“Forever”, esordio solista di Francesco Bianconi (Baustelle): «Sono sempre io, ma con meno retorica»
Un lavoro coraggioso e assai poco pop: venerdì 16 ottobre esce il primo album solista del frontman dei Baustelle. L’abbiamo intervistato
Dopo vent’anni di dischi come frontman e centro di gravità di quei Baustelle che sono tuttora la sua band, Francesco Bianconi ha esordito da solista con un lavoro coraggioso e assai poco pop, Forever (Ponderosa / BMG). Un album “d’autore” nei testi e nelle musiche, oltre che dotato di un particolare respiro internazionale, che per l’artista toscano costituisce una sfida al mercato, al proprio (presunto) ruolo, a se stesso. Gli argomenti in ballo erano tantissimi. Affrontarli è stato impegnativo, ma anche molto stimolante. Ecco un estratto dell’intervista che troverete integralmente sul numero di ottobre di Billboard Italia.
Dalla prima volta in cui mi accennasti della possibilità di un tuo disco personale saranno passati dieci anni, e alla fine ce l’hai fatta. Perché proprio ora?
Ho sempre mille idee in testa, anche mentre sono occupato con progetti che, come i Baustelle, mi soddisfano appieno. A livello teorico il pensiero di un album soltanto mio c’era in effetti da tempo, ma non si è concretizzato soprattutto per via del lungo, bel periodo vissuto con la band. Chiuso il capitolo duplice – e davvero totalizzante – de L’Amore e la Violenza, coinciso con la scadenza del contratto con la Warner, per il gruppo era il momento di una pausa, e questa ha aperto lo spazio per il mio “famoso” debutto da solista.
Che doveva uscire in primavera ma che, comprensibilmente, è stato rimandato causa pandemia.
Ero molto carico e determinato… in fondo era un esordio, no? Il congelamento mi ha scosso, ma in rapporto ai disastri del virus si tratta ovviamente di una questione di scarsissima rilevanza. Ora è stato compiuto il passo fondamentale della pubblicazione. Per i concerti si vedrà, ma che li avessi previsti nei teatri renderà forse più semplice organizzarli in condizioni di sicurezza.
I primi versi di Forever sono: “Non è tempo di cantare / Alterare la realtà”. Col senno di poi, non ti sei sentito un po’ Cassandra?
Quando ho scritto e inciso Il Bene, decidendo di lanciarlo il 13 marzo come singolo apripista, non potevo immaginare ciò che a breve sarebbe accaduto. Sono stato profetico, sì, e questo mi ha stranito, ma non abbiamo voluto bloccare la diffusione del brano, benché sarebbe stato ancora possibile farlo. Il messaggio de Il Bene è positivo e come ha aiutato me speravo sinceramente potesse in qualche modo servire a quanti l’ascoltassero. In definitiva, non conta che il testo fosse stato ispirato dalla constatazione di una deriva di massa cinica e nichilista del genere umano, e della mia voglia di cercare qualcosa di alternativo.
Al di là dei motivi più prosaici, di norma si fanno dischi da solista per ego o per portare avanti proposte differenti da quelle della propria band. Forever, invece, riecheggia abbastanza i Baustelle di Fantasma.
Sono sempre io. Sul piano progettuale, Rachele e Claudio mi lasciano molta libertà di manovra, e pertanto la mia scelta non ha nulla a che spartire con il sentirmi “imprigionato”. Mi premeva dire altre cose. La differenza fondamentale è che volevo essere più intimo e diretto, con meno trucchetti e meno retorica nell’accezione linguistica del termine. Con i Baustelle le parole arrivano sempre dopo le musiche, mentre in Forever non è stato sempre così. C’è stata più libertà, più rilassatezza. Inoltre, il produttore artistico non sono io, come regola da I Mistici dell’Occidente. Ho preferito delegare certi aspetti per concentrarmi solo su cosa dire.
Intervista di Federico Guglielmi