Giorgio Poi e “I Pomeriggi”: «Ogni inverno ci insegna qualcosa che rimane per sempre». L’intervista
Il cantautore pubblica “I Pomeriggi”, un brano intenso e umorale, in bilico tra disillusione e aspettative. Lo abbiamo intervistato e ci ha regalato tante riflessioni utili
Fa quasi tenerezza, a ripensarlo oggi, il momento d’oro dell’it-pop. Non certo sotto il profilo artistico, che rimane forte di una serie di dischi ancora attuali e importanti. Ma per come è cambiato il mondo intorno a noi, fuori e dentro la musica. Il nuovo singolo di Giorgio Poi, che interrompe un silenzio discografico di circa due anni, trasforma in poesia il senso di precarietà di questo inverno 2021. E in qualche modo lo risolve.
I Pomeriggi è una canzone intensa e umorale, sempre in bilico fra disillusione e aspettative, malinconie e curiosità. L’inverno che preannuncia è più ciclico che inesorabile. Ha la morbidezza irrequieta di un’onda di Hokusai, il garbo pensoso del Carpe Diem di Orazio e lo abitano “sedie design e gelo”. Prepararsi al suo arrivo però può essere una scelta: non solo istinto di sopravvivenza, ma un gesto di riconciliazione col trascorrere del tempo. Dopo la parentesi più propriamente cantautorale di Smog (Bomba Dischi, 2019) il cantautore ritrova il gusto personalissimo e internazionale, la freschezza visionaria di Fa Niente (Bomba Dischi, 2017).
Il ritornello mantra ha lo stesso spaesamento agrodolce di Niente di Strano e L’Abbronzatura: “non torneremo mai più”, ripetuto all’infinito, finché non ci si consola e non ci si rende conto che in fondo, estate o inverno che sia, la vita ci piace così.
Credo che la vulnerabilità sia un atto di coraggio. Mostrare quello che ci spaventa richiede uno sforzo e personalmente lo apprezzo quando lo vedo negli altri. Quindi sono d’accordo con quello che dici.
È all’orizzonte. Ognuno di noi e nello stesso tempo tutti noi insieme abbiamo in qualunque momento delle difficoltà da affrontare. La complessità del presente che stiamo vivendo però ha acuito la nostra percezione della paura del futuro e lo ha reso un tema collettivo più sentito, ma si tratta di una costante di tutta la storia dell’uomo. Nello stesso tempo però l’ottimismo non è sempre figlio di una forma di miopia. Paura, consapevolezza e ottimismo possono convivere.
«Dagli inverni si impara sempre qualcosa»
Dopo un inverno ne arriva sempre un altro e anche quello che arriva potrà essere una occasione mancata, però penso che da ogni inverno qualcosa si impari e di ognuno di questi inverni rimanga qualcosa dentro ognuno di noi.
L’immagine dell’ombra attraversa tutto il testo: all’inizio è riferita a me, poi assume un senso più corale. Non necessariamente negativo. L’ombra degli amici addosso sembra quasi sporcarti, ma ti fa sentire anche vivo, ti fa percepire il fatto che sei insieme agli altri. È innegabile che questa vitalità oggi non viene quasi mai data per scontata. Che è qualcosa di speciale e così mi è venuto spontaneo raccontarla.
Si tratta di immagini che sono venute di getto, ma analizzandola a posteriori mi sembra che da un lato ci sia una sorta di incertezza, dall’altro la consapevolezza della propria impronta nella realtà circostante. È una via di mezzo tra il sentire la nostra ombra come propria e il percepirla estranea.
Certamente sì. E anche al fatto che personalmente amo molto l’inverno. Se vivi in un luogo in cui l’estate è inesistente, quando termina quel minuscolo assaggio, le due settimane scarse concesse dal clima, sembra che finisca il mondo. Anche se vivo da quattro anni in Italia e le estati sono lunghe, quella sensazione è rimasta.
Direi che ci sono degli elementi che nella scrittura di Smog erano un po’ andati persi e qui appaiono di nuovo. Per esempio, il fatto che la canzone si regga tutta su una linea di basso, come accadeva spesso nei brani di Fa Niente. Anche queste però non sono scelte predeterminate. Semplicemente il pezzo è nato così.
La batteria è suonata da Francesco Aprili, che è infatti il musicista che mi accompagna sempre dal vivo. E una cosa particolare del lavoro in studio è che abbiamo registrato con un quartetto d’archi vero, che ho arrangiato io in preproduzione e ho poi rivisto con un quartetto d’archi bravissimo, che si chiama Quartetto Leonardo.
Giorgio Poi, da Summertime ai prossimi progetti
Ho sempre associato la scrittura a delle immagini, ma la cosa peculiare del comporre della musica per un film è che non puoi usare le parole. Le immagini che di solito si esprimono attraverso i testi devono essere comunicate dalla musica e devono sposarsi con quelle del film. È stata una esperienza interessante, che spero di rifare e che ha lasciato un segno sul mio modo di arrangiare, ma anche sulla scrittura vera e propria.
Il progetto c’è, è in corso di realizzazione, ma non so ancora dirti niente sui tempi.
Sì, ci saranno probabilmente delle collaborazioni future, ma anche su questo ancora non posso anticipare nulla.
Dunque arriverà l’inverno giusto, o una stagione per attenderlo.