Il ritorno (e la rinascita) di Paolo Nutini dopo 7 anni. L’intervista
In occasione del concerto al Vittoriale, abbiamo incontrato il cantautore che era rimasto lontano dalle scene per 7 anni
“Mi stai dicendo che sto invecchiando?”. Paolo Nutini inizia a rispondere così ad una mia domanda sul raggiungimento della sua “maturità artistica” con il suo ultimo album, Last Night in the Bittersweet. Quando lo vedo sul palco dell’anfiteatro del Vittoriale, tra gli artisti della rassegna Tener-a-mente, penso che sembri esattamente quello di 7 anni fa. Ma, com’è ovvio e giusto, Paolo Nutini non è più il giovane uomo di 28 anni che abbiamo lasciato nel 2014, con la sua ultima apparizione in Italia e il suo ultimo album, Caustic Love.
In questi sette anni tutti abbiamo perso le sue tracce e durante l’intervista non parliamo di cosa effettivamente sia successo in questo arco di tempo, perché ciò che conta davvero è la sua musica e il fortunatissimo tour italiano che lo vedrà protagonista di diverse date, tutte sold out, e che si concluderà il 30 settembre al Fabrique di Milano.
L’atmosfera che si respira al Vittoriale rispecchia la grande magia di un abbraccio. Quello dato ad un amico dopo tanti anni, caloroso e accogliente. Il pubblico, com’è stato per Stromae, non ha dimenticato Paolo Nutini. E il cantautore scozzese, oggi 35enne, è tornato non solo con un album complesso, elegante e ricercato, ma con un live che dimostra la sua voglia di ripartire.
Due ore circa di musica, dove Nutini non si limita a proporre semplicemente i suoi grandi successi, ma li reiventa, arrangiandoli per renderli più simili al se stesso di adesso. Il risultato è uno show che rispecchia il suo ultimo progetto e che si conclude con un omaggio all’Italia, terra d’origine della sua famiglia, con Guarda che luna di Fred Buscaglione.
Abbiamo contattato telefonicamente Paolo Nutini per parlare del tour italiano e del suo ultimo album.
Dal tour al suo ultimo album, Last Night in the Bittersweet
Il 15 luglio è iniziato il tuo tour italiano. Torni nel nostro Paese dopo 7 anni.
È il primo tour che faccio in 7 anni, quindi per me è molto importante (ride, ndr.). Partirà dall’Italia da questi luoghi così antichi, e ricchi di storia, è davvero bello e speciale. Finiremo a Taormina, al teatro antico, e nella band abbiamo un musicista siciliano, Donato di Trapani, che è di Palermo, che ha anche suonato il piano e synth nell’album. Quando l’ho conosciuto ho visitato Taormina e quando ho visitato l’anfiteatro ho pensato: “Magari un giorno potrei suonare qui”. Così, il mio agente mi ha chiesto se volessi suonarci e io ho detto subito di sì. Questo discorso però vale per tutte le location. Pistoia, ad esempio, è vicina ai luoghi d’origine della mia famiglia, in Toscana. Mi sembra di essere in un sogno, ritrovandomi a suonare ancora una volta, vivendo di nuovo queste esperienze. È un vero privilegio per me, e sono molto grato per questo.
Il tuo ultimo album, a mio parere, è uno dei più belli pubblicati fino ad ora. Sembra essere l’album della maturità artistica di Paolo Nutini.
Maturità nel senso che sto invecchiando? (ride, ndr.). Perché è vero, sono più vecchio, ma non penso di essere più saggio, dovrei chiederlo a qualche amico. Di sicuro ho sviluppato nuovi modi di comporre e lavorato molto a livello creativo. Ho trovato nuovi modi di comunicare e tradurre ciò che ho in testa attraverso la mia musica, in maniera più precisa e accurata. Penso che così si sviluppi tutto in maniera più sincera, diventando più onesti e fedeli all’idea che si aveva inizialmente. Questo, per me, è qualcosa che arriva dalla devozione. La devozione nello scrivere musica, in generale, è stato il catalizzatore di tutta la mia vita adulta, la mia forza motrice. Quindi, dopo 30 anni, la musica la vivi, ci credi e fa parte di te.
Un concetto che va oltre il semplice “fare un album”.
Per me fare un disco è diverso dal semplice fare musica. Un album è un album, deve avere una sua atmosfera e una progerssione. Ad un certo punto ti devi dire: “Ok, voglio provare a capire cosa manca, fra queste canzoni, per renderle un disco”. Quando ho provato, decidendo di fare Last Night in the Bittersweet, fortunatamente è successo naturalmente, ed è stata la chiava per farlo bene.
L’amore secondo Paolo Nutini
Ti sei riconfermato un artista capace di cantare d’amore in ogni sua sfumatura. Quale pensi sia il brano che meglio rappresenta il tuo modo di concepire l’amore oggi?
Tutto l’amore che provo non penso possa essere racchiuso in una sola canzone. Penso che tutti i brani aiutino a creare un’idea di quello che per me è l’amore. L’amore può essere tumultuoso, gioioso. Può richiedere tanta pazienza, comprensione, e ci saranno anche delle tensioni. Gli alti e bassi e tutto quello che ci sta in mezzo. Questo album è un buon ritratto di come vivo tutte queste emozioni diverse.
In Afterneath hai campionato un monologo da True Romance di Quentin Tarantino.
Mi hai appena chiesto come definisco l’amore. Ecco, ho sempre pensato che True Romance sia una vera storia d’amore. Perché mostra il tumulto di cui ti parlavo, l’incoscienza e il pericolo. Ci fa vedere quel momento in cui due persone vanno in profondità, vivendo un’avventura. Ovviamente, l’amore va al di là del romanticismo, ma io mi sono innamorato di quel film, ne sono quasi ossessionato. Il monologo di Patricia Arquette mi ha sempre colpito. Ho sempre desiderato fare qualcosa che contenesse quelle parole, così ho chiesto a Quentin Tarantino, lui ha accettato ed è venuto tutto esattamente nel modo in cui doveva essere.