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Ralph P tra teatro e musica, il nuovo modo di raccontare Napoli. L’intervista

Il suo ultimo singolo “Noi ce la siamo cavata”, scritto per l’omonimo docufilm, racconta di una via di fuga dal quartiere, e lo fa attraverso le vite dei protagonisti del cult Io speriamo che me la cavo. Ne abbiamo parlato con lui

Autore Billboard IT
  • Il14 Giugno 2023
Ralph P tra teatro e musica, il nuovo modo di raccontare Napoli. L’intervista

Ralph P

Da percussionista a paroliere, Ralph P incarna la natura artistica della periferia di Napoli Nord. Terra che ha dato natali a maestri musicali del calibro di James Senese, e poeti urbani come i Co’Sang. «Ad un certo punto ho sentito l’esigenza di esprimere un mio pensiero», dice Raffaele. «Se guardo fuori dalla finestra vedo Milano, vedo palazzoni e grigio. Col mio lavoro vorrei far capire che esistono cose magnifiche come la musica e l’arte, che possono dare una seconda possibilità a chi ne ha più bisogno».

Noi ce la siamo la sono cavata, il suo nuovo brano scritto per l’omonimo docu-film di Giuseppe Albano, chiude un cerchio iniziato trent’anni fa con Io speriamo che me la cavo, il cult cinematografico firmato Lina Wertmüller. Il documentario vuole infatti mostrare come si sono evolute le vite dei piccoli scolari di Canzano, veicolando un messaggio di speranza che trova il suo sfogo, oltre che nelle immagini, anche nelle parole di Raffaele Buonuomo, in arte Ralph P.

Il singolo, uscito il 28 maggio e accompagnato dal video di Adriano Pantaleo, racconta la condizione disagiata di tante e tanti, cresciuti nei quartieri alla periferia del capoluogo campano. Attraverso scorci di vita messi in versi, Ralph P invita a far riflettere sulla realtà adulta e spietata a cui bambini di oggi e di ieri assistono.

L’intervista a Ralph P

Come nasce Ralph P?

In Ralph P, la P sta per percussion, perché io nasco come percussionista, anche se un po’ per caso. Mi sono avvicinato alla musica da giovanissimo, all’età di circa 12 anni. Col passare del tempo, e guardandomi intorno, ho sentito la necessità crescente di esprimere il mio pensiero, e raccontare quella che è la realtà che ogni giorno viviamo in quartiere. Venendo da Miano, dove la cultura hip hop è molto presente, ho pensato che il rap potesse essere la forma espressiva più adatta alla situazione.

Un racconto che però, ascoltando Noi ce la siamo cavata, vuole mandare anche un messaggio di speranza.

Esatto, se guardi fuori dalla mia finestra è vero, vedi grigio e palazzoni, e in una situazione del genere compiere degli errori è facile. Ma io credo fermamente che il nostro destino non sia scritto, che ognuno possa creare il suo. Questo è da sempre il filo conduttore dei miei progetti. Il primo disco autoprodotto che pubblicai si chiamava Se po’ avvera’, un titolo che richiama molto il concetto espresso in noi ce la siamo cavata. “Come ce la possiamo cavare?” con i sogni, i sogni si possono avverare, basta crederci fermamente.

Il docufilm omonimo in effetti si sposa appieno con questo concetto. Che emozioni hai provato quando ti è stato proposto di partecipare al progetto Noi ce la siamo cavata?

È stata un’emozione indescrivibile. Io speriamo che me la cavo è un film che a Napoli va ben oltre il cult. Io stesso, avendo un fratello degli anni 80, l’ho guardato milioni di volte. Quando Adriano Pantaleo, con il quale avevo già condiviso l’esperienza de Il Sindaco del Rione Sanità, mi ha spiegato quale fosse il progetto del documentario, non ho avuto alcun dubbio: partecipare sarebbe stato per me un grande onore.

Nel singolo si sentono le voci originali dei piccoli di Canzano, da dove viene questa scelta?

La parte delle voci che ho scelto si riferisce esclusivamente alle parolacce. Il motivo è sempre voler rendere attuale un tema che purtroppo a Napoli ancora non è passato. So bene di non essere più negli anni 90, e conosco il rischio che mi sono assunto nel pubblicare una simile cosa. Ma la realtà è che i bambini di certe zone di Napoli sono costantemente esposti ad uno stile di vita e di comunicazione troppo più adulto rispetto alla loro età. E voglio che questa cosa si sappia, fuori da ogni ipocrisia, è inutile chiudere gli occhi davanti a una realtà così evidente.

E quale pensi che possa essere una soluzione a questo problema?

Io faccio il cantante, personalmente posso dirti che l’arte e la musica mi hanno dato quegli spiragli che mi hanno permesso di fare scelte diverse. Forse basterebbe solamente far capire che esiste una reale alternativa alle scelte sbagliate. E dal canto mio provo, con brani come Noi ce la siamo cavata, a raccontare le storie di chi ha effettivamente trovato una seconda possibilità nelle passioni, o anche solo in uno scopo. Spero che possa servire da ispirazione, in una realtà dove i miti spesso sono personaggi negativi.

E tu? Senti di essertela cavata?

Io mi sento solamente al 10% del mio percorso. Ad oggi posso dire di non essere finito male, e considerarlo già un traguardo. Posso sicuramente dirti che mi ritengo soddisfatto di come sta andando la mia vita, ma ho ancora tanta fame, e spero un giorno di guardarmi indietro e dire davvero Io me la sono cavata.

Quali sono i tuoi piani per il futuro?

I progetti sono tanti. Sto facendo nuova musica, stanno nascendo nuovi progetti con Adriano stesso. Ci sarà sicuramente un nuovo singolo, di cui riparleremo più avanti, sempre accompagnato da un video, come nel caso di Noi ce la siamo cavata. Ho in mente di tornare a lavorare con le percussioni, ma per questo c’è tempo. La cosa importante è che riesca sempre e comunque a cavarmela!

Articolo di Giacomo Armonico

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