Luigi Strangis: «La nostra generazione ha bisogno di libertà, per questo torna al rock»
Esce oggi Voglio la gonna, il primo album ufficiale del cantautore vincitore dell’ultima edizione di Amici. Lo abbiamo raggiunto per farcelo raccontare e per parlare con lui di libertà e ritorno alle origini
“La controcultura ha i suoi sacramenti nel sesso, nella droga e nel rock”, si leggeva sulle pagine di LIFE nel 1969, in un articolo riguardante i movimenti di contestazione giovanile che in quegli anni infuocavano le piazze e le strade di tutto il mondo. Se dovessimo applicare questo terzetto a Voglio la gonna, il nuovo album di Luigi Strangis uscito oggi, potremmo sostituire “sesso” e “droga” con “amore” e “libertà”, i due concetti che costituiscono le fondamenta delle dieci tracce del primogenito ufficiale del vincitore dell’ultima edizione di Amici. E allora non sembra poi così casuale se, scorrendo la tracklist, balza agli occhi un pezzo che cita proprio Woodstock, la massima espressione di quei due concetti così cari a Luigi.
Di questo e molto altro abbiamo parlato con lui nella nostra intervista di cui vi lasciamo un estratto e che trovate integralmente sul numero di ottobre di Billboard.
Prima di tutto volevo chiederti come è stata questa estate post vittoria di Amici, sei stato in giro molto quindi credo sia stata una bella centrifuga…
Sicuramente appena sono uscito non mi aspettavo tutto questo, sono rimasto molto stupito. Per me è stato tutto nuovo, quindi ero un po’ spaesato ma mi sono abituato subito. Poi se la vivi con tranquillità e leggerezza è tutto molto piacevole. È stato un periodo molto movimentato.
Un periodo movimentato in cui però hai anche avuto il tempo di scrivere questo disco. Ci sono state delle differenze nelle modalità di realizzazione e di scrittura rispetto all’EP che avevi fatto uscire subito dopo Amici?
Hai detto benissimo, la modalità è stata totalmente differente. All’interno di Amici potevamo comunicare solo tramite chiamata, quindi questa cosa era un po’ un limite. Dal vivo è tutta un’altra cosa, potevamo parlare, scambiarci idee. È stato tutto molto più facile. Poi ho iniziato a lavorare sul disco durante l’estate, quindi avevo degli spunti completamente diversi da quelli che avevo prima, ho vissuto esperienze completamente diverse.
Alla fine quindi nel disco è rientrato anche questo ultimo periodo.
Un sacco, infatti tutto il disco è molto energico. Magari facevo una data, tornavo, registravo e poi il giorno dopo partivo per un’altra data. Nell’album si sente molto questa adrenalina.
In un pezzo citi Woodstock. Se dovessi fare una tua personalissima line up, quale sarebbe? Ovviamente hai un budget illimitato.
Allora questa è difficile… Ti direi Arctic Monkyes, Tom Misch, Brunori e poi ci voglio assolutamente Deddy!
Beh, sicuramente una line up variegata anche se sappiamo che il tuo primo amore rimane il rock. A proposito di questo, negli ultimi tempi c’è stato un grande ritorno a questo genere anche da parte di artisti che prima ne erano estranei, penso ad esempio a Rkomi, e anche i Negramaro recentemente dicevano che hanno riscontrato nei giovani artisti una grande attenzione alla musica suonata veramente. Cosa ne pensi di questo ritorno alle origini?
Ho notato anche io questa cosa e secondo me il motivo è molto semplice: si torna sempre dove si è stati bene. Vuoi o non vuoi, la musica suonata ha un sapore completamente diverso, è molto più naturale. Poi in generale credo che ci sia un bisogno di un ritorno generazionale. La nostra generazione ha bisogno di mandare un messaggio di libertà, per questo torna al rock che è fondamentalmente ribellione.