Neima Ezza ha portato il flow e la rivalsa delle case popolari ai Magazzini Generali
Dai palazzi di San Siro a uno dei palchi più importanti della sua città senza mai dimenticare le proprie origini e chi ancora aspetta il proprio riscatto dalla vita. Siamo stati all’ultima delle tre date milanesi del Giù Tour del rapper di Zona 7, ma il concerto non ve lo raccontiamo
C’è un intreccio di viuzze, in zona San Siro, incastonate in un quadrato perfetto racchiuso tra via Paravia, via Civitali, via Ricciarelli e via Dolci, che messe insieme costituiscono quasi una sorta di mura. Sacre per chi le abita, inaccessibili per chi le guarda da fuori con occhio diffidente. Però, una volta varcata una delle porte d’ingresso di quel quadrilatero, ti rendi conto che sarà pure meno patinato di quello della moda, ma è anche molto più interessante e in fermento.
@billboarditalia Le parole di @neima_ezza su babygang durante il suo concerto ai #magazzinigeneralimilano . #billboarditalia #neimaezza #babygang #freebaby ♬ suono originale – Billboard Italia
Conosco bene San Siro, per esperienza diretta e per i racconti di mio padre, che proprio in quella via ha trascorso la maggior parte dei suoi 54 anni, e dei miei nonni, che tuttora ci vivono. «Quando siamo arrivati noi, negli anni ‘60, eravamo tutte famiglie del Sud. Poi, negli anni ‘70-‘80 sono arrivati gli eritrei. Adesso c’è stato un altro ricambio».
Un ricambio non solo etnico, ma anche generazionale. Da che ne ho memoria, infatti, San Siro è sempre stato un quartiere residenziale e tranquillo. Il tempo scorreva lento e senza nessun evento che lo scuotesse, tra anziani che tra un bianchino e una mano a briscola trovano compagnia al bar sotto casa, e bambini che giocavano nei cortili un po’ scalcinati.
Il cambiamento di San Siro passa anche dal rap
Ora invece, a darti il benvenuto in questa casbah decadente a pochi chilometri dai luccichii del centro è una scritta nera che campeggia su un muro grigio in via Preneste. “Le case popolari hanno un certo flow”. Che cosa sia il flow, i miei nonni nemmeno lo sanno, ma anche loro si sono accorti che qualcosa in quartiere sta cambiando.
Agli angoli delle strade, al posto dei veterani di zona ci sono ragazzi – perlopiù nordafricani – che fanno freestyle ispirandosi ai rapper, alle sonorità e alle tematiche che arrivano direttamente delle banlieue francesi. Insinuando sempre più la convinzione che sì, forse è proprio questo il futuro del rap italiano.
Tra i primi nomi emersi da quella che ormai più che come San Siro è nota come Seven 7oo è sicuramente Neima Ezza, che ieri sera (e le due precedenti) ha fatto sentire al pubblico dei Magazzini Generali di Milano tutto il flow delle case popolari.
In questo articolo, però, non vi diremo cosa è successo durante la terza data (sold out) del Giù Tour di Neima. I social sono già pieni di video che possono darvi l’idea di ciò che è stato meglio di quanto possano fare le parole. Quello che vogliamo raccontarvi è una storia. Scoperta per caso, facendo due chiacchiere con i ragazzi (giovanissimi) subito dopo la fine delle due ore di live. All’inizio sono diffidenti, sembrano volerci liquidare con un canonico “Bellissimo, ha spaccato”. Poi prendono confidenza, e ci raccontano che fanno parte della comunità Kayròs e che quella sera sono lì grazie a Don Claudio, una vera e propria istituzione a Milano.
I ragazzi di Kayròs: «Neima per noi è un’ispirazione»
Cappellano del carcere minorile Beccaria e fondatore di Kayròs, Don Claudio Burgio dedica anima e corpo alla rieducazione degli adolescenti che passano per la sua comunità. È a Don Claudio che si devono il motto “non esistono ragazzi cattivi” e una narrativa differente e molto più umana e empatica di quella divulgata dai media. «Questi ragazzi hanno avuto un’infanzia per noi inimmaginabile. A stretto contatto con dolore, rabbia, violenza, armi e droga. Io non voglio giustificarli quando compiono azioni illegali, ma cerco di comprendere da dove vengono e di allearmi con la loro parte buona. Che c’è», ha raccontato in un’intervista a Open.
Tra i ragazzi che Don Claudio ha preso sotto la propria ala a Kayròs, anche i giovani della stessa Seven 7oo. Da Rondodasosa a Sacky, da Baby Gang (che Neima ricorda più volte con la scritta “Free Baby” alle sue spalle) a Simba La Rue. E questo è, intuiamo dalle parole dei ragazzi che incontriamo, il motivo per cui si sentono tanto legati. «Stasera siamo qui grazie a Don Claudio e a Neima che ci ha regalato i biglietti. Tutti i ragazzi della Seven 7oo sono passati da noi, vengono spesso. Per noi sono un’ispirazione», ci dicono prima di consigliarci qualche titolo da ascoltare.
«Anche noi facciamo musica, anche se siamo alle prime armi. Neima, Baby Gang. Loro mi ispirano. Per noi la musica è un modo per uscire con la testa e pensare ad altro. Anziché parlarne, i problemi che abbiamo li scriviamo».
E durante l’incontro con i ragazzi di Kayròs, le uniche cose a cui riesco a pensare sono due. La prima, più scontata, è quanto la musica – e, in questo caso, il rap – sia davvero la valvola di sfogo più potente del mondo. La seconda è che se continueremo a concentrarci su quanto questi ragazzi di San Siro ci piacciano o meno musicalmente, senza cogliere la portata sociale di quello che hanno coltivato dal cemento e di quanto sia importante per chi cresce in un determinato contesto riconoscersi in qualcuno che – come Neima Ezza – ti dimostra che sì, dal buio puoi raggiungere la luce e che nessun destino è già scritto, allora faremo la parte degli stolti che fissano il dito anziché guardare la Luna. E che Luna, ragazzi.