Ermal Meta: «Canterò “Caruso” anche se tutti me l’hanno sconsigliato»
Ermal Meta torna a Sanremo con una ballad romantica che anticipa il suo nuovo album Tribù Urbana, la cover sarà invece di Lucio Dalla
Un animo sensibile, una voglia immensa di tornare a mettersi in gioco, a distanza di tre anni dall’uscita di Non Abbiamo Armi, e di tornare a cantare su un grande palco. Sono tutti gli ingredienti che porteranno Ermal Meta verso il 71esimo Festival di Sanremo e alla pubblicazione del suo nuovo album, Tribù Urbana, in uscita il prossimo 12 marzo su etichetta Mescal e distribuito da Sony.
In una conferenza stampa su Zoom, affollatissima di giornalisti, il cantautore di origini albanesi ha raccontato la genesi del suo nuovo progetto discografico: «Di solito scrivo le mie canzoni stando sul palco. Queta volta, invece, ho seguito il procedimento inverso, l’ho scritto dalla platea».
Un milione di cose da dirti è nata in un momento di grande solitudine
Ermal Meta parteciperà al Festival di Sanremo per la quarta volta, dopo averlo vinto nel 2018 con il brano Non mi avete fatto niente in coppia con Fabrizio Moro. Il cantante ha raccontato di voler salire sul palco dell’Ariston perché «è l’unico palco su cui si può salire. Voglio far ascoltare la mia canzone che racconta di un amore verticale. Quando due persone si amano spesso smettono di usare i loro nomi e quando li utilizzano sembra strano. Si annullano i confini, non esistono più limiti tra l’uno e l’altro».
«Non ho messaggi da lanciare, a volte non ce ne è bisogno. Vado a Sanremo per salire sul palco e cantare al meglio. L’unica cosa che mi interessa è che chi mi ascolta possa emozionarsi insieme a me, perché io sarò molto emozionato».
Il cantautore ha scritto Un milione di cose da dirti tre anni fa, in un periodo particolare della sua vita, caratterizzato da una grande solitudine e da una quotidianità piena di “grandi e piccole scosse di assestamento”. «Avevo un blocco emotivo e interiore. L’unica cosa che potevo fare era scrivere una canzone per potermi liberare di tutte le cose che volevo dire».
Il brano sanremese, come ha spiegato Ermal Meta, ha un finale aperto. Non ci sono “e vissero felici e contenti”, ma neanche “è finita qui”. Un milione di cose da dirti racconta una storia d’amore che ha come fulcro la consapevolezza di aver avuto qualcosa di importante, senza necessariamente soffrire per averlo perso.
Tribù Urbana racconta gli “invisibili” senza bisogno di collaborazioni
Parlando di Tribù Urbana, il suo nuovo progetto discografico, Ermal Meta si è soffermato sul titolo, che riunisce sotto lo stesso cielo passato, presente e futuro degli esseri umani che “tendono a stare vicini”.
«Il titolo mi è venuto in mente quando ho finito di ascoltare tutte le canzoni. Continuiamo ad essere sempre una tribù. Nelle città, sempre più diversificate, si incastrano colori e storie. La tribù urbana, però, non esiste, come del resto non esiste concretamente la musica».
Inoltre, nel nuovo album di Ermal Meta non è presente nessuna collaborazione. «Ci ho pensato, ma quello che ho fatto non si trova nel disco. In un’epoca in cui ci sono tantissimi featuring, io volevo fare qualcosa di controcorrente. Questo è un disco strano per me, perché ho lavorato con la voglia di libertà quando questa mancava. Sinceramente vedo troppe collaborazioni, anche un po’ scollegate, e non sentivo la necessità di avere qualcun altro nel disco».
Il cantautore ha una grande capacità, riconosciuta dai più: quella di riuscire a raccontare storie che rimangono nascoste, di cantare di persone di cui si parla poco, gli “invisibili”. Questo, è anche il titolo di uno dei brani del suo nuovo album.
«Invisibili è una canzone molto importante. È nata dopo un viaggio negli Stati Uniti dove ho realizzato alcune fotografie, principalmente a degli homeless. Un giorno mi sono fermato a parlare con uno di loro che mi ha raccontato parte della sua vita e mi ha detto che era il suo compleanno. Una coincidenza che mi ha fatto venire voglia di raccontare una storia. Una volta qualcuno mi ha detto: ‘Cerca di essere invisibile, perché gli invisibili ad un certo punto imparano a volare’».
Ermal Meta ha così messo insieme le due cose, dando vita ad un “esercito” di invisibili e ad un brano che parla di tutti noi. Questo perché tutti, nessuno escluso, almeno una volta nella vita ci siamo stati invisibili agli occhi degli altri, silenziosi di fronte ad un mondo frenetico e più grande di noi.
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Il grande legame di Ermal Meta con Napoli e la scelta di “Caruso” di Lucio Dalla
Tornando a parlare del Festival di Sanremo, Ermal Meta si esibirà, nella serata del 4 marzo dedicata alle cover, con Caruso, uno dei più grandi classici di Lucio Dalla, maestro della canzone italiana. Insieme a lui, per l’occasione, ci sarà la Napoli Mandolin Orchestra. E il 4 marzo, tra l’altro, Lucio Dalla avrebbe compiuto 78 anni.
La scelta del brano, come ha spiegato il cantautore, non è legata alla ricorrenza, ma al suo forte legame con Napoli e all’amore e il rispetto per questo grande capolavoro. «Non ho fatto calcoli. Ho scelto Caruso, anche se tutti mi sconsigliavano di portarla a Sanremo. Cerco sempre di andare contro i consigli, anche se sono saggi, perché preferisco misurarmi con i miei limiti, mettermi un guanto di velluto per toccare qualcosa di intoccabile».
«Sento un legame forte con Napoli. La prima volta che ci sono stato mi sono sentito subito a casa. Sento molto vicina questa città, ritengono sia una rappresentazione dell’Italia interna. Se non capisci Napoli non puoi capire l’Italia, anche musicalmente».
Ermal quest’anno ha visto sfumare un tour di diverse date a causa del Covid. Nonostante questo, ha avuto modo di lavorare molto a Tribù Urbana, un album in cui emerge, ancora una volta, tutta la sua sensibilità e dentro al quale, tra storie d’amore moderne e invisibili che diventano supereroi, chiunque può trovare la sua chiave di lettura e godere dei suoni e delle sue parole poetiche.