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Max Casacci ci racconta il nuovo album “Earthphonia” brano per brano

Avete già ascoltato il lavoro di Max Casacci? Così particolare con i suoni della natura. Il chitarrista dei Subsonica ce ne svela i segreti

Autore Billboard IT
  • Il15 Dicembre 2020
Max Casacci ci racconta il nuovo album “Earthphonia” brano per brano

Max Casacci / foto: Luca Saini

Da venerdì scorso la natura è tornata ad alzare la voce grazie all’arte di Max Casacci. Il produttore torinese e chitarrista dei Subsonica ha infatti pubblicato Earthphonia (Sugar Music/Universal Music Italia), sua prima opera solista impreziosita da una realizzazione fuori dal comune. Per confezionare il sound del progetto, sono stati infatti utilizzati esclusivamente suoni e rumori degli ecosistemi che regolano il nostro pianeta.

Il lavoro di Casacci, uscito anche in allegato all’omonimo libro scritto insieme al divulgatore scientifico Mario Tozzi, ha coinvolto – tra gli altri – Stefano Mancuso (che firma insieme al produttore il brano Roots Wide Web), Michelangelo Pistoletto, Mariasole Bianco, Carlo Petrini e Vasco Brondi.


In questa nuova opera sonora rumorista, Max Casacci schiera la sua musica in prima linea nella battaglia per l’ambiente, raccogliendo il suono direttamente dalla natura. L’esperienza si approfondisce, brano per brano, attraverso le pagine del libro che, tramite qr code, rimandano all’ascolto delle tracce e ad altre espansioni sensoriali legate ai temi affrontati.

Come ha rivelato lo stesso autore, «le chiavi di Earthphonia, che nasce dai suoni e dai rumori naturali trasformati in tessitura musicale, sono lo stupore e l’empatia nei confronti degli ecosistemi e di tutte le meraviglie, spesso sconosciute, che nascondono».


Un progetto così interessante e sui generis merita un approfondimento particolare. Ecco perché ci siamo fatti raccontare Earthphonia dallo stesso Max Casacci. Il track by track è servito.

Max Casacci, ph: Luca Saini

Il track by track di Max Casacci

DELTA (sounds from air)

Brano realizzato con suoni e ambienti del delta del Po, a partire dal verso degli uccelli.

Il cuculo è lo “strumento” per le armonie e la linea del basso. La spatola offre il riff del ritornello con tono glissato un po’ blues, anche se qui siamo sul delta del Po e non del Mississippi. 

Fenicotteri, gabbiani, tuoni e vento completano il quadro sonoro. 


In pratica sono tutti suoni dell’aria, quindi l’idea è anche quella di restare, durante l’ascolto, sospesi tra le nuvole e le correnti. 

WATERMEMORIES (sounds from water)

È un’opera sonora realizzata con suoni del torrente Cervo di Biella, su richiesta di Michelangelo Pistoletto. Dalle sorgenti che accarezzano luoghi di antica sacralità, oggi sostituiti dalle forme della cristianità, come il Santuario della Madonna Nera di Oropa, fino all’ingresso nello scenario urbano. 

Dal gorgogliare della fonte emergono cori di musica sacra (per esaltazione armonica). Poi una goccia registrata sott’acqua, abbassandosi di tonalità ci porta nel flusso del fiume. La stessa goccia distorta e compressa crea delle percussioni e il sibilo del bollitore (sempre d’acqua) di un’opera d’arte dello stesso Pistoletto, viene armonizzato e trasformato in un immaginario strumento, che ci porta su un Gange altrettanto immaginario. A evocare un misticismo presente in ogni corso d’acqua.

Il finale scandito da pale e macine, celebra il lavoro umano che dalla forza dell’acqua ha, da sempre, tratto la sua energia.


Durante la notte del 2 ottobre 2020, la forza incontrollata del Torrente Cervo, ha distrutto la palazzina di Città dell’Arte che ospitava l’allestimento dell’opera Watermemories. Il fiume si è ripreso i suoi suoni e li ha portati via con sé. Chiudendo in qualche modo un cerchio espressivo e ricordandoci, una volta di più, tutto quello che nel rapporto con la Natura stiamo trascurando. 

TA’CENC (sounds from stones)

Il suono di queste pietre arriva da una antica scogliera di Gozo sulla quale, un secolo prima di Stonehenge, gli uomini del luogo si radunavano per celebrare ritualità sonore. È un sito poco conosciuto, che ho avuto la fortuna di incontrare, per constatare con stupore che il suono delle diverse rocce, una volta allineato su un software musicale, creava precisi intervalli armonici. Come se queste pietre fossero strumenti di un’antica orchestra naturale, in attesa di essere riscoperta.

OCEANBREATH (sounds from the sea)

Durante il lockdown, grazie alla Onlus Worldrise, ho ricevuto suoni provenienti dagli oceani di tutto il mondo. Dopo due mesi di lavoro sono arrivato al termine di questa piccola sinfonia divisa in 4 movimenti, che prende vita dall’incredibile “mantra” di un coro di pesci della barriera corallina australiana. Il quadro sonoro si arricchisce con la gamma dei canti dei cetacei, tra i quali un canto di Balena trasformato in un simil pianoforte. Intonando il verso di uno zifio ho ricavato un immaginario flauto marino. Gli scrocchi ritmati e super amplificati di pesci e crostacei più comuni hanno contrappuntato il tutto, fino ad arrivare ad un finale in crescendo scandito dai rumori della rottura dei ghiacciai, che ci ricorda i danni procurati dall’innalzamento delle temperature del pianeta.  

ROOTS WIDE WEB (sounds from plants)

Le radici delle piante emettono suoni, per orientare i propri spostamenti nel terreno. Allo stesso modo sono in gradi di “avvertire” le frequenze sonore, amplificando così la propria percezione dell’ambiente circostante. Grazie alla collaborazione del celebre ricercatore e divulgatore Stefano Mancuso ho avuto la possibilità di ottenere una registrazione di ottima qualità di quello che, pur essendo un suono più antico di qualsiasi attività umana, assomiglia ad un disturbo digitale: il suono di una radice. E da quella specie di “clip” attraverso una ripetizione super-accelerata di un suo frammento, ho estratto una “risonanza” con la quale ho costruito tutti gli strumenti del brano. Dal basso, alle armonie, al tema. Oltre alla ritmica. 


L’unico altro suono utilizzato è quello delle foglie al vento. 

L’idea alla base di Roots Wide Web (titolo suggerito dallo stesso Mancuso) è quella di rappresentare una foresta su due livelli in contemporanea: quello visibile e quello sotterraneo. 

Perché l’intensa attività cognitiva della foresta si svolge proprio sotto la superficie del terreno. 

STROMBOLIAN ACTIVITY (sounds from volcanos)

È stato il geologo Mario Tozzi, a suggerirmi la necessità di dare voce, attraverso i vulcani, al ritmo della Terra. E dopo avermi procurato il “sonoro” di alcuni vecchi filmati di eruzioni, che ho abbinato alle mie registrazioni estive effettuate sotto la suggestiva “sciara del fuoco” dello Stromboli, mi ha spinto ad immaginare un vulcano che suona. 


Con una tecnica simile a quella utilizzata in Roots Wide Web ho “estratto” delle note dal rotolamento di massi e lava e ho dato al “ritmo della terra” una cadenza elettronica.

Ma ho voluto anche preservare il contesto “mediterraneo”, dato che i filmati e le mie registrazioni avevano come soggetto sempre lo stesso vulcano eoliano. 

Quindi questa “strombolian activity”, finisce per pulsare come una tarantella primordiale, arricchita da echi un po’ vintage. In bianco e nero. 

THE QUEEN (sounds from bees)

È stato detto molto sull’importanza fondamentale delle api nei meccanismi della catena alimentare e sull’emergenza della scomparsa di molte varietà di insetti impollinatori. Ma le cose che ho scoperto, registrando i suoni dell’arnia armato di tuta protettiva, che riguardano la struttura “monarchica” dell’alveare, hanno davvero dell’incredibile. 


A partire dalla figura di una regina, intrappolata nel suo ruolo “regnante” un po’ come la malinconica Maria Antoniette del film di Sophie Coppola. Ho voluto quindi immaginare una danza in suo onore, anche perché le api usano “danzare” durante lo svolgimento di alcune importanti funzioni sociali. Ho usato una cadenza medievale, da ballo di corte, e un intreccio melodico “barocco” che, in fin dei conti resta la musica più “monarchica” che esista.  

Il suono di un oboe immaginario è stato ricavato proprio dal verso stesso dell’ape regina. 

TERRE ALTE (sounds from the mountains) 

Associamo quasi sempre le montagne ad un’idea di spiritualità e di silenzio. Per realizzare questo “Terre Alte” ho incontrato la collaborazione della rete internazionale di Terra Madre che, attivando contatti con coltivatori e produttori di cibo delle montagne di tutto il mondo, mi ha fornito il materiale sonoro necessario. 

Dall’Africa all’Azerbaijan per arrivare, dopo Alpi e Appennini, fino sulle Ande. 


Partendo proprio dal suono chiassoso e colorato di un mercato andino, abbinato al fragore delle centinaia di campanacci delle registrazioni delle transumanze alpine e appenniniche, mi sono fatto l’idea che le montagne siano luoghi animati da versi e rumori molto caratteristici. Quindi, a dispetto di un’introduzione silenziosa avvolta dal vento, a partire da una linea di basso ricavata dall’ululato del lupo che canterà da solista un attimo dopo (con un’interpretazione da grande jazzista), questa Terre Alte ricorderà nella cadenza danzante una specie di chiassosa Cumbia di montagna. 

E non è un caso che proprio sul finire dell’ultimo brano, faccia per la prima volta l’ingresso il suono della voce umana. 

Ci suono luoghi naturali nei quali la presenza dell’uomo è ancora fondamentale. 

Ascolta Eartphonia di Max Casacci

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