Il “new pop” di Holden è una ventata d’aria fresca nella musica italiana
Holden ha pubblicato venerdì “Prologo”, il suo corposo album di debutto. Lo abbiamo intervistato su Zoom per farci raccontare il suo progetto
“Non faccio che dire “piacere d’averla conosciuta” a gente che non ho affatto piacere d’aver conosciuto. Ma se volete sopravvivere, bisogna che diciate certe cose”. Questa è solo una delle celebri frasi de Il Giovane Holden, considerato il romanzo di formazione per eccellenza, pubblicato da J.D. Salinger nel 1961. E proprio al protagonista del libro rimanda il nome di Holden, giovane cantautore e produttore che ha pubblicato venerdì il suo album di debutto, Prologo.
Un disco corposo, composto da 17 tracce, e tre featuring di spessore: Coez, Quentin40 e Gemello. Holden, nel suo progetto, racconta tanto di sé. Il disco infatti ruota intorno alle tematiche che caratterizzano la sua età, in particolare l’amore e le relazioni. E definire Joseph Carta, questo il suo vero nome, un trapper sarebbe riduttivo. Perché lui, che arriva dall’EDM, vive di contaminazioni, passando dal rap al pop in un vortice di sensazioni ed emozioni proprie della Generazione Z e della sua giovane età.
In camera ha appeso un poster con quella che è la frase più celebre di La tua canzone di Coez: “Amare te è facile come odiare la polizia”. Tra le risate, ci ha raccontato su Zoom la felicità di avere un artista come lui nel disco e tanto altro.
Il disco è uscito venerdì. Come ti senti? Come sta reagendo il pubblico?
Sono molto emozionato, è il mio primo album e c’è di tutto dentro. Ci ho messo tanta dedizione e attenzione. Sono attento a cercare di capire se il mio messaggio arriva al pubblico. Mi sono arrivati molti commenti positivi e sono contento. A prescindere dal risultato sono comunque molto fiero. Per me è davvero importante riuscire a comunicare attraverso la musica.
Il tuo nome d’arte è ispirato a Il Giovane Holden di J.D.Salinger. Devo confessarti che è un libro che non ho mai amato. L’ho letto quando ero adolescente e non l’ho mai apprezzato rileggendolo negli anni. Però, siamo di due generazioni diverse, quindi volevo capire perché lo hai apprezzato a tal punto da scegliere il nome del protagonista come d’arte? Cosa ti ha lasciato?
Io musicalmente ho iniziato il mio percorso producendo EDM e cantando in inglese. Nel tempo ho iniziato a scrivere in italiano e ho due fratelli più grandi molto appassionati alla lettura che mi hanno consigliato appunto di leggere Il Giovane Holden. Quando l’ho iniziato mi è sembrato di leggere un po’ la mia storia, per il modo che ha lui caratterialmente di approcciarsi alle bugie, alle cose complicate da dire. Cerca di trovare la via di fuga e non prendersi le sue responsabilità. Mi ci sono ritrovato. Così ho scritto il mio brano ll Giovane Holden e ho sentito la necessità di prendere in prestito questo nome, sia perché mi piaceva sia perché l’ho sentito mio a livello di caratteristiche del personaggio.
Il lavoro sul disco è stato molto lungo, è un progetto corposo con delle tracce che risalgono al 2018. Hai sentito che questo era il momento giusto per pubblicarlo?
Ci sono state tracce che nel tempo iniziavo e sentivo non essere pronte per quel momento, perché avevo bisogno di crescere artisticamente. Nel tempo la tracklist è cambiata molto, però in questo caso Ma tu sei andata via e Buio, che sono i pezzi più datati, ho sentito il bisogno di farli uscire perché sono legato alle sensazioni che avevo quando li ho scritti. Dal momento in cui ho iniziato a lavorare al disco ho capito che era il momento giusto per tirarli fuori.
Il “new pop” di Holden
Oltre a scrivere hai prodotto tutto il tuo disco. Hai mai sentito la necessità di chiamare qualcun altro per la produzione? E se sì, chi?
A livello artistico devo dire che mi diverto molto e trovo efficace scrivere e produrre, perché riesci a comunicare su due fronti. Più che altro ho avuto bisogno di aiuto per l’organizzazione di tutte le parti. Mi è stata data una mano da una persona che mi ha aiutato a rimettere in ordine il lavoro. Sicuramente ci sono dei produttori con cui vorrei collaborare, come Charlie Charles e Dardust. Mi piace molto la loro visione della musica.
Tu mescoli tanti generi e hai definito il tuo “new pop”. Che cosa intendi?
Secondo me l’avvento della trap in Italia ha avvicinato molti giovani alla musica e si è un po’ riorganizzato tutto. Credo che il pop sia quel genere che prende qualcosa da tutti. Poi, il pop attuale è molto diverso da quello tradizionale, e non è una cosa brutta. Sono pro alla contaminazione, all’unione di suoni non comunicanti tra di loro. Questo mi ha dato l’idea che il filo conduttore fosse il nuovo pop contaminato con tanti riferimenti ad altri generi.
Tornando a parlare del disco, in se un senso c’è parli di una gabbia di vetro in cui ti senti rinchiuso. Che cosa ti opprime in questo periodo, a cosa fai riferimento?
Nel momento in cui ho scritto questo pezzo mi chiedevo quale fosse il senso di tante cose che mi erano successe. Stavo con una persona ed ero nel pieno di questa relazione. Mi facevo tante domande, chiedendomi il perché di alcune bugie e comportamenti che non ci facevano bene. E mi sono reso conto che tante volte la risposta è che non c’è una risposta. E se un senso c’è parla proprio di questo. Per quante domande ti puoi fare, alla fine se non c’è una risposta ti devi far bastare quello che hai. Il modo di uscire dalla gabbia di vetro è romperla, non si può fare altro.
Volevo chiederti un commento su una barra di accelero ancora. Tu dici: “Ho bisogno di prendere aria / quella che respiro non mi mancava”. Di che situazioni parli?
Anche questa ha una storia super real. Inizio a frequentare un’altra persona e comincio a respirare quell’aria che ti fa rendere conto che le cose stanno andando male. Ho pensato che non avevo bisogno di questa situazione. Questa sensazione mi spaventava e allo stesso tempo non mi faceva stare bene. Anche accelerò ancora quindi parla di sensazioni che non mi piacciono e non voglio rivivere.
I feat di prologo e il boom della Generazione Z
Nel disco sono presenti anche Coez, Quentin40 e Gemello.
Sono tre artisti romani che stimo tantissimo. Non è facile essere al primo album e chiudere collaborazioni del genere. Loro sono artisti veri e mi ci sono trovato benissimo. Essere affiancato da questi nomi così importanti è stato davvero un onore.
Tu sei nato nel 2000 e fai quindi parte della generazione Z. in questi ultimi due anni c’è stata un’esplosione della tua generazione. Qual è il vostro segreto? Cos’è che vi porta nella giusta direzione?
Tornando a quello che dicevo prima l’avvento della trap ha aiutato i giovani a spaziare nella musica. Sì è aperto un buco tra quello che è la trap e il pop e la mia generazione sta riuscendo a ritagliarsi un posto importante nel mondo della musica in Italia.
Parlando sempre di “cose da giovani”, su TikTok girano diversi video con in sottofondo alcuni tuoi brani. Secondo te il fatto di diventare viriali su una piattaforma del genere può far venir meno quella che è la credibilità degli artisti?
Dal momento in cui non scrivi per andare su TikTok secondo me non perdi nulla. Certo, se un artista tende a fare musica per essere virale su una piattaforma di questo tipo, che sappiamo essere potente, li un po’ mi dispiace perché si perde la verità, il sentimento e le cose che hai da dire. Sono scelte di percorso. Io scrivo quando ho qualcosa da dire.
Quello di Holden è un disco per chi si emoziona davvero con la musica
In chiusura, vorrei chiederti a chi ti rivolgi con questo tuo primo album?
A tutte le persone che si emozionano con la musica. Questo affollamento musicale che abbiamo oggi credo che abbia un po’ fatto perdere all’ascoltatore la possibilità di chiudere gli occhi e sentire veramente la musica, non solo ascoltarla. Credo che questa cosa si sia un po’ persa e per questo ho voluto fare un primo album in direzione opposta a questo. Per cercare di mostrare a tutti la mia visione della musica.
Quindi, il tuo è disco per appassionati?
Sì, è un disco che ha un suo mondo. Poi, anch’io come tutti ascolto musica mentre faccio altre cose, ma voglio rivolgermi a chi si prende il suo tempo per ascoltare davvero la musica. È la forma d’arte più diretta, perché gli altri riescono davvero a sentire quello che pensi.