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Comporre, seguendo il cuore: Maurizio Fabrizio e l’arte di scrivere classici intramontabili

Parliamo di uno degli autori più importanti e storici della musica pop italiana. L’abbiamo incontrato conversando di ricordi e di presente

Autore Tommaso Toma
  • Il22 Settembre 2022
Comporre, seguendo il cuore: Maurizio Fabrizio e l’arte di scrivere classici intramontabili

Maurizio Fabrizio (fonte: ufficio stampa Soundreef)

Avete presente Almeno Tu nell’Universo? Avete mai cantato con gli amici a una festa I Migliori Anni della Nostra Vita o imparato ai tempi dell’asilo Alla Fiera dell’Est? Bene, in tutti questi brani e in tanti altri successi pop tra gli anni ’80 e ’90 c’è la mano di Maurizio Fabrizio, un artista che è sempre rimasto elegantemente fuori dai riflettori anche nei momenti di massimo fulgore, quando tra il 1982 e il 1998 fu autore di ben due primi posti e tre terzi posti al Festival di Sanremo. La sua proverbiale gentilezza è immutata e abbiamo bussato alla sua porta per parlarci un po’ della sua meravigliosa vita artistica.

Maurizio, sei un autore che non ha mai spesso di comporre: cosa ti stimola oggi?

Tutto. Naturalmente sono sempre alla ricerca di nuove ispirazioni nell’ambito della composizione e mi ritengo un compositore a 360 gradi, tant’è vero che sono impegnato adesso nella scrittura di un’opera lirica. Sono felice di trovare sempre nuovi spunti per fare cose nuove.

È però una sorta di chiusura del cerchio, visto che i tuoi primi passi nella musica iniziarono con l’iscrizione al Conservatorio di Milano quando eri un ragazzo…

Esatto! La musica classica mi è sempre piaciuta, anzi ti svelo che la ascolto da sempre, e adesso più che mai. Potrei dire altresì che si apre anche una nuova fase della mia vita. Preferisco.

Sappiamo che in teoria una canzone di successo si possa più o meno “costruire”, magari seguendo un gusto del momento, ma cosa è fondamentale per capire se una canzone potrà avere successo: la melodia? L’interprete? L’arrangiamento?

La canzone è il risultato di tutte quelle componenti e senza dubbio nel pop è fondamentale l’interprete. Ma mai a priori sappiamo se sarà una hit. Non vorrei passare per retorico ma per prima cosa, anche nel momento aureo della mia carriera, la canzone che compongo deve piacere a me. Di certo io non ho mai lavorato sulla moda del momento, mi sono sempre ispirato al mio cuore. Sono poi i produttori e il team accanto a te che ti consigliano una strada, un suggerimento…

Nel momento in cui spadroneggiavi al Festival di Sanremo immagino avessi molteplici pressioni: tra impresari e discografici in tanti avranno bussato alla tua porta!

Ho gestito tutta la pressione molto serenamente, e il fatto di lavorare proprio inteam dove ognuno si fida dell’altro è un ottimo modo per riuscire a comporre con la massima serenità. Il team era composto da gente validissima come il paroliere Guido Morra, il caro amico produttore Giancarlo Lucariello… La prima regola per un musicista è che si deve divertire lavorando, altrimenti non riesce a trasmettere nulla delle sue emozioni.

Oggi, per la modalità di ascolto, una canzone per avere attenzione e successo deve avere una struttura che è decisamente lontana dai parametri di scrittura – che so – degli anni ’70… Che ne pensi?

Penso che ci sia stata un’evoluzione nel mondo del pop. Le ragioni stanno anche nella modalità di ascolto che condiziona poi la struttura della canzone. Quando ero giovane scoprii i Beatles e mi accorsi che le loro composizioni erano differenti da tutto il resto in circolazione in Italia, e trovai ispirazione in loro… Adesso si scrive in una modalità che non riconosco, non mi appartiene anche se trovo interessanti e belle delle canzoni pop del presente. Come ti ho detto, anche nei momenti di “successo”, comunque io ho perseguito la mia strada con coerenza e continuo a scrivere con la mia attitudine di una volta.

Come conoscesti Renato Zero? E cosa pensi che lui apprezzi di più del tuo modo di lavorare?

Renato è sempre sorprendente ma nel lavoro è molto serio, una delle persone più attente e scrupolose che abbia mai incontrato. Lo conobbi nei primi anni ’90, in studio, registrando una mia canzone, I Migliori Anni della Nostra Vita, e da allora siamo rimasti sempre in contatto. Renato scrive dei testi bellissimi e in maniera veloce, sono molto musicali: è facile scrivere musica per lui!

Vorrei che tu ricordassi Bruno Lauzi, devo dire che è stato dimenticato troppo. Con lui hai scritto una canzone magnifica come Almeno Tu nell’Universo. Ci racconti come nacque? So dell’incredibile rifiuto di Mina.

Ero giovanissimo, la componemmo proprio per Mina, eravamo nei primi anni ’70 e in quell’epoca lavoravamo per le edizioni musicali Come il Vento. Ci si vedeva nella loro sede con Dario Baldan Bembo e i fratelli La Bionda… Mina passava spesso a trovarci, lei era la nostra artista di riferimento. E per qualche motivo non volle incidere Almeno Tu nell’Universo. Così rimase nel “cassetto”, o solo in forma di provino, per ben quindici anni e poi per fortuna finì nelle mani di Mia Martini. Bruno Lauzi fu un caro amico e un ottimo “collega di lavoro”, scrisse il testo della canzone in una mezz’oretta. A volte basta poco per scrivere un capolavoro. Hai ragione, le nuove generazioni devono imparare a conoscerlo.

Per Mia Martini quella canzone fu il suo ultimo grande segno di rinascita.

Lei veniva da un periodo scuro della sua carriera e della sua vita. Quando Giovanni Sanjust (grande paroliere, musicista e discografico morto nel 2020, ndr) decise di rilanciare Mia a Sanremo nel 1989, nonostante nessuno la volesse più sul palco dell’Ariston, io gli mandai da provinare una manciata di brani, compreso Almeno Tu nell’Universo. Andammo in studio con Mia e lei cantò in modo molto drammatico e meravigliosamente. Quando la rividi durante la manifestazione sanremese trovai una Mia trasformata: era un fiore rispetto ai giorni del nostro primo incontro. La musica aveva fatto il suo miracolo.

Hai lavorato per Ornella Vanoni: Vai, Valentina è uno dei momenti di massima e sofisticata leggerezza della sua carriera.

Ne approfitto per ricordare un’altra grande figura: Sergio Bardotti, che produsse quel disco dove era presente quel brano. Ornella ci convocò a casa sua, volevano produrre un disco molto “teatrale”, quasi fosse un musical. Io ero presente come arrangiatore e alla fine scrissi alcune canzoni. E devo dire che fu una piacevolissima esperienza con Ornella.

Oggi molte delle canzoni scritte da te si continuano a sentire in radio, Spotify, YouTube… Come ti trovi a interagire con Soundreef, di cui sei un importante testimone? Sono curioso di sapere se consultando la app hai scoperto dei dati che non ti aspettavi, ad esempio dei passaggi radio in parti del mondo remote o inaspettate.

Ho installato da poco la nuovissima app di Soundreef e mi è saltata all’occhio da subito una peculiarità: il modo molto chiaro di lettura dei dati. Sono curioso di capire, per esempio, in quali Paesi sono ascoltate le mie composizioni, capire per bene che “viaggio” fanno le mie canzoni.

Per chiudere: tre canzoni che davvero ti rappresentano.

Sicuramente Almeno Tu nell’Universo e due brani non molto conosciuti ma che sento molto vicini a me: Romanzo del 1996 cantata da Riccardo Fogli e Destino, un singolo del 1987 di Rossana Casale, entrambi furono in gara a Sanremo.

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