Alborosie è davvero “Unbreakable” nel nuovo album con gli Wailers
Alborosie, oltre ad essere uno dei più rispettati artisti reggae a livello internazionale, ha da poco concretizzato quello che definisce il suo “diploma”: la pubblicazione di un album insieme agli Wailers, “Unbreakable”
«Non ho mai voluto essere un’imitazione. È anche per questo che sono venuto in Giamaica: non volevo essere l’artista reggae italiano che fa bella musica ma vive a Milano. Volevo immergermi in maniera totale». È un’immersione che dura da quasi vent’anni quella di Alberto D’Ascola, aka Alborosie, che oltre ad essere oggi riconosciuto come uno dei più rispettati artisti reggae a livello internazionale ha da poco concretizzato quello che definisce il suo “diploma”: la pubblicazione di un album, Unbreakable, con il gruppo reggae per eccellenza, gli Wailers.
«Dall’essere il ragazzino italiano con il poster di Bob Marley – spiega – dopo 25 anni di missione (non la chiamo mai carriera) sono arrivato a realizzare un disco con gli Wailers. Nel reggae ho fatto più o meno tutto quello che potevo». E non è un evento per il solo Alborosie visto che – al netto di alcuni progetti minori – l’ultimo disco importante fatto dagli Wailers insieme risale alla preistoria: Jerusalem di Alpha Blondy del 1986.
A detta di Albo, il piccolo miracolo di una reunion della band che fu di Bob Marley si è compiuto in maniera piuttosto naturale: «Conosco i vari membri da tempo. Ho cominciato a lavorare con Tyrone Downie, il tastierista, a prescindere dagli Wailers. Poi ad Aston Jr. (Wailer “di seconda generazione”, figlio dello storico bassista Aston “Family Man” Barrett, ndr) ho chiesto di suonare la batteria sui pezzi che avevo fatto con Tyrone. Alla fine mi son detto: “Ok, ho Tyrone Downie e Aston Jr; Family Man e Junior Marvin (il chitarrista, ndr) li conosco da tanto…” così ho chiesto a tutti quanti di intervenire».
Unbreakable contiene quattordici tracce di puro roots reggae, anche se non mancano alcune sonorità più moderne, come in Contradiction e nella title track, e una cover insospettabile, The Unforgiven dei Metallica. «Voglio raccontarti come è nata – mi dice Aston Jr. in una telefonata con 12 ore di differenza di fuso orario – Sono andato a un concerto dei Metallica l’anno scorso con la mamma di mia figlia, Alina. È lei che me li ha fatti conoscere e col tempo ho iniziato ad ascoltarli e apprezzarli. Così ho visto il loro live e ho fatto dei post sui social. Albo mi ha scritto dicendo: “Sai? Mi hai appena dato l’ispirazione”».
Non è un caso: «Io sono cresciuto con i Metallica – spiega Alborosie – e The Unforgiven è uno dei miei pezzi preferiti. Solitamente sono molto ferrei: le loro etichette non danno facilmente le liberatorie per le cover. Il pezzo era stato tolto proprio dalla tracklist di Unbreakable perché l’ok tardava ad arrivare. Ma poi la cosa gli è piaciuta e l’abbiamo reintrodotto al volo».
Unbreakable è anche un disco fortemente collaborativo perché – oltre al lavoro degli Wailers – compaiono cinque featuring di varia estrazione: Chronixx («l’artista più in voga qui in Giamaica per quanto riguarda certe sonorità reggae un po’ diluite, crossover»), Beres Hammond («una leggenda vivente, è la storia della musica in Giamaica»), Jah Cure (uno degli artisti più rilevanti della scena giamaicana), i Raging Fyah (una band: in Giamaica non ce ne sono tante) e l’hawaiano J Boog.
«Io spendo tantissimo tempo nella costruzione dei suoni – racconta Alborosie – Sono attento come un sarto: prendo le misure giuste, i colori devono essere adeguati. In questo caso volevo fare un disco con gli Wailers. È chiaro che non potevano essere quelli di Bob Marley: dovevano essere gli Wailers insieme ad Alborosie, bisognava fare una ricetta “50 e 50”. Rischiavamo di fare la brutta copia di Bob». Conferma Aston Jr: «I membri storici degli Wailers non pensavano di creare qualcosa di vicino a quello che avevano fatto con Marley, così semplicemente hanno fatto quello che gli veniva in mente di suonare. Albo ha proposto la sua idea, noi abbiamo aggiunto le nostre e così abbiamo creato la magia».
Nato come espressione della sensibilità popolare giamaicana, nel tempo il reggae si è espanso fino a diventare uno dei generi più transnazionali del globo, tanto che oggi diversi artisti importanti (come i Mellow Mood e lo stesso Alborosie) sono italiani. Per Junior Marvin è una benedizione: «C’è reggae di ogni parte del mondo: Giappone, Sud America, Nord America, Europa. Questi ragazzi sono cresciuti con una storia e una cultura e le mettono nel reggae. D’altra parte quello della Giamaica è un popolo nato da diversi popoli: da molte persone differenti abbiamo creato “one love, one music”».
Già, la musica. Parliamo di un genere che come nessun altro ha saputo far parlare la stessa “lingua” tanto ai giovani delle metropoli europee (Londra in primis) quanto ai popoli sfruttati del terzo mondo: «Perché quel periodo storico dagli anni ’50 ai ’70 – spiega Alborosie – è stato un periodo di rivoluzione. La Giamaica era forse il posto più adatto per alzare una bandiera di rivoluzione sociale con questa colonna sonora che la accompagna, perché i giamaicani sono comunque dei rivoluzionari, anche nella vita quotidiana».
Dalla Giamaica al mondo: «Abbiamo sempre visto come un plus – dice Junior Marvin – il fatto che le persone facessero una loro versione del reggae e lo supportassero, rendendolo internazionale e facendo sentire la gente parte di esso. In Giamaica ovviamente troviamo la nostra cultura, che è meticcia, un mix di persone e diversi stili di vita, e questo si riflette nella musica». Il presente è diverso perché, sottolinea Albo, «Allora il mondo aveva bisogno di reggae: adesso il reggae ha bisogno del mondo. Non c’è più quella rivoluzione che c’era una volta, quindi il reggae fa più fatica».
Chiedo ad Aston Jr. se senta una qualche responsabilità nel portare avanti una storia e un nome come quello degli Wailers: «Sì, è un onore e un privilegio. C’era uno “standard” che Bob ha fissato e gli Wailers lo seguono ancora oggi. Il nostro nuovo messaggio è di resistere all’interno di “Babilonia” invece che abbatterla: meditando ed educando noi stessi per raggiungere pace, amore e unità».
All’orizzonte per Alborosie c’è un progetto di tour con la band: «Ci stiamo lavorando per il 2019. Ma se faccio un tour con gli Wailers devono essere gli Wailers United, il team con cui ho lavorato. È difficile ma qualcosa verrà fuori». Per adesso comunque c’è la soddisfazione (sua e nostra) di un album realizzato insieme a un pezzo di storia della musica, dalla produzione eccellente e orgogliosamente “fedele alla linea”: «Unbreakable è uno dei pochi album reggae al 100% che sono usciti quest’anno. Di solito gli artisti di oggi tendono al crossover: invece io faccio i dischi con gli Wailers».