“Niente di Me” e la scena R&B italiana: conversazione con Ainé
Ainé ha pubblicato il suo secondo album, “Niente di Me”: 11 tracce in cui si apprezzano la strumentazione analogica e il portamento “all’indietro”. Ma esiste una scena R&B italiana?
Da qualche tempo abbiamo accolto con gioia il consolidamento di quella tendenza che potremmo definire – con molta cautela – R&B all’italiana. Sonorità “classiche” di ascendenza soul e funk trovano una riattualizzazione nel lavoro quegli artisti che le fanno proprie senza scimmiottarle, in maniera non citazionista ma con una produzione al passo coi tempi: per esempio Ghemon, Venerus, Davide Shorty. Fa parte di costoro Ainé, uscito da poco con il secondo album (ma il primo con una major, Universal): Niente di Me.
L’album – che a tratti ricorda una versione rilassata dei Jamiroquai (Ascolta Bene, Solo un Po’), anche se il riferimento immediato potrebbe essere un emergente internazionale come Rex Orange County – contiene undici tracce in cui si apprezzano la prevalenza di strumentazione analogica e l’interpretazione tutta “all’indietro”, approggiata sul beat. Non di mero citazionismo neo-soul si tratta, come dicevamo, ma semmai di una variante di quel mondo indie pop italiano che negli ultimi anni ha dato frutti anche eccellenti. Ne parliamo con lui davanti a una pizza in una giornata gelida ma luminosa a Milano.
Tu accetti una definizione di “R&B all’italiana” per il tipo di musica che fai?
Sì, la base è quella. Poi Niente di Me va anche verso altre sonorità: rock, pop… Ieri abbiamo dato quella che secondo me è una bella definizione: new pop. Quindi non credo di collocarmi in una strada precisa, però secondo me il pop al momento riesce a mettere d’accordo tanti generi musicali diversi.
Personalmente sento il tuo tipo di approccio al songwriting e alla produzione anche in altri artisti italiani come Ghemon e Venerus. Secondo me si sta andando verso un consolidamento di una piccola scena R&B in Italia che fino all’altro ieri è stata sporadica.
Certo, Gianluca (Ghemon, ndr) è un amico, abbiamo già fatto un pezzo insieme (Nel Mio Mondo, 2016, ndr). Venerus l’ho conosciuto. Sui social ci siamo scritti e lui mi ha confidato che lui abitava a Londra e avendo sentito le canzoni che avevo scritto gli è venuta voglia di fare questo genere in italiano. È stato bello dare uno spunto. Credo che questo sia un momento importante per la musica italiana, sono contento di quello che sta uscendo. Credo che adesso la gente sia pronta per la diversità. Anche l’indie sta facendo belle produzioni. Comunque il pop moderno è quello che a me piace di più. Niente di Me ha molto di quello.
Sul disco utilizzi una strumentazione prevalentemente analogica…
Sì, vecchio stile. Sono stato a registrare una settimana con la band con strumenti analogici. Ho fatto poca post produzione perché volevamo dare a Niente di Me un carattere più vero, più suonato.
Infatti ultimamente ci siamo abituati a un certo tipo di sonorità sintetiche, quindi quella è una cosa che si rischia un po’ di perdere che però dà un tipo di dinamica completamente diverso. Come strumentazione che cosa avete utilizzato nello specifico?
Abbiamo usato batteria, piano, synth analogici meravigliosi, anche organi come l’Hammond. C’è stato un grande lavoro dietro.
Non una cosa scontata. E invece per quanto riguarda gli ospiti di Niente di Me – Mecna e Willie Peyote – come li hai coinvolti?
Tra di noi c’è prima di tutto un rapporto umano che ci lega. È stato facile trovarci in musica. Sono molto contento del risultato, loro sono stati molto disponibili a fare le canzoni, hanno dato una marcia in più.
Tu sarai in tour da fine febbraio. Come porterai Niente di Me dal vivo?
Sì, partiamo il 27 febbraio all’Auditorium Parco della Musica e poi saremo in tutta Italia. Saremo all’Ohibò di Milano il 15 marzo. Ci sarà tutta la band sul palco.
È uscito il tuo nuovo video, per la title track Niente di Me. Ha un carattere molto estetizzante, da fotografia.
Abbiamo voluto ricreare un set di moda, infatti ho dovuto indossare vestiti di Vogue costosissimi, una cosa che non mi si addice molto, però è stato divertente.
In generale che tipo di identità visiva vorresti sviluppare? Magari una cosa coerente con questo video?
No, cambierà sicuramente. È bello anche differenziare, magari per il prossimo avrò un mitra e sarò vestito come Sandokan! (ride, ndr)
Ci racconti la tua formazione musicale? Tu hai fatto studi di musica piuttosto consistenti.
Credo sia stata una cosa fondamentale per me come persona e come musicista. Per me è stata una bellissima occasione per toccare i luoghi da cui tutto è partito: New York, Los Angeles, il Berklee di Boston (college di musica fra i migliori del mondo, ndr). Io ho studiato sia al Berklee che a Los Angeles, ho preso due borse di studio, per poi andare a vivere a New York. È stato fondamentale per la mia crescita, sono partito quando avevo 17 anni. È una scelta che difficilmente puoi fare da solo perché ha dei costi improponibili. Senza le borse di studio non mi sarei mai potuto permettere scuole del genere.
Secondo te in America c’è più attenzione sociale e culturale verso il mestiere del musicista?
Sì, da parte dei non addetti ai lavori. Però il mondo sta cambiando perché sta diventando figo anche in Italia. È una cosa che ha i suoi svantaggi: tutti oggi vogliono fare i cantanti. Dieci anni fa ero l’unico a cantare. Dicevo che facevo il cantante e mi guardavano come un pazzo. Adesso tutti vogliono fare quello, sembra che chi non ha una cosa da fare faccia il cantante. Io ho amici della mia scuola che mi hanno mandato delle canzoni. Magari hanno anche un minimo di seguito però non hanno alcun tipo di spinta reale. Comunque è un momento molto buono per la musica in Italia, forse non è mai stato così competitivo.
E il mondo radiofonico secondo te come si è adattato?
Io con le radio ho un bel rapporto, passano le mie canzoni su Deejay, Radio 2, Capital… Non mi posso lamentare. Sulla mia pelle sono contento, c’è un’apertura nei miei confronti e la mia musica piace. Però non so rispondere per conto di chi non riesce ad avere quella visibilità.
Ainé – Tour
- 27 febbraio – Roma, Auditorium Parco della Musica
- 8 marzo – Parma, ZU
- 9 marzo – Torino, Astoria
- 14 marzo – Bologna, Covo Club
- 15 marzo – Milano, Circolo Ohibò
- 16 marzo – Vicenza, Vinile
- 22 marzo – Genova, LaClaque
- 23 marzo – Pisa, Lumiere Pisa
- 29 marzo – Terlizzi (Bari), MAT laboratorio urbano
- 30 marzo – Avellino, TILT
- 31 marzo – Foggia, The Alibi
Ainé – Bio
Arnaldo Santoro, classe 1991, ha una solida esperienza musicale alle spalle. Dopo gli studi a Roma si trasferisce a Los Angeles per frequentare la Venice Voice Accademy. Dopo questa esperienza parte per una tournée teatrale con Gegè Telesforo, con cui scrive il singolo Last Goodbye primo in classifica su iTunes per tre settimane nella categoria jazz.
Con Giorgia è al piano nel video di Non Mi Ami. Nel luglio 2015 vince la borsa di studio del Berklee College of Music di Boston messa in palio all’Umbria Jazz. A fine aprile 2016 esce il singolo Dopo la Pioggia, con il featuring di Sergio Cammariere e il relativo videoclip per la regia di Raoul Paulet.
Il 24 maggio 2016 esce il suo album d’esordio Generation One, con featuring appartenenti al mondo musicale italiano e internazionale a cui segue nell’autunno del 2017 la pubblicazione dell’EP UNI-VERSO. Nel 2018 viene chiamato da Giorgia per duettare con lei nella rivisitazione di Stay (cover di Rihanna ft. Mikky Ekko) contenuta nel nuovo album di lei, Pop Heart.