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20 citazioni di Lucio Dalla per festeggiare i suoi 80 anni mancati (e che mancano)

Ricordiamo il grande cantautore scomparso nel 2012 con i suoi pensieri sulla musica e sulla vita

Autore Billboard IT
  • Il4 Marzo 2023
20 citazioni di Lucio Dalla per festeggiare i suoi 80 anni mancati (e che mancano)

Lucio Dalla presso lo studio di registrazione del Castello di Carimate (foto di Renzo Chiesa)

Lucio Dalla avrebbe compiuto oggi 80 anni. Ennesimo compleanno mancato per uno dei cantautori più amati della canzone italiana, ormai scomparso da più di dieci anni. Una ricorrenza quasi impossibile da dimenticare, non fosse altro che per quella canzone – 4 marzo 1943 – che lui stesso aveva dedicato alla sua data di nascita. 

Oggi Lucio Dalla viene giustamente considerato e celebrato da tutti come uno dei cantautori più importanti della nostra penisola. Ma nel corso della sua lunghissima carriera non sempre è stato apprezzato e compreso dal grande pubblico. Eppure, gli va dato atto, non ha mai smesso di tentare. La carriera di Dalla è fatta di tanti nuovi inizi – dal Jazz al beat, a Sanremo, agli album “impegnati” con Roversi. A quelli in proprio come cantautore, fino al successo commerciale di massa negli anni ‘80 e ‘90 e alla sua “parabola discendente” degli anni zero. Quando gli interessi extramusicali cominciarono a diventare sempre più ingombranti. Musicista, cantante, cantautore, grande comunicatore (ha persino tenuto un corso di Comunicazione all’Università di Urbino) e grandissimoanimale sociale, Lucio Dalla amava la gente e voleva essere amato dalla gente. 

Ecco allora che oggi abbiamo deciso di rendergli omaggio con 20 citazioni che esprimono bene il suo percorso e il suo pensiero.

Sul jazz

Intuivo che c’era una grave frattura fra quello che era la musica che io producevo e l’oggetto della mia musica. Che naturalmente doveva essere il pubblico. In fondo il jazz è un linguaggio sconosciuto, proprio biologicamente. È una musica che ci riguarda solamente dal punto di vista intellettuale. Possiamo amarla ma non possiamo capirla, non possiamo farne roba nostra. Per cui il jazz mi è rimasto come bagaglio tecnico per potermi esprimere e fare una musica che sia una musica non underground. Ma tratti di problemi mediterranei, di problemi… cioè, quasi di nostro folklore, praticamente.

Su Sanremo: gli stranieri

Mi fa piacere constatare anche che finalmente quest’anno a Sanremo non ci saranno i soliti vecchi cantanti stranieri che approfittano del sole italiano per venire a curarsi l’arteriosclerosi.

Su Sanremo: gli italiani

Io sarò in coppia con i formidabili Rokes e canterò Bisogna saper perdere. Sarà una accoppiata aggressiva, cercheremo di portare su quel palcoscenico freddo, pieno di paure, di speranze e di delusioni il vostro grido, cercheremo cioè di sgelare il pubblico dei “visoni e dei brillanti” immaginando voi al posto dei signori di mezza età (che rispetto) cercando di cambiare il loro applauso con il vostro urlo. Ciao a tutti.

Su Sanremo: la censura

«Giocavo alla Madonna» e loro: per l’amor del cielo, la Madonna non si tocca. In origine cantavo: «E ancora adesso che gioco e rubo e bevo vino» e loro: per l’amor del cielo, l’epitaffio al ladro mai. E quindi niente Madonna e niente rubare. «Lei capisce: Sanremo è una trasmissione molto seguita, entra in tutte le case…».

Su Sanremo: la stitichezza

Io, dopo Sanremo, sono stato male per quattro giorni. Per l’emozione m’ha preso la stitichezza.

Lucio Dalla sul rapporto con pubblico

Il pubblico favoloso è quello delle balere, quello meridionale, che ti dà il rapporto umano indispensabile tra chi canta e chi ascolta: l’unico, vero messaggio che puoi cercare con la musica.

Sulla timidezza che diventa incoscienza

Alla base di tutto ci sta una timidezza che la vita, la maturità, i calci nei denti che ho preso da una lotta continua con me stesso hanno tramutato in incoscienza. Incoscienza, ulcera, insonnia e mal di fegato.

Sulla bellezza

Credevo che uno con la faccia come la mia potesse impunemente sviolinare cose d’amore e invece gli altri morivano dal ridere.

O affoghi nel complesso d’inferiorità o ci scherzi sopra. E ci ho scherzato sopra.

Sulla coppola

Dice: e la coppola, che bisogno c’è della coppola? Dico: portare la coppola è contro il buoncostume? Dico: sempre avuta la mania dei baschi, dei caschi, dei cappelli, abbiate pazienza e chiedo perdono.

Lucio Dalla su Bologna

È una città che ho amato moltissimo fino a pochi anni fa. L’ho amata perché avevo paura, perché ero insicuro, però in fondo esiste sempre questo rapporto edipico fra un uomo e la propria città, fa parte di una sua maturazione.

Sul lavoro

Nel senso che non è mio il mondo del lavoro. Nel senso che non trovo nemmeno giusto che per vivere l’uomo debba lavorare.

Lucio Dalla sull’amore

Io credo all’amore anche in senso antropologico. […] Alla fine l’amore è il ricordo, l’amore sono i sentimenti, l’amore sono recuperi sentimentali, l’amore è tutto. Molte mie canzoni, che non sono canzoni dichiaratamente d’amore, sono… come si può dire: ricerche comunicative d’amore, sono cantate con amore, parlano di situazioni dell’uomo. È sempre un fatto estremamente sentimentale. Io credo nel sentimento come componente fondamentale dell’ideologia.

Sulla Luna

Il mio mondo è un mondo notturno, questo per ragioni professionali oltreché di simpatia. Mi sembra quindi abbastanza logico che io mi riferisca spesso alla luna. La luna per me poi è l’immagine della città, non è un’immagine evocativa come può essere il mare, è un qualcosa di estremamente concreto: io Roma, Bologna, Milano me le ricordo attraverso le loro lune, queste palle che schiacciano le case, i palazzi.

Sul mare

Uno degli argomenti che mi condiziona maggiormente è il mare. Io amo il mare in maniera incredibile, tant’è vero che le mie canzoni sono quasi tutte canzoni di mare, o canzoni di porto, o canzoni che parlano di quell’ambiente. Appena posso raccontare, racconto di mare.

Lucio su “Come è profondo il mare”

Ci sono due situazioni inconciliabili. Da una parte l’uomo normale, battuto umiliato da sempre; il popolo con la sua forza, ma con le sue sconfitte, che non riesce a essere felice perché la sua classe viene sempre allontanata da una situazione di benessere. Per cui ci sono milioni di situazioni differenti di emarginazione e di violenza nei confronti di questa classe, nelle piccole come nelle grandi cose. Dall’altra parte ci sono quelli che comandano, non solo perché hanno il potere, ma anche perché questa loro smania di potere è diventata caratteriale. Il piacere è negato a una classe ed è privilegio solo di un’altra che se ne serve fino a forme di sadismo nell’opprimere l’altra classe. Questo è il discorso che dovrebbe venire fuori dalla canzone. Naturalmente per fare questo avevo bisogno della metafora.

Il mare quindi rappresenta molte cose: l’immensità del pensiero e della coscienza oppure l’enormità delle cose ancora da fare. 

Lucio Dalla sulle canzoni di denuncia

Non ho mai creduto in maniera totale alle canzoni di denuncia, di protesta. Ne ho fatte anch’io, hanno avuto una funzione, ma adesso per fortuna è finita. Da tempo ho avvertito l’esigenza di canzoni che io chiamo di proposta. Cioè? Canzoni che parlino di cose reali, quotidiane. E che servano da collegamento tra me e gli ascoltatori e tra gli ascoltatori e se stessi, al di fuori di tutte le strutture imposte, falsamente di impegno.


Lucio Dalla sulle canzoni e basta

Si dovrebbe avere l’onestà di ammettere che una canzone è una buona canzone perché mi mette allegria, mi fa accarezzare la mia donna, mi fa scopare, mi fa tenere in braccio il mio bambino, mi fa venire voglia di stare assieme agli altri. Perché vogliamo chiedere di più alle canzoni?

La mia grande ambizione è quella di aver fatto un disco non per me, ma per gli altri, per la gente che sta a Rimini a mezzogiorno del 15 agosto [a proposito di Cambio, il disco di maggior successo di Dalla].

Per fare canzoni amate dalla gente bisogna amare la gente. Una cosa è certa: a 80 anni di distanza da quel 4 giugno 1943 quell’amore è ancora ricambiato. 

Articolo di Andrea Pazienza


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