
Vi siete presi un bel rischio, a fare un disco senza singoli che acchiappano.
Non ha senso rincorrere quello che sta succedendo adesso quando abbiamo già una nostra personalità, un nostro immaginario. Abbiamo voluto rischiare perché ora come ora, se non lo facciamo noi, chi lo fa?
Un immaginario, il vostro, che tiene fede alle regole d’oro del rap: Keep It Real e Represent.
Esatto. Allo stesso tempo, però, proviamo a essere anche attuali. Non vogliamo suonare vecchi. Ci sono tante realtà internazionali che hanno il nostro approccio. Penso a J. Cole, Kendrick Lamar, Logic. Nessuno si aspetterebbe che Logic vada così forte in America. Gli artisti che seguiamo hanno questo immaginario: perché non possiamo provare a dare anche noi la nostra versione della cosa, in Italia?
Quanto è faticoso portare un prodotto del genere nel panorama italiano?
Sicuramente bisogna convincere. Quello che a noi interessa è fare tanti live, cosa che potrebbe aiutarci a dimostrare che il progetto vale molto. Ci stiamo già studiando lo show, che avrà sicuramente un upgrade rispetto a quello che portavamo in giro prima. C’è questo nostro amico, Peter Bass, che ha collaborato al disco. Ha 21 anni, ha legato molto con noi e vogliamo portarcelo in giro. È un ottimo tastierista. Poi vorremmo aggiungere altri strumenti.
Chi sono le due bambine che si sentono alla fine di Passione?
Sono note vocali che mi hanno mandato le mie nipoti su WhatsApp. Le figlie delle mie sorelle, con cui sono legatissimo. Volevo metterle in Passione perché quel pezzo parla delle cose più importanti per me.
(Il telefono passa a Big Joe, ndr) Ciao Joe, tu che sensazioni provi per Memory?
A livello di produzione è il mio progetto più bello. Non ho mai lavorato così intensamente, abbiamo curato tutto noi. È stata un’esperienza figa. Secondo me, inconsciamente, mi sono evoluto.
È vero che la tua famiglia possiede una friggitoria a Palermo?
La mia famiglia ha una friggitoria storica a Palermo da 50 anni. Si chiama “Da Mimì”. Adesso ce ne sono tre, i miei fratelli hanno aperto altre filiali. Lo street food a Palermo è ovunque, noi però siamo quelli storici. Vendiamo arancine, panelle, crocchè, pane ca’ meusa… Tutto quello che è street food palermitano.