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Mr.Rain: «C’è sempre speranza. La mia è la musica» – Intervista

Mr.Rain ha pubblicato il disco “Butterfly Effect”. La sua musica è una continua contaminazione tra cantautorato e hip-hop, tra profondità di scrittura e ironia tagliente

Autore Giovanni Ferrari
  • Il28 Marzo 2018
Mr.Rain: «C’è sempre speranza. La mia è la musica» – Intervista

Nel mondo del rap Mr.Rain rappresenta una bella eccezione. Ne è cosciente mentre ci parla del suo ultimo disco Butterfly Effect, uscito lo scorso 26 gennaio (ha debuttato al terzo posto nella classifica di vendite della Fimi). La sua musica è una continua contaminazione tra cantautorato e hip-hop, tra profondità di scrittura e ironia tagliente. Questo stile se lo porta dietro da sempre. Dal suo primo mixtape Time 2 Eat del 2011 alla sua mancata partecipazione a X Factor 2013 con Osso (i due hanno rifiutato di partecipare al ballottaggio per rientrare in gara). «Ho cominciato circa cinque anni fa ascoltando Eminem ma con il passare del tempo ho aperto i miei orizzonti», ci ha raccontato.

E ora? Cosa ascolti?

Dal rock al blues. Ma anche tanto pop. Ascolto molto Macklemore e mi piace Sia. Del panorama italiano amo Coez, Ghali, anche se il mio preferito è senza dubbio Salmo.

Come è nato l’artista Mr.Rain?

Innanzitutto mi chiamo così perché scrivo principalmente nei giorni di pioggia. Ho cominciato a produrre le basi perché non ne trovavo nessuna giusta per me. Così per necessità mi sono imposto di crearmi le basi da solo. Ho visto mille tutorial, ho imparato a suonare il piano, la chitarra, a usare i primi software. Sono riuscito a fare le mie prime basi e (anche grazie a questo album) a definire il mio genere. È un ibrido. È un genere con una marea di contaminazioni.

Ti senti compreso nell’ambiente del rap?

Mi sento fuori posto. Sono un outsider. Ma in realtà io sono sempre andato controcorrente. L’anno che andava la dubstep, facevo tutt’altro. Ora che va la trap, faccio tutt’altro. Ho sempre e solo seguito quello che mi andava di fare.

Unisci basi strumentali e linguaggio rap…

Sì, ci sono tantissimi strumenti. Ne La Storia di Sam la batteria è fatta da suoni che ho realizzato io, con una valigia, con un piatto. Ho registrato io stesso i campioni. Ho cercato di dare questa impronta particolare per tutto il disco: volevo contraddistinguermi da tutti.

Non ti limiti a scrivere e suonare, ma ti occupi anche dei videoclip. Quanto conta per te avere il controllo su ciò che fai?

Conta tantissimo. Scelgo location, storyboard, tutto. Fino a pochi mesi fa giravo e montavo io stesso i video. Ora, però, studio più la regia, perché non riesco più a fare tutto: è troppa roba. Per me conta tantissimo avere il controllo. Io sono qui perché non ho mai snaturato il mio prodotto. Il mio punto di forza è proprio questa semplicità che ho nelle mie canzoni, nelle immagini. Per me video e musica vanno insieme. Anzi: si completano a vicenda.

Il brano La Storia di Sam parla di un tredicenne che idolatra i suoi beniamini ma, facendolo, si trova a rifare i loro stessi errori. Per te è importante che un artista lanci messaggi positivi?

La musica è libertà. Ognuno è libero di fare ciò che vuole. Oggi l’hip-hop è ascoltato anche (e soprattutto) da ragazzini quindi, sì, voglio dare un buon messaggio. Voglio dare un mio piccolo contributo. La musica è davvero uno strumento attraverso il quale puoi dire qualcosa. Visto che sono stato un ragazzino anche io e ho seguito i miei idoli, e visto che anche io ho fatto i miei errori, non vorrei che magari – ascoltando me – dei ragazzini finiscano su una strada sbagliata.

La Storia di Sam è introdotta dallo skit Five Things

Sì, è uno storytelling. Mi sono immaginato la vita di questo ragazzo che cerca nuovi stimoli e prende come spunto i suoi cantanti. È un pezzo che comprende sia parti della mia vita che parti prese in prestito da altri.

A proposito, nel disco ci sono immagini molto forti. Parli di depressione, di droga, di solitudine. Perché?

Perché ognuno ha dei momenti bassi. Dispiace ammetterlo ma è così.

Ti affascina raccontare questa parte dell’uomo? La parte più debole, fragile e meschina.

Assolutamente sì. Tanti pensano che gli artisti abbiano una vita felicissima e perfetta. In Fuori Luogo ho voluto descrivere quella che spesso è la realtà: ne esce un artista molto sensibile e addirittura triste. Io stesso, avendo dedicato il cento per cento alla musica, ho perso momenti e legami che non torneranno più.

Si dice che ognuno sia la somma di scelte e sbagli del passato.

È vero. Pensa che ho scelto questo titolo perché si dice che un battito d’ali di una farfalla sia in grado di scaturire un uragano dall’altra parte del mondo. Piccole cose hanno grandi conseguenze. Ogni cosa che ho fatto nel passato (giusta o sbagliata che fosse) mi ha portato a essere la persona che sono. Quindi, sì: siamo la somma di tutto questo.

Qual è il ruolo principale della musica?

Per me è sempre stata terapeutica. Mi ha aiutato a spiegarmi agli altri, a consolarmi. È la mia vita.

Ipernova racconta del momento in cui una persona a cui tieni non è più al tuo fianco e riconosci che niente potrà più essere come prima. Pensi spesso a questo genere di cose?

Sono convinto che tutti noi abbiamo una persona che non riusciremo mai a dimenticare. Possiamo trovare miliardi di sosia con abitudini e lineamenti simili, ma nessuno riuscirà mai a rimpiazzare l’idea (o, meglio, il ricordo) di quella persona.

Come hai deciso di inserire un intro e un outro?

Nell’intro ci sono io che entro in un centro dove c’è un gruppo di sostegno. Prendo il microfono e incomincio a raccontare questo mio viaggio, che è quest’album e che sono tutte queste sfaccettature di me. È come se mi raccontassi a tutti. L’outro, invece, è strumentale. L’ho fatto anche nel mio vecchio album. Mi piace avere una chiusura così.

Un brano si intitola One Man Band. Ti ci rivedi in questa espressione?

Sì, credo che sia il modo migliore per definirmi.

Nel disco c’è dolore ma c’è anche tanto bene. Dove lo identifichi nella tua vita?

C’è sempre un punto in cui puoi risolvere qualsiasi cosa. Io ho semplicemente spiegato quello che ho vissuto. C’è sempre la speranza. La mia è la musica. Mi ha portato a risolvere problemi che avevo. Mi ha fatto dimenticare tante cose.

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