Con “Fede”, MV Killa ha vinto la sfida contro se stesso. L’intervista
In occasione dell’uscita del suo nuovo album, abbiamo incontrato MV Killa che ci ha raccontato qual è il significato del titolo, del suo rapporto con la scena napoletana e del perché è la più versatile d’Italia
Classe 1995, MV Killa è uno dei tasselli più interessanti di quel grande e fervido puzzle che è la scena rap di Napoli. Mossi i primi passi nell’hip hop nel 2010, il momento cruciale per Marcello arriva nel 2019, con la firma nella BFM di Luchè e la fondazione del collettivo SLF insieme a Vale Lambo, Lele Blade e Yung Snapp, portando dunque avanti la storica tradizione delle crew hip hop italiane, che ormai, nel mainstream, si contano sulle dita di una mano. Dopo il primo disco solista, Giovane Killer, interamente autoprodotto, e il joint album con Yung Snapp, MV Killa pubblica oggi quello che definisce il suo primo, vero, progetto d’esordio: Fede.
Un termine che per MV Killa ha due accezioni, come mi racconta durante la nostra chiacchierata. «Avevo intenzione di riprendere in mano il mio percorso personale e far capire alle persone il mio vissuto, la mia storia e la mia visione della musica. Per questo il disco è stato anticipato da due trailer che spiegano gli altrettanti significati che ho voluto dare a questa parole», mi spiega. «Il primo», in cui MV Killa ripercorre i momenti salienti della sua vita e della sua carriera, dagli inizi ad oggi, «rappresentava la fede che devi avere quando ti prefiggi di raggiungere un obiettivo e scegli di intraprendere una certa direzione».
«Il secondo simboleggiava le sfide che si possono incontrare durante questo percorso. Io ho voluto rappresentare questa cosa attraverso una partita a scacchi contro me stesso perché alla fine è quella la lotta più importante. E anche il pezzo con Emanuele (Geolier, ndr) ruota attorno a questa cosa».
Il rapporto con Geolier
E non a caso, proprio Me vogl bene ha fatto da apripista per questo nuovo capitolo della carriera di MV Killa. Un brano nato dalla voglia di mostrare un altro lato di sé, oltre a quello più street. «Io ed Emanuele veniamo da banger che sono andati fortissimi, ma questa volta la mia idea era fare qualcosa che manifestasse la mia valenza artistica ed emotiva. Per questo avevo voglia di fare con lui un pezzo che facesse emozionare le persone. E non avrei potuto farlo con nessun altro se non con lui, noi siamo davvero come fratelli», continua MV Killa, un artista ambizioso con ancora tanti obiettivi da spuntare nella lista.
E infatti, il fil rouge che unisce i due video è l’idea di ave trasformato niente in qualcosa. Qualcosa, però, non è una parola totalizzante, come faccio notare a Marcello. «Esattamente. Sono consapevole che quando si raggiunge qualcosa si vuole sempre di più. Io sono una persona che non si sbilancia più di tanto, per ora questo qualcosa ci fa stare sereni, ma ho ancora tanto da dare».
Alle orecchie di tutti gli appassionati di rap old school, poi, non sarà sicuramente sfuggita la citazione che suggella il brano nel nome della doppia H (partenopea e non). «Noi siamo cresciuti con i Co’Sang, non potevo non celebrarli citando Chi more pe’ mme. Luchè e ‘Nto hanno dipinto un quadro che noi tutti abbiamo guardato per poi sviluppare la nostra arte. Noi abbiamo il dovere di onorare questa cultura di cui i Co’Sang sono stati una parte fondamentale».
MV Killa: «Napoli è amore ma è anche sofferenza»
Ma Napoli non è solo rap. Napoli è amore, è passione, è odio per le strade – come mi racconta MV Killa – ed è proprio da queste contraddizioni che deriva la versatilità della musica partenopea. «Al rap noi siamo unendo anche l’altra parte di Napoli, quella più sentimentale. Qui c’è tanta sofferenza, ma spesso chi non è di qui cerca di appropriarsi della nostra estetica. Oltre alla musica, noi abbiamo creato una fan base che a sua volta ha creato un mercato che prima non era interessato a noi», spiega MV Killa. «Forse qui è più difficile perché le opportunità mancano e te le devi creare da solo, ma quando entri nel cuore del pubblico napoletano, ti rendi conto che è unico».