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Carota de Lo Stato Sociale presenta il suo disco: «Un’esperienza catartica»

Le pubblicazioni soliste della band proseguono con il progetto di Enrico Roberto aka Carota, che abbiamo intervistato per l’occasione

Autore Piergiorgio Pardo
  • Il15 Febbraio 2021
Carota de Lo Stato Sociale presenta il suo disco: «Un’esperienza catartica»

Carota (al centro) e Lo Stato Sociale / foto: Jessica De Maio

In questo weekend Lo Stato Sociale si è tinto di rosso. Merito del terzo dei cinque progetti solisti programmati dal gruppo, uno per ogni membro. Il disco Carota è arrivato giusto in tempo per la festa degli innamorati: non per adempiere ai rituali del calendario dei consumi, ma in fondo perché anche il personale è politico. Rosso è “il Carota” Enrico Roberto, rosso il piglio schietto e immediato di canzoni come Il giorno dopo e DJ di Merda, che proprio non ti mandano a dire una visione disincantata e satirica del mondo.

Pasionaria e postmoderna è poi la disinvoltura con cui in 5 pezzi «per niente facili e sempre poco allineati» l’autore rivede gli stilemi del rapporto di coppia e li rende metafora di un sovvertimento di ruoli indispensabile a un mondo che avrebbe così tanto bisogno di cambiare. È l’ultimo in ordine di apparizione della serie di EP con cui Lo Stato Sociale, già in area sanremese, ha sottoposto il mondo al brioso fuoco incrociato di un “rieccoci” a 5 voci, tutte fuori dal coro. Dopo la chiacchierata con Checco, poteva mancare l’intervista di Billboard Italia con Carota? Noi c’eravamo all’inizio della festa e ci siamo anche stavolta.


Per chiudere il cerchio?  No. Con Lo Stato Sociale si gioca sempre d’apertura.

Carota: l’intervista

Il tuo EP è quello che è piaciuto di più a Checco. Stava dicendo “il più bello”, poi si è corretto in “uno dei più belli”, ma credo perché volesse farci stare anche il suo…


Credo sia il momento giusto per scambiarci i complimenti e coccolarci a vicenda. In generale è l’occasione perfetta per dire “guardate che bella cosa sta facendo mio fratello”. Al di là di questo effettivamente io e Checco abbiamo degli aspetti in comune, sia per quanto riguarda il linguaggio, sia per il background di ascolti, quindi ci può stare il fatto che ti abbia parlato di me.

Ha fatto di più: mi ha instradato all’ascolto dicendomi che avevi fatto un disco con dei suoni molto freschi. È una cosa che ho notato anche io. Ti chiedo subito qualcosa sulla produzione.

Garrincha, la nostra discografica, ha dato ad ognuno di noi la possibilità di scegliere il team che desiderava, ovviamente fra quelli disponibili. Io ho scelto i Mamakass, con cui già ero in contatto e di cui ho apprezzato moltissimo in particolare il lavoro con i Coma_Cose. Anche a loro è piaciuto molto il materiale che ho mandato e la collaborazione ha preso vita subito. Loro sono sia beatmaker, sia musicisti in un senso più tradizionale e quindi erano perfetti per me, per darmi la possibilità di incrociare grammatiche nuove, ma avendo un terreno comune come base di dialogo.

Tra Groove Armada e Willie Peyote

C’è anche un background anni ’90 nel gusto degli arrangiamenti.


Sì, ed è un aspetto che mi fa molto piacere, perché è la musica con cui sono cresciuto. Il giorno dopo per esempio può far pensare ai Groove Armada. È una cosa voluta e mi fa piacere che si noti.

Credo sia anche la musica con cui è cresciuto Willie Peyote, che fa un feat. nel pezzo.

Sì, anche lui è un grande fan dei Groove Armada.

Come è andata la collaborazione con lui? Il binomio a livello di songwriting è perfetto…


Ho un passato come ritornellista per una crew hip hop e mi appassiona il modo in cui anche il cantautorato si stia evolvendo verso il flow e i testi comincino a rotolare ritmicamente in una maniera più moderna. Il ritornello di quel pezzo è stato da sempre concepito per avere una strofa rappata. Con Willie abbiamo lavorato benissimo nonostante la quarantena ed è stato un “buona la prima”, ha beccato da subito le tematiche del brano. Del resto, che gli vuoi dire a uno come Willie?

 A proposito di tematiche, a me è sembrato di rintracciare un filo rosso nel disco. Mi sembra che consista in un ritratto di figura femminile molto particolare: cazzutissima, ma anche un po’ “sottona”, e molesta come l’acufene, fuma un milione di sigarette, si trucca come il Rocky Horror, stringe patti di sangue e in più ti ha mollato. Dobbiamo dire alle fan d’ora in poi di proteggerti?

Sì perché potrei essere io, potrebbe essere la parte femminile di me, che è molto forte ed è anche quella che mi fa rendere conto delle minchiate che faccio. Adesso che mi ci fai pensare trovo bellissima questa cosa. Sono cresciuto con due donne, mia madre e mia sorella, quindi è abbastanza normale che il mio super-io sia femminile.

La catarsi solista

In questo disco ti metti molto in gioco, però mi sembra che le liriche diventino anche il modo per comunicare un senso di inadeguatezza a livello metaforico, quindi anche universale e collettivo…


Un disco solista è anche l’occasione per dire delle cose che stavano lì da tempo, ma certamente credo anche io che certe sensazioni, certi sentimenti abbiano una risonanza che coinvolge tutti. Mare di Cartone, per esempio, riguarda una storia d’amore che è finita perché l’ho visto spegnersi da un giorno all’altro. È scattato in me un allarme, perché, nonostante non volessi fare del male ad una persona che in qualche modo amo tuttora, stava succedendo anche a me qualcosa che potrebbe accadere nella vita di chiunque. Parlarne in una canzone è stato catartico, un po’ una risposta ad un bisogno.

A proposito di cose personali e di risonanza universale, volevo chiederti il posto più strano dove hai fatto l’amore, perché il catalogo che viene fuori dai testi del disco è di tutto rilievo: piano di sopra, spiaggia in Alaska, Colorado, sotto la neve, in volo dal tetto, in un circolo anarchico, in un campo militare in branda, in una street view, sulla Via Lattea fra l’Asia e l’Adriatico.

Manca ancora qualcosa, o magari hai un consiglio da dare ai lettori?

Ahaha sì. Nel caso foste in difficoltà economiche le Poste Italiane fanno dei contratti lavorativi di 3 mesi anche a personale senza esperienza e ti forniscono la macchina. Ho fatto l’amore con la mia ragazza dell’epoca in una di quelle macchine e farlo sopra delle lettere imbustate da consegnare è una esperienza che consiglio.


Dove dovevi consegnarle? In via Ferrarese?

Beh sì, la cito in Al sole dell’ultima spiaggia perché è un luogo importante non solo per me ma per tutta la controcultura bolognese. Un posto storico come il Link stava lì, o anche l’XM24, quello coi murales di Blu. Sono cresciuto nelle case popolari lì intorno e in quel pezzo ho voluto raccontare della difficoltà di immaginare un futuro per chi non ha grosse disponibilità economiche, ma anche di come una rete sociale fatta dalla famiglia, dagli amici possa aiutarti a trovare una strada. Quelli sono anni difficili, ma sono stati anche i più belli della mia vita. È il pezzo del disco a cui voglio più bene.

Insomma, anche il personale è politico.

Ascolta Carota de Lo Stato Sociale

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