Folcast: «Siamo una generazione pressata dalla fretta di consumare e produrre tutto ad una velocità incredibile»
Il cantautore romano pubblica Tempisticamente, nuovo album in cui ha maturato una propria sincerità, con diversi ospiti, da Davide Shorty a Roy Paci
Stare a tempo, prevederlo, carpire l’attimo, agguantare i propri quindici minuti di celebrità. Questi imperativi, ormai universalmente diffusi, diventano per i trentenni di oggi addirittura categorici. Quasi un distintivo generazionale. In Strappare lungo i bordi, 30 anni sono quanto servirebbe a dare alla propria persona la forma desiderata. Non a caso il loro esito è un grande sospeso. Che corrisponde al nulla di partenza di Zerocalcare, ma anche all’Ovo Sodo che non “va né su, né giù” nei film di Virzì. Tempisticamente, il nuovo album di Folcast, cantautore anch’egli romano e terzo posto nella scorsa edizione di Sanremo Giovani, si colloca sullo stesso scenario emotivo.
Anche in questo caso la scelta appare quella di darsi un tempo per maturare una propria sincerità, per poi parlare col mondo a partire da quella. A prescindere da quante persone si fermeranno ad ascoltare. Con la produzione artistica di Tommaso Colliva e le collaborazioni di Davide Shorty, Roy Paci e Rodrigo d’Erasmo, Folcast, aka Daniele Folcarelli, propone sei pezzi inediti, più due versioni, di cui una acustica in trio, di Scopriti, il brano ascoltato a Sanremo.
Il tema di fondo è pensoso e molto sentito dal suo autore. La scaletta sfodera un bell’alternarsi di atmosfere, che vanno dalla ballad al soul jazz. Tutto all’insegna di groove e melodia.
Sì, mi sembrava importante dire che anche il tempo che definiamo “perso” in realtà è un tempo vissuto, che può portare una evoluzione, dei risultati imprevedibili, una nuova consapevolezza. D’altra parte, non possiamo essere in due luoghi nello stesso momento, quindi se in un determinato istante stiamo facendo qualcosa, o anche se non stiamo facendo nulla, si tratta comunque di una scelta. È un pezzo di vita che ha comunque un suo valore, anche se è una “bolla d’aria”, in cui apparentemente non si sta producendo nulla.
Siamo una generazione pressata dalla fretta di consumare e produrre tutto ad una velocità incredibile. È come se a noi trentenni non fosse concesso uno spazio per maturare, per creare qualcosa di nuovo, per scegliere la qualità, oltre che soddisfare una richiesta quantitativa.
Sicuramente da un certo momento in poi le cose per me hanno assunto una velocità diversa. Sanremo è stato un po’ uno spartiacque. Io venivo da una esperienza di conservatorio molto bella, molto formativa, ma con dei tempi di assoluta gradualità. Avevo anche avuto tanta esperienza di live. Diciamo che a quel palco sono arrivato dopo un percorso lungo, anche lento se vuoi. Poi invece è accaduto tutto in una volta.
Come delle montagne russe. Improvvisamente cambiavano i programmi, i collaboratori, le situazioni possibili. Si cerca sempre di mantenere un equilibrio e dei rapporti sani, ma ovviamente si tratta di cambi di passo abbastanza spiazzanti. Anche solo per la possibilità continuamente posticipata di suonare dal vivo.
Assolutamente sì. E spero proprio che lo si possa fare, perché è quello lo spirito con cui sono nati i pezzi. Vorrei uno show molto dinamico, gioioso, solare. Ci sarà tanta ritmica e tantissima roba suonata. È questa la linea che abbiamo condiviso anche con Tommaso Colliva, che ha prodotto il disco.
Sono artisti che sento vicini. Al di là dell’ esserci incontrati a Sanremo, c’è stata una scintilla che è rimasta accesa e c’è il fatto di condividere un grande amore per la musica nera, il soul, il jazz.
Certamente sì, ed è stato un privilegio condividere in più occasioni dei palchi con loro. Loro mi piacciono tantissimo, sono tanto di ciò che ho ascoltato fin da quando ero bambino. Mi fa piacere sentirti fare un riferimento a quel mondo.
Sarebbe blasfemo definirmi un jazzista, ma certamente il jazz e anche la musica brasiliana hanno una parte importante nella mia formazione musicale.
In certi casi sì. È un pezzo che nasce da una mia litigata, ma ognuno può ritrovarci quello che vuole. Il senso è che anche quando il conflitto, o le problematiche si fanno gravi o pesanti, perfino in quei momenti si è fondamentalmente insieme. Per entrare in conflitto bisogna essere almeno in due. Se si va giù insieme, insieme si può ricominciare.
Mettendo in musica i propri vissuti il vantaggio è che si può condividerli con l’ascoltatore anche senza entrare nei particolari, perché è come se la musica aiutasse i racconti e i concetti, rendendoli più empatici e più condivisibili da chiunque.