Le “Lezioni di Volo” di Wrongonyou: «La cosa più folk che abbia mai fatto»
Il cantautore romano è fra i finalisti di AmaSanremo. L’abbiamo intervistato poco prima dell’ultima serata, fra una prova all’Ariston e l’altra
Domani sera (giovedì 17 dicembre) andrà in onda in prima serata su Rai1 la finale di AmaSanremo, il contest dal quale saranno selezionati i sei artisti che insieme ai due provenienti da Area Sanremo costituiranno le otto Nuove Proposte in gara alla prossima edizione del Festival. Fra i dieci finalisti troviamo anche Wrongonyou, artista di casa Carosello Records e orgoglioso fautore di un folk pop all’italiana, che concorre con il brano Lezioni di Volo, al momento il più streammato fra quelli del contest. Nell’attesa di conoscere il “verdetto finale”, l’abbiamo idealmente raggiunto a Sanremo per una conversazione a caldo fra una prova all’Ariston e l’altra.
L’intervista a Wrongonyou
Come ti senti addosso questa veste sanremese?
È una cosa che ho sempre voluto. Senza che dicessi nulla a nessuno, quando ho finito le nuove canzoni ho pensato che alcune sarebbero state fighe da portare sul palco dell’Ariston. Lezioni di Volo era fra queste. Qui è tutto molto di fretta e molto frenetico, ma ci si abitua.
A Sanremo che atmosfera si respira? Amadeus ha fatto dichiarazioni molto ottimistiche ma in ogni caso è ovvio che sarà un’edizione del Festival molto diversa dal solito.
Tutti si stanno impegnando moltissimo. I ragazzi della Rai che ci seguono sono davvero delle spade, come si direbbe a Roma. Quindi c’è una bella atmosfera, c’è tanta voglia di lavorare. Certo, ci sono anche tante mascherine, ed è giusto che ci siano. Non ho idea di quello che può succedere da qui a marzo, le notizie cambiano ogni giorno. Magari il teatro non sarà a capacità piena, ma spero almeno in una sala “dimezzata”. Amadeus è super positivo, ha voglia di spaccare.
Che tipo di piattaforma può rappresentare una realtà come AmaSanremo per gli artisti emergenti?
La piattaforma è quella della Rai, quindi non una qualsiasi. Poi la finale è in prima serata, quindi una figata. La cosa importante è che è stata data un’occasione a priori a tutti i partecipanti, perché non è scontato che tu faccia un passaggio televisivo su un canale nazionale per presentare una canzone. È comunque un modo per farsi vedere, una bellissima iniziativa. Rispetto all’anno scorso, quando il programma televisivo era al pomeriggio, c’è stato un cambio importante.
Parlando del tuo pezzo Lezioni di Volo, mi racconti un po’ come e quando è nato?
Nel primo lockdown. Lavoravo a distanza col mio team: il brano è prodotto e scritto con Riccardo Scirè e Adel Al Kassem. È un bel team, è come aver trovato il salumiere di fiducia! (Ride, ndr) La frase che più rappresenta il primo lockdown è “Voleremo da fermi per stare meglio”. Serve proprio a spaziare. Dopo un po’ di anni che stavo fuori casa, sono tornato a casa dai miei. Mi sono messo al piano di sotto, col computer, la tastiera midi, la scheda audio, la chitarra e il microfono. Ho scritto tante canzoni, ma quella è stata la frase che più mi ha fatto guardare avanti.
Mi pare che questo singolo prosegua nel solco tracciato con Milano Parla Piano nelle sue sfumature più “moderne”, come Atlante: cioè un tipo di produzione pop contemporanea combinato con quella forte componente chitarristica che è una delle tue cifre stilistiche più distintive. È questo lo standard sonoro che vedi per i tuoi progetti futuri?
Sì e no. Non vedo Lezioni di Volo come un pezzo super pop. In versione chitarra e voce quella canzone è la cosa più folk che abbia mai fatto. Però è stata un po’ “pettinata”, anche per partecipare ad AmaSanremo. Ci siamo concentrati sulle chitarre, sulle effettistiche della voce. Chissà, forse posso diventare il pioniere del vocoder suonato a Sanremo! Il resto del disco è molto “alternative”, comunque.
Tu ti distingui da molti artisti italiani per una destrezza alla chitarra che non è da tutti. Dal tuo punto di vista, in che modo si possono conciliare la “guitar music” e le modalità di scrittura e produzione contemporanee?
Il fatto è che io scrivo con la chitarra in mano. È molto raro che inizi a scrivere con un pianoforte elettrico, per esempio. Anche se non è il più antico, vedo la chitarra come uno strumento “primordiale”, con cui io sono molto in confidenza. Questa volta ho anche sperimentato nuove accordature aperte. Ci ho tenuto molto a tirare fuori dei riff di chitarra da unire al mondo del cantautorato.
Poco tempo fa ho avuto modo di chiacchierare con i Legno, con i quali tu hai collaborato. Mi racconti il lavoro che avete fatto insieme su Hollywood?
Ci siamo trovati per scrivere insieme, visto che abbiamo lo stesso editore, che è Warner Music. Loro avevano già abbozzato quella canzone, io mi sono “intrufolato”. Il tema era molto bello, l’American Dream. In quattro o cinque ore la canzone era già chiusa, a livello di scrittura. Ci siamo detti: “Ma ragazzi, teniamocela noi e usciamo insieme con questo pezzo”. Doveva uscire molto prima, ma poi è successo quello che è successo e quindi ha preceduto di poco l’uscita del loro album.
Da fan sfegatato di John Frusciante quale sei, come hai accolto la notizia del suo rientro nei Red Hot Chili Peppers e che cosa ti aspetti dalla band nel futuro prossimo?
Mi ricordo che stavo a Milano all’Apollo (noto locale in zona Navigli, ndr). Cominciano ad arrivarmi mille messaggi di gente che mi dice di guardare la storia di Instagram dei Red Hot. Però non mi si apriva perché lì dentro la connessione prende male. Così sono uscito fuori di corsa pensando: “Oddio, è morto?”. Ma poi ho letto l’annuncio e ho cominciato a urlare come un pazzo, come se avesse vinto la nazionale! In tutta la mia foga ero anche riuscito a procurarmi un pass per la data al Firenze Rocks di quest’anno, sperando che fosse la volta buona che l’avrei conosciuto di persona. Ma poi niente… Comunque l’idea che abbia ripreso in mano la chitarra è una cosa bellissima. Non mi aspetto un grande disco, ma sicuramente un grande ritorno di Frusciante alla chitarra. Sperando che poi non esca subito un’altra volta!