Side Baby: «“Medicine” nasce da esperienze passate, ma parla a chiunque viva momenti difficili»
Con “Leggendario RXX Edition” e la live di “Medicine”, il rapper porta in piazza la voce di Roma e resta uno dei suoi artisti più veri

Side Baby non ha mai avuto paura di mettersi a nudo. Dopo “Leggendario”, torna con un repack che non è una semplice aggiunta di tracce, ma un vero e proprio nuovo capitolo della sua storia – e lo racconta in questa intervista. Dentro c’è tutto: collaborazioni che aveva nel cassetto, pezzi freschi appena scritti e la versione acustica di Medicine, brano di cui ieri è uscita la live version su YouTube. Roma è sempre lì, a fare da sfondo e radice. Piazza Testaccio diventa il set della live session e, allo stesso tempo, il simbolo di un legame indissolubile: «Come l’estensione del mio salotto» racconta Side. Perché la sua musica non esiste senza la sua città, e perché raccontare se stesso significa inevitabilmente raccontare Roma.
«Non voglio essere un pupazzo che parla solo di feste e scarpe» ci ha detto, e forse è proprio qui che sta la chiave del suo percorso: nell’onestà, nel coraggio di spogliarsi e nel rifiuto di rimanere incastrato in uno stereotipo. Con lui abbiamo parlato del suo nuovo progetto, della musica come salvezza e del rapporto con la depressione, della chimica in studio con Sick Luke e di quella voglia di spaccare che lo porterà presto sul palco del Red Bull 64 Bars.
L’intervista a Side Baby
È appena uscito il repack di “Leggendario”. Ti va di spiegarci un po’ cosa ti ha spinto ad arricchire l’album con queste nuove tracce?
Quando è uscita la prima versione di “Leggendario” avevamo già diversi brani pronti, ma per vari motivi non siamo riusciti a inserirli in tempo. Erano tracce a cui tenevo molto – come quella con Melons e Faneto – e mi sembrava giusto dargli spazio. A queste ho aggiunto anche pezzi nuovi su cui ho lavorato più di recente: così è nato “Leggendario RXX Edition”.
All’interno del tuo nuovo progetto è presente l’acoustic Version del brano “Medicine”, pezzo che hai pubblicato in seguito all’uscita dalla Dark Polo Gang nel 2018, e allora prodotto da Sick Luke, con il quale recentemente sei tornato a collaborare in “Dopamina”. Che differenza c’è nel lavorare con lui adesso e allora?
Con Luke non è cambiato praticamente nulla. Abbiamo sempre avuto una nostra chimica che funziona in studio. Certo, con il tempo entrambi siamo maturati un po’, abbiamo affinato le nostre capacità, ma il modo in cui lavoriamo insieme è rimasto quello: squadra che vince non si cambia!
Torniamo a Medicine. Nel brano affronti tante tematiche, tra cui la tua esperienza con i farmaci e con la depressione, che definisci “una condizione che dura in eterno”. Qual è il tuo rapporto con la depressione oggi?
Per fortuna in questo periodo mi sento positivo e di buon umore. Però penso che con la depressione, o comunque con quei momenti in cui uno non è al massimo della propria forza psicologica, ci si debba sempre confrontare nella vita. Non per forza parlo di depressione come diagnosi medica, ma anche semplicemente di periodi in cui ci si sente più tristi o appesantiti del solito. Quello che racconto in “Medicine” nasce da esperienze passate, oggi un po’ più lontane, ma resta un tema universale e sempre attuale.
Nei tuoi pezzi hai più volte trattato tematiche riguardanti la salute mentale, talvolta (come in Medicine nel 2018) condividendole su iCloud affinché arrivassero a quante più persone possibili. Secondo te, parlare apertamente di pensieri così difficili può aiutare a rompere i tabù che circondano la salute mentale?
Secondo me sì, bisogna parlarne. Non parlarne è come nascondere la polvere sotto il tappeto: il problema resta, solo che non lo affronti. Io credo che chi fa musica non debba per forza sentirsi responsabile nei confronti del pubblico, ma una responsabilità ce l’ho verso me stesso. Non voglio essere un pupazzo che parla solo di feste e scarpe. Se attraverso una canzone riesco a dare anche solo una parola che fa sentire qualcuno capito, o che lo accompagna in un momento difficile, la musica diventa utile.
Guardando indietro, quale pensi sia stato il momento più importante in cui la musica ti ha aiutato a sentirti meglio?
In realtà non c’è mai stato un momento in cui non sia stato così. La musica è sempre stata una zona franca per me, uno spazio che mi ha aiutato a creare la mia identità. Non c’è mai stato un periodo in cui non abbia pensato che la musica fosse la mia salvezza.
Per la live session di “Medicine” hai scelto Piazza Testaccio, luogo storico di Roma. Che significato ha per te questa location?
Per me è casa. È come l’estensione del mio salotto, la piazza dove sono nato e cresciuto, dove ho la mia famiglia. È il mio luogo sicuro.
Roma è sempre presente nella tua poetica. In che modo la tua città continua a ispirare i tuoi testi e la tua musica?
Side è Roma: sono due cose che non possono essere scisse. Non è una scelta ragionata, mi viene naturale. Roma è la mia isola sicura, tutta la mia vita è qui: le mie storie, le esperienze che vivo. Per forza di cose, quando racconto me stesso, racconto Roma: è la mia identità.
Tra poco sarai protagonista del Red Bull 64 Bars. Sei pronto?
Sono fomentato, non vedo l’ora. Sarà uno show pazzesco, ci saranno tanti artisti che spaccano e penso che anch’io, con il mio pezzo, farò la mia parte. Sicuramente ci divertiremo!
Articolo di Ludovica Boi