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Fabrizio De André, perché la sua eredità è fondamentale

Buon compleanno Faber, oggi avresti compiuto 80 anni e ci manchi. Ma siamo fiduciosi perché Fabrizio De André continua a vivere in testi, voci, suoni

Autore Benedetta Minoliti
  • Il18 Febbraio 2020
Fabrizio De André, perché la sua eredità è fondamentale

Fabrizio De André. Credit: Gino Lazzaroni

Ci vorrebbe una vita intera per raccontare l’immortalità della musica e dei testi di Fabrizio De André. Oggi, martedì 18 febbraio, il cantautore genovese avrebbe compiuto 80 anni.

Scomparso 21 anni fa ha lasciato un’eredità incredibile, composta da 15 album in studio che hanno fatto la storia della musica italiana. Qualunque parola utilizzata per parlare di Faber risuona banale, scontata, ripetitiva. Sembra che su di lui sia già stato detto tutto. Nonostante questo, un omaggio a quello che è stato per tutti noi è fondamentale.


Tra gli omaggi, oggi e domani sarà ancora disponibile in oltre 370 cinema Fabrizio De André e PFM. Il Concerto Ritrovato. Lo storico filmato, recentemente ritrovato dopo essere stato custodito per oltre 40 anni dal regista Piero Frattari, è diventato un docufilm, diretto da Walter Veltroni, dedicato ad una pagina importantissima della storia della musica italiana.

Faber ci ha lasciato un patrimonio artistico immenso, pieno di verità e di dolore, che continueremo a tramandare (molto probabilmente) per sempre.


È innegabile: di Fabrizio De André c’è ne uno, punto. Ma bisogna anche guardare con positività al nuovo cantautorato italiano che oggi più che mai sta provando a raccogliere la sua eredità.

Faber Nostrum

Non a caso, lo scorso aprile, è uscito Faber Nostrum, un album tributo al quale hanno partecipato molti artisti della nuova scena musicale del nostro Paese. Nel disco, cantanti come Motta, Vasco Brondi e Willie Peyote hanno reintepretato alcuni tra i brani più celebri di Faber. Da Verranno a Chiederti del Nostro Amore a Il Bombarolo, da La Canzone di Marinella a Il Suonatore Jones, la storia del cantante genovese è rinata nelle voci del nuovo cantautorato italiano.

«Queste operazioni ci confermano che c’è sempre un forte punto di congiunzione e comprensione fra più generazioni e diversi linguaggi» ha detto Dori Gezzi parlando di Faber Nostrum.

Una dovuta premessa: De André non è emulabile. La sua poetica, il suo modo di affrontare le tematiche sociali con delicatezza e onestà e di raccontare la sua Genova più disagiata, sono irreplicabili. Ma a questo punto ci si infila in un discorso più grande di noi. Un po’ come per l’arte. Non esiterà mai un altro Caravaggio, ma non per questo chi è venuto dopo non è stato in grado di raccogliere la sua eredità.


Ed è proprio da qui che bisogna partire per capire che tantissimi cantautori italiani, e non solo, nonostante affrontino tematiche e utilizzino linguaggi diversi, stanno provando a raccogliere quello che lui ha seminato e visto fiorire durante la sua carriera.

C’è chi è riuscito a mettere insieme la sua sfera personale, sentimentale, con quella più politica e di critica sociale. Chi racconta il disagio della propria città, accompagnandolo a quello della propria generazione. Gli artisti hanno scelto di cogliere aspetti diversi della produzione di Faber, dal suo realismo al suo modo di raccontare gli oppressi, dal dolore della realtà umana alle battaglie in musica contro i più forti.

Gli artisti omaggiano De André

Facendo un passo indietro, a molti anni prima di Faber Nostrum, gli omaggi al cantautore sono stati tantissimi. E, soprattutto, di artisti provenienti da scene musicali differenti. Nel 1994 Mia Martini incide Hotel Supramonte e Fiume Sand Creek per il suo album La Musica che Mi Gira Intorno.

Dieci anni dopo, nel 2004, gli Afterhours includono la loro interpretazione di La Canzone di Marinella nel loro EP Gioia e Rivoluzione. E ancora: Clementino che nel 2016 porta sul palco del Festival di Sanremo Don Raffaè, e Izi che nel suo ultimo album, Aletheia, include la reinterpretazione di Dolcenera.


Ultimo, in ordine cronologico, Mika, che solo qualche settimana fa ha reso omaggio al cantautore al 70esimo Festival della Canzone Italiana, reinterpretando Amore che Viene, Amore che Va.

Tutti gli artisti citati provengono da scene musicali diverse. Dal pop al rock, dal rap all’indie, la scrittura di Faber, così incisiva e autentica, ha saputo lasciare un segno indelebile nel tempo.

Ancora ci insegni e ci sorprendi

«Ancora insegni. E sorprendi. E affascini tutti, non soltanto chi ha il dono dell’intelletto. E lo farai per sempre. Troppo c’è da imparare, da godere, da ciucciare, da rubare. Quel sorriso involontario che affiora sulle labbra quando ti ascolto si presenta solamente in casi eccezionali. Tu rimani un caso eccezionale. Ti ascolto ed è sempre come se fosse la prima volta. Una scoperta continua». Così Mina ricordava De Andrè, sulle pagine del Secolo XIX, a vent’anni dalla sua scomparsa.

E continuava: «C’è sempre qualcosa in più, qualcosa che si precisa meglio, qualcosa che ti segue e non ti molla. Per fortuna. Chissà dove sei, a chi regali la tua intelligenza, chissà cosa ti passa per la testa. Avremmo proprio bisogno del tuo pensiero illuminato. Siamo rimasti qui, deserti di te, senza possibili sostituti. Rivoglio la tua voce. Torna, Fabrizio. Torna».


Quello di Mina è solo uno dei tanti ricordi del cantautore. Il suo, però, colpisce non solo per la dolcezza e l’amore di cui sono pervase le parole, ma anche per quel grido, quasi disperato, che chiude tutto. “Siamo rimasti qui senza di te. Torna”. Ma non siamo davvero rimasti senza di lui.

Di Fabrizio De André è rimasto quel cantautorato, rinato negli ultimi anni, che spesso parla di uomini soli, vinti e in balia di una vita colma di difficoltà. È rimasto nel rap, nella sua denuncia sociale e nel suo linguaggio autentico e diretto.

Quindi buon compleanno Faber, ci manchi, ma siamo fiduciosi: continuerai a vivere in testi, voci, volti e linguaggi diversi.

 

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