Indiegeno Fest: Q&A con Maria Antonietta, CRLN e Giorgieness
Tutto pronto per l’inizio di Indiegeno Fest, dal 3 al 9 agosto a Patti e Tindari. Abbiamo intercettato per un Q&A alcune delle ragazze della line up: Maria Antonietta, CRLN e Giorgia dei Giorgieness
Manca poco all’inizio di Indiegeno Fest 2018: dal 3 al 9 agosto il festival porterà a Patti e Tindari, in Sicilia, molti degli artisti più rappresentativi della scena indipendente italiana. Ne abbiamo approfittato per scambiare due battute con alcune delle ragazze della line up di Indiegeno: Maria Antonietta, CRLN e Giorgia dei Giorgieness.
Come ti sei avvicinata alla musica?
[Maria Antonietta] Direi sostanzialmente grazie al movimento riot girl dei primi anni ’90. Vedere tutta una serie di ragazze che si esprimevano senza autocensurarsi e anzi con una certa spavalderia è stato di grande ispirazione per me: mi ha spinto a trovare una via per rendere produttiva la mia timidezza.
[CRLN] Mi sono avvicinata alla musica quando ero molto piccola. Mi vergognavo moltissimo ma mi è sempre piaciuto cantare. Ho preso qualche lezione di canto e poi di chitarra e di basso e così crescendo mi sono aperta un canale YouTube in cui caricavo delle cover.
[Giorgieness] È stato un processo lento, di cui mi sono accorta negli anni. È successo fin da piccola tramite i miei genitori, soprattutto mio padre, che ha sempre avuto un ruolo importante nella mia vita: a un certo punto mi ha messo una chitarra in mano – verso i sei anni – e ho subito iniziato a scrivere canzoni. Quando avevo 14 anni ho fondato con un’amica la prima band e verso i diciannove è nata Giorgieness. A quel punto ho capito che volevo fare questo nella vita e ho iniziato a metterci davvero anima e corpo. Nonostante siano sette anni che non mi fermo, raramente mi sento davvero stanca. E dire che alle medie ero convinta di voler fare l’attrice drammatica…
Ti ricordi la tua prima esibizione in pubblico?
[M] Forse fu durante una specie di borsa di studio per la lingua tedesca che vinsi a 17 anni. Andai in Germania frequentando lì per un breve periodo il liceo e durante la festa finale suonai – credo – una cover delle Hole.
[C] La mia prima vera esibizione in pubblico è avvenuta quando avevo 16 anni. Avevo un gruppo. Ci ispiravamo tanto ai Joy Division e scrivevamo in italiano. Io suonavo il basso ed ero la seconda voce. Abbiamo partecipato a un contest della zona e fu un mezzo disastro perché ero molto agitata e mi dimenticai di accordare il basso prima di iniziare a suonare. Era scordatissimo e cantarci sopra fu una bella impresa. Però ci siamo divertiti molto.
[G] Certo. La primissima è stata verso i dieci anni a un piccolo festival canoro per bambini in Calabria – dove viveva mio padre e di conseguenza passavo le vacanze. Ho cantato Www.MiPiaciTu, ebbene sì. Il primo vero concerto è arrivato poi con la band di cui parlavo, a 14 anni. Eravamo un quartetto di ragazze punk in un pub della Valtellina. Ci sono delle foto ma spero non escano mai, ero una sorta di Amy Lee vestita malissimo.
Scegli tre dei tuoi pezzi da far ascoltare a chi ancora non ti conosce.
[M] Vergine, Deluderti e Cara Ombra.
[C] Sicuramente consiglierei di ascoltare Con Tutti i Miei Difetti, un pezzo dai toni alquanto strazianti che sento in modo particolarmente forte in questo periodo. Poi Da Capo per chi non vuole essere triste e preferisce sonorità più “allegre” e In un Mare di Niente che è il pezzo per i momenti di relax in cui l’unica necessità è quella di evadere dal mondo. Alcuni di questi non sono i miei preferiti ma sarebbero comunque i primi che farei ascoltare a qualcuno che non conosce la mia musica.
[G] Di solito faccio ascoltare Che Cosa Resta o Non Ballerò. Però poi tutti si convincono con K2.
Che significato dai alla parola “indie”?
[M] Nessuno, onestamente. Non significa niente, accomuna in maniera piuttosto superficiale esperienze e output che sono lontanissimi e spesso non condividono quasi nulla.
[C] Non l’ho mai dato in verità! In generale non amo le etichette ma se servono agli operatori dell’ambiente musicale va bene così. C’è sempre questo bisogno di chiedersi che genere stia portando avanti quel determinato artista quando la chiave starebbe semplicemente nel non chiederselo. Per me indie ormai è moda e ora ha anche un nome nuovo, itpop. A me piace la moda e mi fa piacere “stare sul pezzo” ma mi sono accorta che in generale questa cosa ha creato molta confusione e che molti dei miei amici artisti non hanno ancora capito se fanno parte di questo macrocosmo dell’indie e la cosa sinceramente mi diverte molto.
[G] Non saprei, non credo che in Italia soprattutto abbia un gran senso. Nel senso comune, probabilmente, sta ad indicare tutta la musica che non passa dai canali più grossi e che nasce in sale prove.
Che futuro vedi per gli artisti indipendenti in Italia?
[M] Vedo un futuro nel quale difendere la singolarità, l’identità e il coraggio si configura come un impegno di responsabilità.
[C] Al momento mi sembra davvero roseo. Gli indipendenti stanno surclassando totalmente i classici – per non dire vecchi – nomi che girano in Italia da una vita. Una volta un artista indipendente non poteva neanche sognare di riempire uno stadio se non firmava con una major. Ora c’è molto più interesse e molta più apertura. La musica non è canalizzata in quei soliti talent show. C’è molto altro per fortuna.
[G] Onestamente luminoso. Credo che si stia finalmente superando questa sorta di divisione mentale e si stia arrivando a parlare di musica e basta. Forse è solo una mia speranza, non solo per me stessa ma per la musica in generale che credo nel nostro paese abbia bisogno di questo cambiamento. Ho sempre ascoltato i generi più diversi chiedendo alla musica una sola cosa: emozionarmi. Il Primo Maggio di quest’anno mi ha emozionata parecchio: vedere così tanti amici e colleghi finalmente lì su quel palco tutti insieme è stato un bel momento per me.